di Ruggiero Capone (foto:bloomberg)

Fino a metà Novecento, la caccia alle ricchezze da parte del potere occidentale si concentrava solo verso le risorse di terzo e quarto mondo. Da circa una trentina d’anni, oltre a ghermire le risorse naturali in Africa e Sud America, le multinazionali occidentali hanno impostato politiche predatorie verso i patrimoni dei cittadini europei, statunitensi, canadesi ed australiani. Così oltre a puntare a diamanti e petrolio nelle terre meno ospitali, oggi pianificano come accaparrasi case, terreni, opere d’arte e risparmi di italiani, francesi, tedeschi…

Riassunto delle puntate precedenti: abbiamo in più articoli dimostrato che veniamo fotografati e filmati dalla Digos, che le nostre telefonate vengono intercettate, soprattutto che i nostri dati vengono forniti alle security delle multinazionali nell’ambito delle politiche di collaborazione tra servizi segreti ed apparati di sicurezza delle multinazionali. Così si finisce negli elenchi delle persone attenzionate dalla sicurezza di grandi aziende private: colossi energetici, finanziari, farmaceutici, informatici e, soprattutto, d’armamenti e logistica. Quindi sono le stesse polizie che, invece di difendere i cittadini di uno stato sovrano, forniscono il “file” delle nostre esistenze alle security delle multinazionali: ci trattano come tanti Assange! Nella puntata precedente è stato portato l’esempio classico della multinazionale Monsanto che comprava scienziati, giornalisti e politici perché si parlasse bene dei suoi prodotti: poi la stessa ha iniziato a schedare i giornalisti “anti-sistema”, mettendo i propri dati in comunione con altre multinazionali, quindi stilando una “black list” dei nemici (lo hanno denunciato i giornali Le Monde e Le Parisien). La società privata che fa da tramite nelle trattative con i servizi di sicurezza è sempre la stessa: l’anglo-statunitense “Fleishman Hillard”, che pare proceda alla schedatura (documenti di Le Parisien) per poi vendere alle multinazionali migliaia di persone non allineate (politici, scienziati, giornalisti). Voci di corridoio parlavano un tempo di consulenti della “Fleishman Hillard” formatisi nella rete mondiale di sorveglianza Echelon, quindi con master e “corsi di aggiornamento” alla “high school of Langley”.

“FiscoOggi” è una pubblicazione accurata e seria dell’Agenzia delle entrate italiana (la confeziona l’Ufficio Comunicazione Istituzionale). A giugno 2019, quindi agli albori del gran reset noto come “Pandemia da Covid”, “FiscoOggi” pubblicava lo screening fiscale di sei milioni di società statunitensi con ottantottomila (88mila) miliardi di patrimoni.
“E’ la Corporate America – scrive FiscoOggi -, l’ossatura, lo scheletro produttivo della locomotiva dell’economia mondiale, il marchio di fabbrica, ed anche di potenza, degli Stati Uniti d’America…Mutano le stagioni, cambiano le annualità e i filtri utilizzati dagli economisti dell’IRS, ma il peso schiacciante dei miliardi resta sempre immutato”.

Emerge che gli Usa vengono governati da un famelico dio Moloch. Una sorta di grande fibrillazione spingerebbe la politica statunitense a favorire l’aggressione dei patrimoni mondiali perché non abbia a fermarsi la macchina della crescita sia finanziaria che industriale. “Le società che operano negli Usa sono quasi 6 milioni – scrive FiscoOggi – 5 milioni e 887mila entità giuridiche per l’esattezza. Naturalmente, si tratta delle aziende il cui profilo è registrato in via formale secondo le procedure contemplate dalla normativa fiscale… la Corporate America regala ogni anno all’economia Usa più di 30mila miliardi di ricavi. Per intenderci, nell’anno in corso (FiscoOggi si riferisce al 2019) il Fondo Monetario stima il pil mondiale, cioè la ricchezza prodotta da tutti i Paesi, in circa 88mila miliardi di dollari”.
Come fanno i ricavi lordi della “Corporate America” ad avere un valore pressoché uguale alla misura del pil mondiale stimato nel 2019 dal Fondo Monetario Internazionale? FiscoOggi evita critiche ma commenta “Un’equipollenza numerica imbarazzante”.

Emerge che il vertice della politica economica Usa è influenzato da 3.266 grandi multinazionali con 71mila miliardi di patrimoni (15mila miliardi in ricavi totali e versati 204 miliardi d’imposta sui profitti: è il dato pubblicato da FiscoOggi). Emerge che il modello Usa è basato sulla disuguaglianza sociale, su pochi redditi altissimi e milioni d’individui che alimentano la ricchezza grazie all’accettazione della precarietà come condizione necessaria per garantire la massima competitività. Le multinazionali sono oggi un fortissimo cartello societario, e lavorano come la storica “Compagnia delle Indie”. Hanno messo i patrimoni dei cittadini tra i loro obiettivi occidentali, come nel ‘700 facevano per diamanti, sete, spezie e schiavi. Attraverso banche e gruppi assicurativi possono vincolare i beni acquistati dai privati che accedono a mutui, al punto d’usare l’arma dei tassi con la stessa abilità con cui il gatto gioca con la coda del topo prima di cibarsene. Attraverso gli algoritmi che le corporate informatiche vendono agli stati (un tempo sovrani) s’instaura la collaborazione tra multinazionali ed uffici fiscali: gli stati pagano ricche consulenze alle società d’alta tecnologia, ma così i dati catastali e patrimoniali dei cittadini finiscono nei database delle grandi società finanziarie anglo-americane.

I nostri dati, ben che vada, vengono passati ad Amazon che, tramite telefonate ed email, tenta di convincere i più sprovveduti ad investire i risparmi nelle società di Jeffrey Preston Bezos quotate in borsa. Se va male, come è capitato a molti cittadini europei (anche qualche italiano), la multinazionale finanziaria predispone l’esproprio d’un bene (palazzo o terreno) e ordina a politici e pubblici funzionari d’inventarsi il motivo di “pubblica utilità”: quindi inizia lo stillicidio, la pressione psicologica sui singoli proprietari (la multinazionale li conosce benissimo, perché la security ha dossier su ciascun cittadino) perché cedano il bene per pochi soldi. Chi dovesse opporsi verrebbe trascinato in tribunale. Intrappolato in una causa gestita da importanti studi legali, quindi condannato a risarcire il danno alla multinazionale, e per un importo spesso pari al valore del patrimonio aggredito con l’esproprio. E’ successo nelle Marche, ai contadini prima colpiti dal sisma e poi dall’esproprio per la Pedemontana realizzata dal gruppo Astandi. E’ capitato agli olivicoltori del Salento che s’erano opposti alla Tap. E’ successo a cittadini di Berlino e Francoforte, dove una società di logistica in odore di Pentagono li ha espropriati degli appartamenti, perché il palazzo serviva ad una corporate Usa. Questa privatizzazione delle nostre esistenze avanza velocemente dal 2019, è partita con la Pandemia, ancor prima era nell’aria…oggi la politica predatoria è sotto gli occhi di tutti.

Fonte: lapekoranera.it

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