di Gabriele Manfrè
Nel marasma degli ultimi giorni, tra proteste e tafferugli, ove il tossicismo transfemminista ha regnato sovrano, mi viene spontaneo constatare che tra i vari superfluissimi deliri, ci si dimentica spesso che viviamo in una realtà nazionale che va oltre il precario, con un imposto stile di vita completamente malsano, trascinato avanti da ingiustificati atti suicidi, come il ben che noto conflitto in Ucraina, oramai passato in sordina, ma che allo stesso tempo sta influenzando e degenerando la nostra quotidianità, riducendo sul lastrico le finanze nazionali e non, meritevole di un’analisi.
Quasi un anno fa avremmo dovuto assistere ad una mega controffensiva ucraina che, da propaganda, sembrava dovesse annientare le truppe russe. Un buco nell’acqua, ovviamente, a spese di noi (sciocchi) contribuenti. Seppur ormai i media terminali non ne accennino praticamente più, ogni singolo giorno, le armate bianco, blu e rosse, dilaniano ferocemente linee nemiche, avamposti, aereoporti, basi strategiche, artiglieria, armi e tutto ciò che gli ucraini hanno a disposizione. Per non parlare del fatto che stanno scomparendo villaggi interi: qualche settimana fa ne sono stati rasi al suolo ben 18. Questo è un bollettino di guerra che descrive una sonora sconfitta, ormai in via di ufficializzazione. Aggiungo anche che l’esercito di Mosca ha iniziato un contrattacco nella regione di Charkiv, regione che fu teatro della prima controffensiva, quella che sancì la prima (e unica) vittoria ucraina, conquistandone già una piccola porzione.
Lo scempio mediatico occidentale tira spesso in ballo numeri che riportano alle pesanti perdite da ambedue le fazioni. Perdite oggettivamente enormi ma che non vengono mai contestualizzate. Bene: siamo tutti d’ accordo con il dire che è impossibile affermare con certezza il numero di russi caduti in battaglia, ma approssimativamente dovrebbero aggirarsi almeno attorno alle 150.000 unità (anche se acluni parlano di numeri ben maggiori, con dati similari per i morti sul campo ucraini ndr), vero, un numero enorme, soprattutto se rapportato alle poco più di 2000 perdite subite dagli Stati Uniti in 10 anni di Afghanistan; però ci scordiamo spesso di un dettaglio fondamentale: è dalla seconda guerra mondiale che non si affronta più un conflitto di attrito fra 2 eserciti. Ovvero: fino allo scontro nelle terre slave, le questioni belligeranti erano relegate a degli scontri di guerriglia tra soldati ultra preparati, che si scontravano contro dei pastori in sandali, con un fucile vecchio di vent’anni in mano e che si lasciavano quella mina alle spalle, con questa narrazioni i numeri già ricevono una diversa connotazione. A testimonianza della tesi c’è una recente intervista rilasciata dall’ ex generale Statunitense Douglas Mc Gregor al giornalista Tucker Carlson, ove spiega con precisione la mia trascrizione, ed aggiunge anche frasi mal auspicanti sul futuro occidentale, come l’affermazione del fatto che Putin ha circa 300.000 uomini pronti ad entrare in azione nel caso la NATO dovesse decidere di intervenire, ed a fronte del discorso appena narrato sul conflitto tra due eserciti veri, afferma anche che tra l’indisciplina, la pessima gestione militare, e le varie raccomandazioni che hanno portato al comando dei completi incompetenti, gli eserciti occidentali non avrebbero speranze di vittoria, stando al fatto che Putin ha dimostrato di saper combattere contro dei militari veri, e di saperlo fare estremamente bene.
Tutto questo per dire che gli europei sono focalizzati su tematiche inutili, scellerate e senza capo né coda, ma nostra signora Europa è morta tante volte e, adesso, sta annegando nel Dnipro.