di Simone d’Aurelio

Dopo l’efferato omicidio di Giulia Cecchettin il mainstream è esploso e possiamo dire che al di là della cronaca e dei dettagli dell’evento, il messaggio univoco è stato questo: gli omicidi e le violenze ci sono a causa del patriarcato.
La mia tesi, si muove in direzione opposta: la violenza di oggi esiste a causa di una società matriarcale. Prima di tutto possiamo dire che la generalizzazione della colpe da parte di Elena Cecchettin è qualcosa di letteralmente miserabile e anche estremamente stupido, perché le sue esternazioni servono solo a creare divisione tra uomo e donna, e renderli delle nomadi sole e prive di unità sotto ogni aspetto: da quello lavorativo, a quello affettivo, da quello spirituale a quello passionale.

Questa è già diventata la società della divisione, dove la lotta di classe della sinistra si è spostata inter nos e tutti i membri devono essere distanti e sospettosi (il rimando di Elena nelle sue affermazioni è proprio un tributo verso i maestri del sospetto tanto amati dai radical chic), creando una società di impotenti e disperati che subiranno passivamente il corso degli eventi e che si ignorano a vicenda.

Superato il primo step caratterizzato da una divisione orizzontale generalizzata, c’è una seconda analisi da fare, il patriarcato dov’è? Tutti ne parlano ma nessuno spiega fino in fondo il motivo per cui c’è, e la ragione è semplice: la società di oggi è matriarcale, e non patriarcale. Evitando dei dati snocciolati qua e la che lasciano il tempo che trovano (come ha fatto la Viola sperando di giungere a un’eziologia in modo penoso), questo omicidio e molti altri raccontano una cosa: si è persa la concezione sacrale della vita, ovvero per gli uomini e le donne di oggi la vita è qualcosa di ridicolo, assurdo, inutile. L’odio per la vita è rilanciato dalla stessa cultura blasfema, teofobica, abortista e materialista che oggi sostiene politicamente Elena Cecchettin con tanto di volantini. E’ la cultura dominante, e in cui era immerso anche Filippo, è anche la società in cui cresciamo dove siamo messi al pari delle scimmie. Eppure non c’è solo questo, sullo sfondo l’omicidio di Turretta ha un forte fil rouge con quello di Impagnatiello: entrambi sono una generazione che ha cercato le risposte facili, si sono catapultati sui motori di ricerca per avere dei riscontri immediati alle proprie domande. Parliamo della società del tutto e subito, quella americanizzata dei fast food e dei centri commerciali dove il logos si disperde per far spazio all’istinto,agli acquisti compulsivi e alla mercificazione di ogni cosa (Onlyfans ne è l’esempio lampante).

Questo “patriarcato” sembra essere un leitmotiv come “il fascismo” su cui battere in saecula saeculorum e di cui non c’è traccia nella storia contemporanea. Ci sono delle domande inoltre da fare a chi parla oggi di patriarcato, non sono i sinistroidi, figli del ’68 e del vietato vietare che hanno modificato il corso degli eventi e hanno disegnato la società? E non sono sempre loro quelli che vogliono la società del sesso legalizzato e vissuto in ogni forma subordinandola a tutto il
resto? Non sono loro che vogliono togliere ogni limite e ogni freno al proprio io? La società degli istinti, della sessualità sans frontieres, e della possessività, che genera poi attacchi di rabbia, non è una società patriarcale, ma matriarcale, è quella caldeggiata dai radical chic, perché è quella dei capricci, dei mammoni mai cresciuti che non riescono a
staccarsi dai loro oggetti e dalle fonti del piacere; quindi in realtà gli omicidi di oggi sono frutto della loro cultura, che ha messo al centro di tutto loro stessi e il loro io, e che, quando non viene corrisposto, genera una violenza. Oggi è stato Filippo.

Con questo non voglio dire che l’imputato non è colpevole, questo lo stabiliranno i giudici, e mi auguro che se è così paghi la giusta pena, quello che mi interessa oggi è sottolineare come la violenza non è figlia delle regole,dei limiti,delle responsabilità, piuttosto è figlia dell’egoismo, del narcisismo, della sfera di persone che rimangono eternamente immature e che non sanno comunicare e relazionarsi. La fuga del ragazzo fa riflettere moltissimo, anche per l’omicidio di Giulia Tramontano si è provato a sbarazzarsi del cadavere, e a farla franca seppur in modo diverso, tutto questo sottolinea la mancanza di responsabilità che oggi c’è tra i nostri giovani, cresciuti in un mondo povero di relazioni, di empatia, ma anche di riferimenti e di valori a cui ispirarsi. Il mondo di oggi infatti mette al centro i trapper che vedono la donna come un oggetto e la vita come un incrocio tra un bancomat e un parco giochi.

Ancora più imbarazzante è la solitudine, dietro gli avatar e le vite virtuali, dietro il voler apparire sempre perfetti e sorridenti come per Turretta, per essere considerati omologati al sistema, dove poi si nasconde la figura dello psicologo ormai anello di congiunzione tra un’insieme di ragazzi sempre più depressi e drogati e una società priva di organismi in grado di dare senso e significato alla vita, al prossimo, e al nostro agire. Proprio il non riuscire a sublimare le nostre azioni viene dalla mancanza di un padre, e proprio la figura paterna dovrebbe essere un riferimento per l’esplorazione del mondo, per la scoperta dei mos maiorum, per l’esplorazione del reale in senso immanente e trascendente oggi è il nemico demonizzato dal mainstream.

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