di Michele Giliberti

Le montagne assieme alle colline costituiscono circa il 76% del territorio italiano: bisognerebbe partire da questo dato per mettere in campo un Piano Agricolo Nazionale serio e capace di risollevare il nostro settore primario.

Da sempre la montagna è soggetta a spopolamento ciclico dovuto alle mutate condizioni sociali ed economiche della popolazione. Un progetto di ripopolamento delle montagne, in uno col rilancio dei nostri magnifici borghi, sarebbe il primo passo verso un’economia che, se da un lato farebbe recuperare la dimensione umana persa negli anni con l’inurbamento forzato delle masse, dall’altro potrebbe muovere una grossa fetta dell’economia del territorio, non ultima quella edilizia. La ristrutturazione dei centri storici, la loro modernizzazione con un piano rispettoso della valenza storica ed artistica degli stessi rilancerebbe il turismo e ne farebbe una fonte praticamente inesauribile di benessere diffuso. L’implementazione con le piccole e medie produzioni agricole, troppo spesso maltrattate a favore dei grandi gruppi industriali, innescherebbe fattori positivi di crescita dei territori. L’artigianato col suo legame intrinseco al mondo contadino prenderebbe fiato dopo anni di mancate politiche di protezione e sviluppo.

Cominciare dal locale, dal piccolo, ribaltare la visione sin qui perseguita: ecco la vera rivoluzione di cui la nostra bella Italia avrebbe bisogno. Questa visione concreta delle cose passa necessariamente attraverso il rifiuto delle attuali politiche di intervento a pioggia dell’Unione Europea, della eccessiva burocratizzazione delle procedure amministrative e della riduzione dell’agricoltore a freddo esecutore di norme sovranazionali incompatibili con la nostra cultura. Rifare grande la nostra Italia, a partire dalla terra, si può: basta burocrazia ministeriale e regionale e via da questa Europa delle città, controllate falsamente green. L’albero si vedrà dai frutti.

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