di Vincenzo Maida

Si tratta di una notizia di alcuni anni fa, che avrebbe meritato uno spazio maggiore sui media e che invece non ha avuto l’approfondimento necessario.

Una ricerca, infatti, ha dimostrato che nell’antichità le patologie tumorali maligne erano quasi inesistenti. L’annuncio della scoperta, che ha confermato quello che molti pensavano, è scivolato via senza lasciare traccia, eclissandosi dal cono di luce mediatico nell’imbuto che conduce nell’immensa fossa comune delle migliaia di notizie che ogni giorno sommergono il mondo dei mass-media. Il suo impatto con la ricerca e la sperimentazione una qualche importanza però lo conserverà tra gli addetti ai lavori e nel mondo scientifico. Sembra quasi che la civiltà moderna, o per utilizzare un termine più consono, secondo l’analisi storica di Ernest Junger, la “civilizzazione” attuale, tenda a rimuovere tutto quello che può mettere in discussione le sue stesse fondamenta e ciò che ne è conseguito in termini di stili di vita e di modelli esistenziali, alimentari e di comfort. Quasi che tema di guardare in faccia la realtà per paura dei cambiamenti che sarebbe costretta ad accelerare e degli enormi interessi che potrebbe mettere in discussione.

Un’équipe di ricercatori dell’Università di Manchester ha effettuato anni fa una ricerca su circa 1700 mummie provenienti dall’Egitto e dal Sud America, con strumenti sofisticati e non invasivi, traendone la conclusione che solo una insignificante percentuale di quelle popolazioni soffriva di cancro ed una ancora più bassa incidenza, quasi nulla, era quella del carcinoma maligno. La conclusione è stata che le patologie tumorali, che in occidente rappresentano la seconda cause di morte dopo quelle cardiovascolari, sono strettamente legate alla società industriale-tecnologica ed al conseguente inquinamento alimentare e ambientale ed ai mutati stili di vita.

Lo studio venne pubblicato sulla nota rivista Nature Review Cancer. Ed ecco alcune delle dichiarazioni di Rosalie David, che è una delle ricercatrice che hanno guidato il lavoro scientifico: “Nei tempi antichi ( il cancro) era estremamente raro. Non c’è nulla nell’ambiente naturale che può provocare il cancro. Quindi deve trattarsi di una malattia artificiale derivante dall’inquinamento e dai cambiamenti nella nostra dieta e stile di vita. Il cancro sembra essere una malattia moderna creata dalla vita moderna. L’assenza virtuale di neoplasie nelle mummie deve essere interpretata come indicazione della loro rarità nell’antichità, indicando che i fattori che causano il cancro sono limitati alle società colpite dall’industrializzazione di massa moderna. La cosa rilevante nel nostro studio è che fornisce una prospettiva storica rispetto a questa malattia. Oggi che abbiamo un quadro completo possiamo fare affermazioni molto chiare sui tassi di mortalità per cancro nelle società antiche. Abbiamo studiato periodi millenari, non solo 100 anni, ricavandone una rilevante mole di dati.”

La ricerca è stata condotta anche dal punto di vista letterario soprattutto tra gli autori dell’antica Grecia, non essendovi, come è noto, in quella civiltà la cultura della mummificazione dei cadaveri. A chi ha fatto rilevare che gli uomini antichi non vivevano abbastanza a lungo per poter sviluppare il cancro, gli studiosi hanno fatto notare che se è vero che l’aspettativa di vita era più bassa come media, è altrettanto vero che nell’antica Grecia ed in Egitto in tanti raggiungevano un’età ragguardevole. Vi sono poi altre malattie moderne correlate all’età come l’artrite. Va aggiunto che la percentuale di insorgenza del cancro nei bambini è aumentata progressivamente dall’inizio della Rivoluzione Industriale. Oggi la cronaca quotidiana ci riporta notizie di alimenti inquinati, di fiumi e mari che hanno perso la loro purezza, di amianto o diossina che mettono a rischio la salute, mentre ancora non vi sono evidenze scientifiche sui danni dell’inquinamento elettromagnetico, ma nessuno è in grado di escluderli.

I ricercatori hanno smontato quindi la tesi che il cancro è legato all’innalzamento dell’aspettativa di vita nelle società industrializzate. In alcuni testi dell’antico egizio sono citati casi di neoplasie, secondo i ricercatori si tratterebbe di casi provocati o da vene varicose o dalla lebbra. Lo studio ha esaminato anche fossili animali, si è risaliti all’età dei dinosauri, senza riscontrare tracce significative del cancro . Un’altra obiezione è stata quella secondo cui nei corpi mummificati i tumori potrebbero non essersi ben conservati nei resti biologici. I ricercatori hanno invece dimostrato il contrario, anzi a loro dire quelli infiltrati dal cancro avrebbero dovuto conservarsi meglio. Indagini radiologiche in passato sono state effettuate su mummie conservate sia nel museo del Cairo che in altri musei europei ed in tutti i casi non è stata fatta alcuna diagnosi di cancro.

Le prime testimonianze letterarie sul cancro risalgono alla fine del 1700 con la descrizione di operazioni al seno, il cancro dello scroto negli spazzacamini e la malattia di Hodgkin del 1832. La disciplina che studia le malattie analizzando resti umani o animali del passato si chiama Paleopatologia, mentre la Storia della Medicina si basa su fonti storiche e letterarie per informarci sui medici e sulle terapie. Un impulso a questa disciplina è stato dato dall’innovazione tecnologica che consente di effettuare ricerche con modalità sempre meno invasive, basti pensare alla tomografia computerizzata.

La tecnologia avanzata, se utilizzata con parsimonia, é uno degli aspetti positivi della modernità ed essa non sarebbe stata possibile senza l’industrializzazione, la ricerca, la scienza moderna applicata che però comporta un inevitabile tasso di inquinamento, cambiamenti epocali e degli stili di vita degli ultimi due secoli nelle società industriali e ancor più in quelle attuali dirette verso un’industrializzazione tecnologica (ahinoi ndr) senza precedenti. Insomma i benefici hanno comportato e comportano dei costi. E’ il cane che si morde la coda.

Continuerà a farlo o l’uomo del futuro saprà conservare gli aspetti positivi ponendo regole e freni a quelli negativi che hanno una così forte incidenza sul bene primario di un uomo, quella della salute? É questa la riflessione che la ricerca degli studiosi inglesi pone con forza e che può aprire scenari inediti per l’esistenza degli uomini e delle donne che verranno dopo di noi.

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