di Vesna Veizovic

Per quanto si rallegrassero i nostri cari vicini, Belgrado non brucerà, non ci sarà un Maidan serbo, né ci sarà una guerra fratricida, anche se non ci sono fratelli. Ma c’è odio e rabbia, dello stesso popolo così diviso tra di loro, che dalla nebbia di rabbia che gli è scesa sugli occhi non vede chi è il suo vero nemico.

Le elezioni sono state indette due mesi fa, ma la campagna elettorale delle due principali opzioni di partito è iniziata una settimana dopo la tragedia di Ribnikar. I leader strumentalizzati dell’opposizione pro-occidentale hanno abusato della giusta indignazione popolare per i crimini e gradualmente hanno preso il controllo delle proteste, rubando il nome “Proteste Serbia Contro la Violenza”.

Per mesi, l’opposizione pro-europea ha marciato in massa, bloccato il traffico e realizzato performance che scatenavano una rabbia naturale tra la gente comune. Con bandiere separatiste, partecipanti controversi alle proteste che per miracolo erano sempre orientati anti-serbi, e proprio questi personaggi venivano in primo piano. Nel tempo, la folla ha cominciato a disperdersi, ma le mosse dei leader di questa protesta, che in un momento si è trasformata in una coalizione chiamata “Serbia Contro la Violenza”, non hanno smesso di attirare l’attenzione del pubblico. Un invito aperto al riconoscimento dell’indipendenza del cosiddetto Kosovo, l’invocazione al riconoscimento del genocidio di Srebrenica, la richiesta di imporre sanzioni alla Russia, la volontaria minimizzazione del numero di vittime serbe a Jasenovac e tutte le altre slogan populiste che vanno contro gli interessi nazionali serbi, hanno caratterizzato le loro performance.

Dall’altra parte non c’era solo Aleksandar Vučić, c’era l’intero popolo serbo. Rispetto a un Dragan Đilas, Marinika Tepić, Chedomir Stojković, Biljana Stojković o il lobista albanese Boban Bogdanović, Aleksandar Vučić sembrava essere un esempio di un patriota serbo che “non cede il Kosovo”, lotta per la Russia e difende la Serbia da questo “rifiuto che si finanzia da anni nei lettini di Soros”.

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