di Mattia Taricco

Una storia tossica, altamente tossica, con risvolti estremamente drammatici. Vanessa Ballan era sposata, ma aveva l’amante, tale Fendaj Bujar, un Kosovaro con cui si frequentava da po’ di tempo e che a seguito di numerosi episodi di stalking aveva pure denunciato, ma invano. A spingere la donna a denunciare è stato il marito, che nonostante i ripetuti tradimenti l’aveva perdonata, ma l’ex amante non mollava con i tormenti. Pare che l’uomo l’abbia uccisa direttamente nella sua abitazione, a Spineda nel Trevigiano, con otto coltellate. Vanessa era incinta di sei mesi.

Le notizie ovviamente si trovano e il caso è seguito, ma non c’è nemmeno l’ombra di tutto il clamore mediatico e propagandistico riservato invece per la storia, altrettanto drammatica, di Giulia Cecchettin. Eppure in quanto a efferatezza questa storia non ha nulla da invidiare alla precedente. Cos’è che frena la pubblica indignazione e i carrozzoni propagandistici? Forse che a ucciderla non è stato il compagno, che anzi stava a casa ad occuparsi dei bambini? Forse il fatto che il killer non è italiano?

Insomma, si tratta di un femminicidio non spendibile in termini propagandistici per la retorica sul patriarcato e della colpevolizzazione del maschio “tout court”. Non vedremo nessuna manifestazione di “Non una di meno” e relative distruzioni di locali? Nessun appello a dare fuoco a tutto? Una copertina su “L’Espresso” nemmeno? No, perché in questo caso non si può dare la colpa all’uomo di casa, italiano e padre di famiglia: in questa storia lui è il buono. E ci sono parecchi altri casi in cui i killer, non rispettando gli standard di colpevolizzazione, sono stati a volte persino giustificati.Un caso su tutti quello di Rossella Nappini, uccisa a coltellate dall’ex partner marocchino, storia quasi passata sotto silenzio, o quella ancor più scandalosa di Pamela Mastropietro. In quel caso qualche scudo si è levato persino in difesa dei killer.

Insomma, ci vuol poco a capire che il panorama dell’informazione in Italia è composto anche da sciacalli pronti in ogni momento a banchettare sui cadaveri pur di poter portare avanti certi temi propagandistici. Una cosa è certa e incacellabile: le responsabilità degli omicidi non sono mai di genere, ma individuali.

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