di Vincenzo Maida
LA VPPB (vertigine parossistica posizionale benigna) ha colpito anche Giorgia Meloni. La Sanità è sempre più attuale con la riforma di avvicinamento al territorio che stenta a partire. All’inizio si è parlato di una normale influenza stagionale, che sta mettendo a letto migliaia di italiani e il cui picco è atteso per Capodanno, poi i media hanno diffuso la notizia che il Presidente del Consiglio è afflitta dalla fastidiosissima Vertigine Parossistica Posizionale Benigna che l’ha costretta a letto al buio per qualche giorno. Si tratta dello spostamento degli Otoliti, piccoli cristalli nell’orecchio che regolano l’equilibrio, e puo’ causare nausea, vomito e vertigine parossistica.
Ovviamente Giorgia Meloni per questa fastidiosa patologia, che benché benigna fino a quando non si risolve è invalidante, viene trattata nel suo domicilio. I comuni cittadini sono invece quasi sempre costretti a farsi trasportare in Ospedale, a volte in autoambulanza, andando così a sovraccaricare inutilmente i pronto soccorsi. Questa, come altre patologie, potrebbe essere trattata a casa dagli specialisti oppure negli Ospedali di Comunità che dovrebbero sorgere nel territorio, ma che stentano a partire per disorganizzazione, ritardi e mancanza di personale. La Conferenza di fine anno del presidente del Consiglio è stata rinviata al 4 gennaio: per quella data dovrebbe aver risolto il suo problema di salute. Le siamo sinceramente solidali perché esso lascia uno strascico di paura che la vertigine possa replicarsi in qualsiasi momento. Ci auguriamo che lo spiacevole inconveniente possa renderla più sensibile al problema sanitario della nazione, che dovrebbe essere al primo posto nell’attenzione del governo, così come lo è in quella degli italiani.
È sufficiente scorrere i dati resi noti da Cittadinanzattiva per rendersi conto che serve un intervento massiccio nel settore, ma ad oggi da parte del governo, oltre alla notizia propagandistica di aver stanziato un po’ di euro in più per il settore, non si registrano interventi rivoluzionari. Ed ecco i dati diffusi dall’organismo di rappresentanza dei cittadini: “Servono 720 giorni per una mammografia, 375 giorni per un’ecografia, 365 per una tac o un intervento cardiologico. Per una visita diabetologica bisogna attendere 362 giorni, per un intervento ortopedico 360, per una visita dermatologica 300, per una operazione legata a un tumore, “appena” 180. Gli screening oncologici sono in ritardo in oltre la metà dei territori regionali e le coperture per i vaccini ordinari in drastico calo. Motivo per cui, a rinunciare alle cure, è più di un cittadino su 10.” I dati sono riferiti al 2021, ma c’è da giurarci che nel 2023 la situazione è peggiorata e se non si corre ai ripari, da una parte peggiorerà sempre di più e dall’altra ingrasserà la medicina privata a cui, ovviamente, può più agevolmente accedere chi ha la disponibilità economica per farlo. Nel 2022 la spesa sanitaria è stata il 6,8% del Pil, sotto di 0,3 punti percentuali rispetto alla media Ocse.
Anche gli altri dati non sono confortanti: “Nelle strutture ospedaliere la situazione è drammatica. I pronto soccorso sono in affanno, il personale ospedaliero latita. I posti letto sono crollati, ce ne sono appena 3,7 per 1.000 abitanti. C’è poi da dire che il quadro anagrafico italiano è preoccupante. Il nostro Paese, in rapporto al PIL, investe meno della maggior parte dei Paesi europei, ma ha una speranza di vita più alta di altri Paesi Ue. Pur diminuendo il numero di abitanti negli ultimi 10 anni, passato da 60 milioni a poco più di 58 milioni, sono aumentati gli ultra 65enni, saliti da 12 milioni a 14 milioni.” In una delle ultime puntate di “Fuori dal coro”, Mario Giordano ha dedicato un lungo servizio agli ospedali di comunità e alla medicina territoriale: in molte regioni non sono state ancora realizzate le strutture murarie, ma anche dove esse sono state ultimate, sono contenitori vuoti per assenza di personale. Il governo in carica si gioca la sua credibilità su questi temi, che interessano davvero i cittadini. Il resto è aria fritta di una inconcludente opposizione parlamentare che, quando è stata al potere, non ha dato prova migliore.