di Nicola Trisciuoglio
Il 7 novembre 2019, secondo fonti di stampa, il Tribunale di Imperia assolveva dall’accusa di apologia del fascismo due imputati per aver fatto nel 2015 il saluto romano, gridando: «Presente» nel corso di una celebrazione in memoria dei caduti della Repubblica Sociale Italiana nel cimitero di Sanremo. Una decisione similare vi era stata l’1 maggio del 2019, da parte del Tribunale di Milano, che aveva assolto quattro militanti del gruppo “Lealtà Azione” accusati di apologia del fascismo durante una commemorazione al Cimitero maggiore di Milano. Pochi giorni dopo, il 16 maggio, la Cassazione aveva, invece, confermato la condanna di un avvocato (un avvocato dovrebbe astenersi da simili atti e/o azioni) per avere nel 2013 salutato romanamente o fascisticamente durante una riunione del Consiglio comunale di Milano.
La prima considerazione da svolgersi e lo faccio anche quale difensore degli imputati coinvolti – in questa bega meramente politica e di discussioni oziosa imposta dalla decadenza politico-culturale di questo Paese – nell’estremo saluto ad Alessia Augello nella Chiesa di San Leucia alla Circonvallazione Clodia in Roma, scomparsa, ironia della sorte, il 7 gennaio 2022 data della ricorrenza dell’efferata strage di Acca Larentia e come difensore di tanti altri imputati per l’identica questione del saluto romano nel corso di commemorazioni. Anche nel caso del funerale di Alessia Augello la Procura Romana, come nei casi che hanno visto la celebrazione del 7 gennaio di Acca Larentia nel corso degli anni, ha voluto vedere – forzando ogni fonte normativa – il saluto del presente e il braccio teso come elementi idonei a supportare i reati di apologia, ricostituzione, incitamento all’odio razziale et similia contemplati dalla Legge Scelba e dalla Legge Mancino.
Ancora ed ancora ed ancora sarà il caso di chiedersi e chiedere cosa c’entri un saluto commemorativo ed il saluto romano (detto anche fascista) con l’apologia e la ricostituzione del disciolto Partito fascista ovvero con l’incitamento all’odio razziale e alla discriminazione. Anche in questa vistosa forzatura – una forzatura squallidamente politica delle normative – l’indagine atterrebbe al profilo psicologico del reato e precisamente al momento volitivo dell’azione che dovrebbe coincidere nel gesto del saluto e nella dichiarazione del «Presente» con l’imprescindibile volontà del presunto reo di intendere con quel gesto il perseguire la ricostituzione di un movimento politico dichiarato illegittimo dalla Costituzione ovvero di volerne emulare simboli, riti e manifestazioni con intento discriminatorio ovvero di esaltazione della propria superiorità razziale. Come non convenire che tanto costituirebbe una palese forzatura dettata da motivazioni politiche.
È il caso di svolgere alcune precisazioni sulla Legge Scelba del 1952 per comprendere appieno di come ci si trovi di fronte ad una forzatura della normativa e ad una errata quanto assai penosa interpretazione politica della stessa.
Come ebbe a spiegare nel maggio del 2019 l’ex presidente della Corte di Cassazione Carlo Brusco, in un articolo sulla rivista di settore “Questione Giustizia” quando si parla di disciplina normativa di contrasto al fascismo, la prima fonte «ha rango costituzionale e riguarda in particolare la ricostituzione del disciolto partito fascista».
La disposizione numero XII delle disposizioni transitorie e finali della Carta Costituzionale, che hanno gestito il passaggio all’ordinamento repubblicano, recita, infatti, che «è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».
Nel 1952, in applicazione di questa disposizione, è stata approvata la legge Scelba (n. 645 del 20 giugno 1952) che all’articolo 1 chiarisce che cosa si intende per «riorganizzazione del disciolto partito fascista». La riorganizzazione si ha quando «una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista».
L’articolo 2 stabilisce le sanzioni penali per chi viene condannato per questo reato, mentre l’articolo 4 norma il reato di «apologia di fascismo», che si ha quando chiunque, al di fuori dei casi contemplati dall’articolo 1, «pubblicamente esalta esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista».
Solo attraverso una audace forzatura – di fatto politica e conseguentemente giuridica – si può giungere, dunque, all’assurdità ed all’obbrobrio in punto di diritto, di ritenere che il saluto romano rientri nelle fattispecie previste dalla legge Scelba.
Si deve essere animati da una fervida fantasia nel voler ricollegare la legge Scelba nella sua portata reale ad un mero momento celebrativo della morte ancorché accompagnato dal saluto romano. Occorrerebbe porre come base del momento di ricostituzione del disciolto Partito Fascista il saluto romano ed il «Presente» nel corso di una commemorazione… Siamo al parossismo!
Anche volendo riguardare il fenomeno ex Legge Mancino del 1993 il risultato dell’analisi ermeneutica della normativa rafforza la nostra idea che nulla ha a che fare il saluto romano di commemorazione di un morto o di un martire con la riorganizzazione, la ricostituzione e/o l’apologia e con l’odio e la discriminazione etnica o religiosa. La legge Mancino (n. 205 del 25 giugno 1993) sebbene indirettamente si è occupata della punibilità delle esternazioni e delle manifestazioni di stampo fascista. In realtà, più precisamente, la legge ha introdotto una serie di norme per contrastare la discriminazione razziale, etnica e religiosa, attuando i principi della convenzione di New York del 1966 contro la discriminazione razziale.
Come ha spiegato l’ex magistrato Dott. Carlo Brusco già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, Procuratore Capo ad Alessandria, P.M. di lungo corso in varie Procure d’Italia ed autore di un testo “La grande vergogna. L’Italia delle Leggi razziali”, la legge Mancino ha come unico obiettivo di punire chi diffonde idee basate sull’odio e la superiorità razziale, chi istiga a commettere discriminazioni e chi crea (o partecipa a) organizzazioni che si fondano su questi valori e comportamenti. Ancora ed ancora è il caso di chiederci e di interrogarsi cosa c’entri il saluto romano o fascista di commemorazione ad un defunto o ad un martire con l’odio, la superiorità razziale e la discriminazione razziale.
Occorrerebbe prima di sparare a zero con tracotante ignoranza taluni giudizi su quanto avvenuto ad Acca Larentia che con due sentenze arrivate tra il 1957 e il 1958, la Corte Costituzionale ha escluso che con apologia di fascismo si possa intendere qualsiasi difesa elogiativa di questa ideologia, includendovi, dunque, il saluto romano o fascista tra gli atti non perseguibili non potendo questi di fatto avere una simile portata. La Corte ha ritenuto classificabile come apologia di fascismo solamente «una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista» o quelle manifestazioni che sono idonee a «creare un effettivo pericolo» di riorganizzazione. Siamo perfettamente in linea con il pensiero della Corte Costituzionale. Il resto è dibattito squallidamente e vergognosamente politico e non giuridico.
Il volere vedere quello che non c’è in un momento di commemorazione di defunti o martiri è una farsa! Il pensiero della Corte Costituzionale riteniamo non sia travisabile per cui non tutte le esternazioni fasciste, in quanto tali, possono essere considerate punibili dalla legge, ma è compito dei giudici stabilire di volta in volta quali di questi episodi avvengano in violazione della legge.
Se la condanna dell’avvocato che aveva fatto il saluto fascista durante un Consiglio comunale di Milano confermata dalla Cassazione nel maggio del 2019, può ritenersi dovuta alla circostanza fattuale che la libertà di manifestazione del pensiero cessa in un contesto istituzionale va forse condivisa atteso che trattasi di contesto istituzionale.
Discorso diverso, infatti, vale per l’altra sentenza che ha riguardato l’assoluzione di quattro membri di “Lealtà e Azione” che a febbraio del 2019 ha visto il Tribunale di Milano assolvere alcuni manifestanti accusati di apologia del fascismo durante una commemorazione. «Benché sia indubbio che sia stato posto in essere un gesto avente una precisa simbologia fascista (ossia il saluto romano) […] – si legge nel testo della sentenza – le circostanze concrete tuttavia portano ad escludere che tale gesto si sia verificato in ambiti tali da determinare un serio pericolo di riorganizzazione del partito fascista».
Periodicamente tornano al centro del dibattito pubblico sentenze di tribunali che assolvono o condannano, chi esegue il saluto fascista in luoghi pubblici. I verdetti diversi dei giudizi si basano sull’applicazione delle due leggi Scelba e Mancino, che rispettivamente puniscono l’apologia di fascismo e l’incitamento all’odio e alla violenza. Le casistiche, però, non sono così chiare come potrebbero sembrare a prima vista. Le interpretazioni più diffuse negli ultimi anni sulla normativa vigente stabiliscono che non è reato fare un saluto fascista se non c’è il pericolo di riorganizzazione di un nuovo partito fascista o del perseguimento di finalità antidemocratiche e discriminatorie.
Ci auspichiamo che la politica non condizioni Procure e Tribunali e che ci sia una interpretazione autentica delle circostanze spaziali e temporali in cui si verifichino determinati episodi ed in particolare che ci sia una interpretazione ermeneutica corretta delle leggi di riferimento che peraltro riteniamo errato. Confidando che il diritto torni ad essere unico faro di riferimento nei giudizi che mi appresto di qui a poco ad affrontare innanzi molti Tribunali della Nazione, nei vari processi di commemorazione di morti di una comunità ideale ed umana o di martiri orribilmente massacrati, mi auguro che i Giudici abbiano la saggezza dei grandi giuristi del passato di espellere dalle aule di giustizia la politica di questa epoca decadente che trema al cospetto del ricordo dei morti e di un braccio teso nel saluto romano che accompagna il grido rotto dall’emozione… «Presente»!
Essendo anche Avvocato dal 1983, mi permetto di ricordare agli interlocutori che il Saluto Romano, divenuto negli anni 20 saluto fascista, nasce con l’Impero Romano e con Cesare Augusto. Durante l’Impero il saluto e’ stato simbolo di lealtà ed amicizia, porgendo il palmo della mano in segno di pulizia e rettitudine. Se riflettiamo al momento del giuramento il testimone alza sempre la mano destra, così quando nelle funzioni religiose vi è lo scambio della pace, si mostra il palmo della mano destra. Che c’entra il fascismo con il saluto romano, se nei secoli ha avuto un significato particolare, indipendentemente dal fascismo che ha ritenuto di adottarlo per fini propri. Mi ricordo che da giovane si salutava con il palmo teso al fine di distinguersi dalla sinistra che salutava con il pugno chiuso.Era reazionario chi salutava romanamente, mentre era progressista chi mostrava il pugno chiuso ? Ciò scade nella politica e non ha niente a che fare con la norma. Se bastasse un semplice saluto romano per tentare di ricostruire il disciolto partito fascista, sarebbe banalizzare un movimento che ha avuto il suo decorso e la sua fine, non più riproponibile. Questo principio dovrebbe essere consacrato in una norma, per evitare che i Giudici la applichino in modo ingiusto.
Potete scrivere quello che volete, io penso che chi la pensa in un certo modo non deve aver paura di fare il saluto romano, ma anzi a chi chiede di sciogliere questi gruppi, c’è da rispondergli in un solo modo, considerato che la richiesta di scioglimento viene da una persona che è malata e andrebbe solo curata o magari portata nei Paesi Arabi per farla curare, perchè si può dire ciò che si vuole chi è froscio o froscia vanno curati, perchè tanto non sono normali, ma sono malati e non sono normali, per me sono solo feccia umana.