di Ruggiero Capone

In questo frangente di grande incertezza globale ci si può dire sicuri solo di una cosa, che i padroni del Pianeta s’incontrano a Davos per la 54esima edizione del World Economic Forum.

L’iniziativa nasceva nel 1970 già con la serpe in seno, ovvero sviluppare con maggiori prospettive di successo quello che nell’aprile del 1968 avevano teorizzato col “Club di Roma” l’imprenditore Aurelio Peccei e lo scozzese Alexander King: gettare le basi di un unico governo mondiale robustamente in mano ai ricchi filantropi occidentali. Al progetto di governo planetario in mano a pochissimi potenti ci lavora alacremente da decenni il Partito democratico Usa in buona compagnia di Onu, Nato ed Unione Europea. Il progetto è ormai chiaro a tantissima gente, ma i politici locali, che si recano a Davos da 120 Paesi in buona compagnia di 60 capi di Stato e di governo, evitano di rivelare ai popoli il vero motivo dell’appuntamento internazionale: riporre nelle mani di una ventina di uomini le decisioni e le leggi che regoleranno la vita sul Pianeta. Così fino al prossimo venerdì circa 2.800 leader mondiali (quelli dei 120 Paesi presenti), centinaia di top manager ed un migliaio d’imprenditori cercheranno di capire se la fortuna possa loro arridere, quindi alcuni potrebbero confidare in una futura cooptazione nel ristretto salotto che governerà il Pianeta dopo il 2030: tra sei anni i potenti occidentali confidano d’essere riusciti a spezzettare la Russia in 90 staterelli, d’aver riposto tutto il Medioriente sotto il controllo israeliano, d’aver piegato la Cina a suddito della finanza occidentale, d’aver ridotto di circa un 30% la popolazione mondiale, d’aver varato una moneta unica elettronica mondiale sotto il controllo di Fondo monetario e Federal Reserve, d’aver distrutto i BRICS, d’aver varato un piano di “povertà sostenibile” che renda inoccupabile più del 70% della forza lavoro occidentale, d’aver messo tutta la gente comune sotto il continuo controllo cibernetico, d’aver insomma creato una perfetta gabbia terrena in nome del buon clima e del politicamente corretto.

Davos non è nell’Unione Europea, ma è al centro dell’Europa: è una cittadina delle Alpi svizzere, nel Cantone dei Grigioni. E’ una selettiva località sciistica, un posto riservato a pochissimi, ma anche a scienziati che già nell’800 s’incontravano nei nosocomi svizzeri per operare esperimenti segreti su umani malandati: non a caso molte multinazionali farmaceutiche hanno sedi in quei paraggi. Thomas Mann era scrittore ardimentoso e fortunato, infatti riusciva a salvare la sua futura moglie dal ricovero di Davos: da quell’esperienza traeva ispirazione per l’opera “Montagna incantata”. Finita l’epopea del “Club di Roma” (quello che intendeva trasformare l’Italia nella Svizzera del Mediterraneo riservata ai ricchi del Pianeta), dal 1970 tra la seconda e la terza settimana di gennaio va in scena il “simposio” di Davos, ovvero il World Economic Forum (WEF): registrato come “organizzazione no profit svizzera”. Un “no profit” che costa tantissimo, che fa lavorare tanti svizzeri e soprattutto raccoglie l’élite imprenditoriale e politica mondiale. Sarà poi vero che per l’occasione non parlano d’affari?

I delegati al WEF devono tutti risultare tra gli invitati: la Svizzera in questi giorni è blindatissima ed ha come priorità la “sicurezza dei potenti del Pianeta”; di leader politici, dirigenti e il personale senior delle principali compagnie internazionali, amministratori degli hedge fund e delle banche, proprietari della tecnologia e delle grandi case farmaceutiche, ma anche studiosi al soldo di tutti i potenti elencati. E’ davvero difficile capire cosa ci sia di “no profit” in questo incontro. In questi giorni la piccola cittadina svizzera è preclusa alla gente comune. Ed è impossibile muoversi nel cantone elvetico senza subire un continuo controllo: l’esercito svizzero ha schierato più di 5mila cecchini, con il compito di abbattere chiunque sospettato di poter nuocere ai potenti della Terra; sono appostati sui tetti che si affacciano sui vari hotel, ma anche nei pressi delle sedi congressuali come nei vari punti strategici di accesso alla cittadina ed al cantone. Il fondatore del WEF è Klaus Schwab (professore di origine tedesca in ruolo all’Università di Ginevra): Schwab si è formato ad Harvard, ha studiato i sistemi di gestione degli Stati Uniti, dagli anni ’60 il riferimento europeo per chi si occupa di badare ad efficienza e sicurezza delle multinazionali.

Il summit di Davos ci fa capire quanto i potenti della Terra ci giudichino imbecilli. Infatti in questi giorni ceneranno e chiacchiereranno tra loro il presidente francese Emmanuel Macron, la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, il segretario di Stato Usa Antony Blinken, il nuovo presidente dell’Argentina Javier Milei ed il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: un po’ come capitava quando i vari feudatari venivano periodicamente invitati a corte per confrontarsi con l’imperatore. A Davos circa 1.600 leader aziendali, tra cui oltre 800 tra amministratori delegati e presidenti dei più importanti gruppi mondiali, da Amazon a Nestè, passando per Microsoft: e ci dicono che è una riunione “no profit” e “per il bene del Pianeta”. Al summit non sarà presente Giorgia Meloni, ma ci saranno il ministro Giancarlo Giorgetti, il presidente di Eni Giuseppe Zafarana, Paolo Scaroni di Enel, Andrea Illy di Illycaffè, Paolo Dal Cin di Accenture, Paolo Merloni del gruppo Ariston, Mario Moretti Polegato di Geox, Carlo Messina di Intesa Sanpaolo, Nerio Alessandri e Erica Alessandri di Technogym, Andrea Orcel e Pier Carlo Padoan di Unicredit, Matteo Laterza di Unipol Gruppo. Tutti insieme per parlare di amenità e non di affari.

Klaus Schwab ha detto in conferenza stampa che al centro del forum di quest’anno ci saranno le interconnessioni tra economia, sanità, clima e sicurezza planetaria. E che il WEF sia una sorta di corte planetaria emerge dalla “gerarchia nell’assegnazione dei badge”: capi di Stato e monarchi regnanti hanno il “badge in bianco” (il più ambito, perché contrassegna maggior potere). Il “badge Arancione” viene assegnato ai media, ovvero a giornalisti ed operatori della comunicazione “graditi al sistema”, il viola al “personale tecnico”, il verde ai “funzionari che accompagnano case regnanti e capi di Stato”, i “grigi” per “coniugi e partner di personalità internazionali con badge bianco”. Solo i “badge bianchi” hanno accesso alle riunioni segrete, gli altri devono sottostare ai limiti imposti dall’organizzazione.

La domanda che in tanti si pongono è se l’accesso al futuro governo planetario possa essere elettivo. La risposta è negativa: il progetto di futuro governo ristretto prevede che vi parteciperanno i potenti della Terra ed i nominati: sarà un conciliabolo più ristretto della Commissione Europea, che sappiamo bene essere composta da gente non eletta dal popolo.

Fonte: LaPekoraNera

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