di Luigi Cortese

L’abilismo, o discriminazione basata sulla capacità, è un fenomeno diffuso che può assumere molte forme nella società contemporanea. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa forma di discriminazione non riguarda solo l’accesso fisico, ma si estende anche alle opportunità, alle percezioni sociali e alle rappresentazioni culturali delle persone con disabilità; eppure la lotta contro l’abilismo non ha ricevuto la stessa enfasi riservata ad altre cause.

Cos’è l’abilismo? Esso si manifesta quando le persone con disabilità vengono trattate in modo ingiusto o svantaggiato a causa delle loro capacità fisiche, sensoriali o cognitive. Questa forma di discriminazione può essere sottile o manifesta, creando barriere che limitano l’accesso a risorse, opportunità educative e professionali, nonché la partecipazione sociale.

Le barriere fisiche sono evidenti in molte parti del nostro ambiente: edifici senza accesso per sedie a rotelle, mancanza di segnaletica tattile per persone non vedenti e così via. Tuttavia, l’abilismo va oltre l’aspetto fisico. Le barriere sociali emergono quando le persone con disabilità devono affrontare stereotipi dannosi, pregiudizi e mancanza di consapevolezza.

Mentre la società si vanta di progredire in favore dei diritti umani, sorge una critica significativa alla disparità di difesa tra l’abilismo e l’omofobia ad esempio, evidenziando come alcune discriminazioni siano supportate dal sistema rispetto ad altre.

Ormai i diritti della comunità LGBTQ+ sono supportati da tutti i partiti di sistema, siamo costantemente bombardati da messaggi mediatici che cercano di imporre il pensiero unico sul tema omosessualità, mentre l’abilismo è sconosciuto ai più: nessun politico, che sia di destra o di sinistra, ha mai messo l’accento su questo, per quale motivo? Forse perché dietro non c’è una comunità ricca che punta a sovvertire le regole internazionali, minando l’istituzione stessa di famiglia?

Per contrastare l’abilismo, sarebbe essenziale promuovere l’inclusione in tutte le sfere della vita. Ciò significa non solo rimuovere le barriere fisiche, ma anche abbattere gli stereotipi e promuovere una cultura di accettazione e rispetto. I politici negli anni hanno fatto questo per l’omofobia, ma non hanno mosso un dito per l’abilismo, né tanto meno i cosiddetti “influencer” che da sempre si sono schierati con la comunità LGBTQ+.

L’educazione è un potente strumento per combattere l’abilismo, quindi perché nelle scuole italiane non creiamo programmi di sensibilizzazione? Perché nei luoghi di lavoro, e nella società in generale, non si è provveduto a creare forme di sensibilizzazione a questo problema? Perché continuano a propagandare il “gender”? L’abilismo è una sfida che richiede un impegno collettivo per essere superata. Combattere l’abilismo non è solo una questione di cultura, che riconosce il valore intrinseco di ogni individuo, indipendentemente dalle sue capacità, ma è modo di ridurre le reali disparità esistenti. Sarebbe bello vedere un cambio di passo e cercare di aiutare concretamente chi vive una vera discriminazione.

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