di Ruggiero Capone

Giorgia Meloni ha incontrato a Roma Bill Gates. Dobbiamo dare atto che il premier italiano non ha visto il fondatore di Microsoft negli ovattati salotti di Davos, dove l’interesse dei popoli cede il passo agli obiettivi di multinazionali e potenti della Terra (da ragionare se è ancora più preoccupante la visita ad hoc del nerd ndr).

Ormai da molto tempo sia Gates che la Meloni stanno, secondo i rispettivi ruoli, tenendo confronti ed incontri sul ruolo sempre più importante (e pervasivo) che l’Intelligenza artificiale svolgerà nella vita di tutta l’umanità: nessun essere vivente potrà più dirsi non controllato ciberneticamente. Soprattutto in futuro l’IA avrà il gramo compito di segnalare istantaneamente ogni comportamento anomalo degli umani, permettendo la tanto auspicata sanzionabilità immediata del cittadino. Questo si traduce in opportunità di lavoro e guadagno per multinazionali e potenti della Terra, soprattutto in perdita di consenso per la politica. Accorciando a tal punto i rapporti da tendere a stabilire un unico collegamento tra umani e controllori cibernetici: ecco perché i primi a perdere il lavoro in favore dell’IA saranno i magistrati, gli avvocati, i commercialisti…politici ed intermediari in genere. Il corpo intermedio muore, al suo posto un robot. Riducendo pariteticamente e gradualmente il potere di burocrati e politici sulla quotidianità umana. Giorgia Meloni sa bene che questo non è progresso per la civile e democratica convivenza. (? ndr)

Così il 18 gennaio a Palazzo Chigi il fondatore di Microsoft (Bill Gates) fa il punto sul tema principale dell’agenda G7 italiana: ovvero la tracciatura totale e continua del cittadino attraverso gli strumenti informatici. Rammentiamo che in un prossimo futuro sottrarsi alla tracciatura, anche solo por pochi istanti, dovrebbe diventare un reato: che fine fa la privacy? E siamo sicuri che sia un bene o ci trasformerà in tanti polli e automi in batteria?

Sul tema dell’AI Meloni ha già avuto una serie di incontri con diversi leader e personaggi chiave: a partire dal confronto con il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, in occasione del Vertice sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale che si è svolto a Bletchley Park lo scorso novembre, e soprattutto nell’ambito della recente visita del premier britannico a Roma. Rishi Sunak rappresenta la nazione (la Gran Bretagna) che dal dopoguerra è sede del “sistema di rete mondiale di sorveglianza sulle telecomunicazioni”: un controllo (fino a ieri solo di ascolto ed oggi cibernetico digitale) gestito dai servizi segreti della Corona per conto anche di Nato e Pentagono. Una parolina di troppo al telefono o un messaggio sospetto su social e messaggistica fa sempre e comunque scattare l’allerta di sistema. Ecco che, grazie all’IA, sarà realizzata la tracciatura totale e completa delle nostre vite: sottrarsi potrebbe diventare impossibile per via dei molteplici obblighi (telefonini, identità europea, microchip…) come per le future strettoie di legge. L’obiettivo di ieri era forse trasformare la metà dei lavoratori in controllori di tutta l’umanità, oggi l’IA può controllare tutti togliendo pane anche agli spioni.

La premier ha già incontrato anche altri “guru del tech”: come Elon Musk (patron di Tesla e X) e Reid Hoffman (il fondatore di LinkedIn, uno dei massimi esperti globali dello sviluppo dell’Intelligenza artificiale). All’incontro con Bill Gates sarà presente anche Padre Paolo Benanti, presidente della commissione AI per il Dipartimento informazione ed editoria, nonché membro italiano del Comitato sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite. La riunione sarà l’occasione per affrontare opportunità e rischi dell’Intelligenza Artificiale, con attenzione anche sugli effetti che si ripercuoteranno sul mondo del lavoro, quindi l’impatto su economie e futuro delle democrazie. Non è il caso d’elencare i temi etici connessi all’IA. Ma è evidente come la politica non riesca più a governare i cambiamenti, anzi sia costretta a subirli a causa dello strapotere finanziario delle multinazionali. Di fatto la tecnologia è in mano a chi ha più soldi, ed il futuro probabilmente creerà mille giustificazioni economico-scientifiche al fatto che il lavoro umano faccia male al pianeta, che però gli indebitati debbano scontare i debiti lavorando per multinazionali ed enti pubblici fino ad estinzione della somma.

Nulla di nuovo sotto il sole, l’antica Roma e prima di lei Egitto e Babilonia hanno dimostrato che la schiavitù produce ricchezze (forse nelle disponibilità di pochi) e permette la costruzione di opere che cambiano la storia del Pianeta. A convincerci che è meglio così provvederanno filantropi ed influencer pagati per propagandare la “povertà sostenibile” tra inattivi e disoccupati. Intanto Gates possiede 120mila ettari di terra coltivabile, ed insieme ad una decina di ricchi promette di concentrare l’agricoltura del pianeta in poche mani…sempre per il bene del clima, un progetto che fa parte della rivoluzione green, gender, con le treccine.

Fonte (lapekoranera.it)

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