di Vincenzo Maida
Il dramma ormai silenzioso dell’emigrazione e dello spopolamento colpisce ogni famiglia, soprattutto nel Meridione, ma c’è una sorta di pericolosa assuefazione. E intanto dalla Puglia alla Calabria, passando dalla Basilicata, cresce la mobilità passiva nella Sanità. La risposta del governo con l’autonomia differenziata aggraverà il fenomeno.
I centri abitati, anche dei piccoli comuni del Sud, per un paio di settimane si sono rianimati grazie al rientro degli studenti universitari e a qualche emigrante, sempre di meno, che ha deciso di passare le festività natalizie tra i familiari nel suo paese d’origine. Un fenomeno quest’ultimo che si va sempre di più diradando con le seconde, terze e a volte le quarte generazioni. Solo i più anziani ricordano ormai le Feste dell’Emigrante, con le quali d’estate si omaggiava chi per lavoro aveva lasciato la sua terra per andare al Nord. Le due grandi ondate emigratorie dal Sud Itlia, quella post unitaria verso le americhe e l’altra negli anni ’60 verso il Nord, vennero ricordate da tante inchieste e film, quella odierna si è ormai cronicizzata e viene vissuta come un destino, una fatalità. Sono i freddi dati dell’Istat che ci parlano di famiglie divise e giovani costretti ad emigrare. Un destino che impoverisce silenziosamente il Sud sempre di più e rispetto al quale la “politica” dovrebbe seriamente interrogarsi.
È sufficiente studiare i dati demografici storici per apprendere che l’unico periodo dall’unità d’Italia in cui il Sud è cresciuto e l’emigrazione ha avuto una battuta di arrestato, è stato quello del “famigerato” ventennio fascista, quando, come hanno dimostrato molti studiosi seri, un straordinario processo di ammodernamento e di realizzazione di opere pubbliche lo interessò. Per la prima volta acqua e fogna furono portati in tutti i paesi, come ancora testimoniato dai tombini in molti centri storici, vennero realizzati edifici scolastici ed iniziò un’opera di bonifica nelle aree interessate dalla malaria e con “la battaglia del grano” anche i terreni più sperduti vennero messi a coltura. Ministro dei Lavori era il giovane ingegnere di Bari, appena 34 enne, Araldo Di Crollanza. Egli in pochi mesi realizzò la ricostruzione dell’Irpinia, colpita dal terremoto, e i soldi che riuscì a risparmiare li portò a Roma per restituirli al capo del governo. Alla caduta del “fascismo” non aveva risorse per sostenere la sua numerosa famiglia e per qualche tempo girò per le case dei baresi a vendere enciclopedie. Quando si candidò con il MSI fu votato da tutto la città, anche dai comunisti di Bari. Un suo busto marmoreo campeggia sul lungomare di Bari, che lui aveva realizzato insieme a quello di Taranto, a perenne memoria. Alla caduta del “fascismo”, L’Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia, di cui in alcuni centri abitati ancora campeggia l’insegna, assicurò l’assistenza anche alle ragazze madri, etc. etc.
Si può e si deve contestualizzare quella forma di governo che portò alla privazione delle libertà democratiche, ma non si può disconoscere che l’emigrazione subì una battuta d’arresto e il Sud crebbe demograficamente. Il precipizio dello spopolamento è iniziato 20 anni fa e per i prossimi 20 anni, tranne miracoli e appunto una improbabile “rivoluzione”, saranno catastrofici, con una perdita prevista del 30% di forza lavoro e tasso di disoccupazione impressionante.
Crolla il PIL (prodotto interno lordo) nelle regioni del profondo Sud, ultime per consumi delle famiglie, il 26% della popolazione è sotto il livello di povertà relativa (la media nazionale è dell’11% ). La percentuale degli uomini in attività è del 49,6%, quella delle donne del 34% a fronte di una media nazionale del 58%. La percentuale di disoccupati, quella reale, supera il 22%, vale a dire più del doppio di quella nazionale. Il fenomeno emigratorio, accentuatosi nell’ultimo decennio, colpisce, particolarmente, i giovani scolarizzati determinando un pericoloso depauperamento sia in termini numerici che qualitativi.
La crisi del siderurgico a Taranto e quella di Stellantis a Melfi, rappresentano un altro duro colpo all’occupazione meridionale. La risposta del governo con l’autonomia differenziata è la peggiore che possa esserci e risponde solo a logiche politiche interne alla maggioranza,.