A quasi due anni dall’inizio del conflitto Russo-Ucraino, la stretta occidentale nei confronti dell’economia russa non ha portato all’indebolimento sperato.
300 miliardi di euro di attività della Banca centrale russa bloccate, 21,5 miliardi di beni congelati in Europa, 1.950 tra enti e persone soggette a misure restrittive. Sono solo alcune delle misure, e delle cifre, riportate sulla pagina web del Consiglio Europeo dedicata alle “sanzioni nei confronti della Russia”. Ed è logico chiedersi quali siano stati gli effetti sortiti dalla volontà occidentale, soprattutto dopo che Bruxelles, lo scorso 18 dicembre, ha approvato il dodicesimo pacchetto di sanzioni.
Il primo è macroscopico. La resiliente Russia si sta convertendo a un’economia di guerra: la mobilitazione di almeno un milione di arruolati, la forzata riduzione delle esportazioni verso l’Europa, l’isolamento del sistema bancario, l’industria militare che attira capitali, un’inflazione al 7,5% (fine 2023). Invece sul fronte della produzione, lo scorso anno c’è stato un incremento (PIL +3,5%).
Mosca va avanti. Nel prossimo ottobre 2024, Putin – da presidente di turno dei Brics – intende infatti continuare sulla via della creazione di un mondo alternativo a quello Usa centrico. E in questo cammino di cambiamento il Cremlino può contare su una riserva aurea di 2.332 tonnellate (in crescita dal 2021), e di yuan: entro il 6 febbraio la Banca centrale venderà sul mercato dei cambi circa 5,4 miliardi di rubli. Ma insieme a quelli finanziari, Mosca stringe con Pechino legami commerciali sempre più stretti: Xi Jinping ha investito in infrastrutture per facilitare gli scambi. E i leader dei due Paesi cooperano nell’Artico anche nel campo minerario.
E quindi, a quasi due anni da quel fatidico 24 febbraio, dobbiamo prendere atto che la volontà europea di seguire Washington ha portato soltanto disastri per l’Europa, mentre ha rafforzato l’economia cinese che si trova come, quasi, unico partner russo. La “lungimiranza” europea ci ha portato ad un aumento dei costi per l’energia, costi che si sono poi tradotti in aumento della spesa pro-capite dei cittadini. A chi giova continuare cosi?
L’Italia deve uscire subito dalla NATO organo ormai smascherato, anche gli stupidi l’hanno capito che è un organismo guerrafondaio al servizio degli USA, popolo guidato da parlamentari sia Dem che Repubblicani tutti guerrafondai corrotti al servizio dei militari del Pentagono e della Cia.
L’Italia prima che sia troppo tardi deve chiudere tutte le basi NATO nel nostro territorio o ci troveremo molto presto in guai grossi.