di Luigi Cortese

In Emilia Romagna sarà ora possibile chiedere di morire in poco più di 40 giorni, questa è la delibera che la Giunta guidata da Stefano Bonaccini ha emanato pochi giorni fa.

Il presidente della Regione Emilia-Romagna, per evitare di essere fermato dal voto dell’aula, ha emanato una delibera di giunta dove si permette, a chi ne faccia richiesta, di ricorrere al suicidio assistito nelle strutture sanitarie della regione in 42 giorni al suicidio assistito. L’ideologia della morte è ormai nelle istituzioni, e non si tratta di una specifica parte politica ma di una svolta bipartisan che copre tutto l’arco parlamentare.

Poche settimane fa ci ha provato prima il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha trovato ad attenderlo una compatta schiera di consiglieri che ha affossato la proposta. Proprio per questo Bonaccini ha evitato il passaggio in consiglio ricorrendo ad una delibera di giunta per autorizzare questo obbrobrio. L’atto della giunta istituisce un comitato che dovrà vagliare le richieste di suicidio assistito, rendendo così possibile farvi ricorso anche in assenza di una apposita norma regionale, il tutto nell’arco di soli 42 giorni. Bisogna però far presente che le aziende sanitarie sono prive di un protocollo e, soprattutto, dei fondi necessari.

Il punto centrale della questione, al di là della fattibilità, è politico. Bonaccini, e la sua giunta, con questa mossa evita inciampi, il governo regionale emiliano neutralizza così anche ai cattolici dem vietando di esprimersi e costringendoli al silenzio. Introducendo la possibilità arbitraria di decidere sulla vita dei cittadini, Bonaccini ha deciso di sostituirsi a Dio avvalorando il peccato più grave che ci possa essere, l’interruzione della vita umana.

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