di Simone D’Aurelio
L’ateismo rinuncia a Dio, e questa è una cosa nota, ma quello che è poco compreso è che esso inserisce al posto della Sua immagine qualcos’altro: ciò che sostituisce il divino sono degli idoli che noi poniamo su un piedistallo e che non riescono mai a soddisfare il nostro spirito, il nostro intelletto e il nostro agire.
Ciò che compie Israele nell’Antico Testamento tocca in realtà anche la storia umana; il vitello d’oro effettivamente non è solo un piccolo evento: esso denuncia qualcosa di atemporale, di ontologico, che è inscritto nell’essere umano, ovvero la necessità di una religione. Anche pensando che il nulla crea ogni cosa, o che il mondo sia uscito da una pozzanghera, l’ateo (o il credente di facciata) sostituisce Dio con un’altra entità, mettendo al suo posto le altre persone, il lavoro, la vanagloria, la lussuria, il potere, il denaro. C’è sempre in noi un punto alfa, un principio che eleviamo al rango di divino.
Anche i violentissimi giacobini avevano eretto i loro altari perseguitando ogni altro credo, e che dire dello scientismo che pronostica la vittoria del metodo scientifico e la soluzione a ogni problema della vita? Lo stesso possiamo dire dell’attuale cultura postmoderna, impegnata ad arrivare in una palingenesi dove si postula un traguardo utopico che promette felicità, pace e sicurezza eterna. Ciò che colpisce in tutto questo è che qualsiasi cosa può essere messa al posto di Dio hic et nunc, ma nulla può sostituirlo: infatti qualsiasi altra entità contingente usurpi il Suo spazio finisce per
diventare segno di morte e non svolge più la sua funzione. Dai movimenti filosofici (come il marxismo) alle realtà materiali, niente e nessuno riesce a porsi al posto della Fonte dell’Essere. La spiegazione a tutto questo è che ogni cosa nel mondo può essere mediata dal rapporto con la realtà divina e in questo caso ogni entità si collega all’altra prendendo una forma, un senso e una direzione unitaria formando un vettore che è direzionato da Dio; prendiamo la sessualità ad esempio che viene rapportata all’etica, alla persona, alla comunità e a un cammino religioso, lo stesso
possiamo dire delle ricchezze. La religione non è contro colui che è ricco, non è un protocomunismo ma è orientata per fare in modo che il bene materiale diventi fonte di forza per se stesso, e per i bisognosi; lo stesso possiamo dire del potere: esso, filtrato dalla luce infinita della religione, si unisce alla virtù e si collega alla necessità di rispondere a Dio e agli altri delle proprie azioni, e inoltre si rapporta con dei principi immutabili da cui non può essere disancorato. La stessa concezione di esseri umani prende una forma unica e importante nel rapporto con il sacro dove viene fuori l’immagine che ogni vita ha un valore inestimabile, e ogni essere è unico e irripetibile. Ogni aspetto del profano è collegato al sacro, creando così una catena che è valida solo nella realtà religiosa.
L’alternativa a tutto questo è che ogni parte del mondo e di ciò che esso contiene se prende il posto di Dio finisce per diventare una disgrazia, prendiamo il sesso, esso diventa lussuria e perde il suo tono metafisico, il suo senso, e diventando “il nostro dio” ogni altro elemento viene devastato, dalla concezione dell’altro (che diventa sempre più un mezzo) alla possibilità di far conciliare tutto questo con l’etica, diventando quindi una chimera se vuole riflettere di luce propria. Lo stesso è per i soldi, senza l’ultimo tassello, senza una realtà esterna essi ci consumano, creano uomini cupi,
avari, deboli, egoisti, lo stesso vitello d’oro riguarda anche il potere, esso senza un riflesso trascendente non è che una gnosi folle totalmente autoritaria e autoreferenziale, dove si fa di tutto pur di conservarlo, rendendolo totalmente scollegato da qualsiasi riferimento assoluto che lo definisce e lo legittima.
Il vero problema è proprio questo: nulla è legittimo fuori dal contesto religioso, ogni lato del profano che viene estromesso si fa a sua volta religione, e nella società può essere accettato, o imposto con la forza, ma perde senso orientamento e significato. L’unica realtà possibile che può reclamare una possibilità di unire gli aspetti del contingente è di ordine necessario. Il mondo ateo può anche postulare che la materia è la base di ogni cosa, ma quest’ultima trasforma gli uomini in panteisti la cui stessa vita perde significato; ma non c’è solo questo, prendendo il posto di Dio, la
materia assume un ruolo totalitario, inconcepibile a livello scientifico, e incomprensibile a livello filosofico, nonché drammatico sul lato spirituale.
Nel rapporto totalmente orizzontale inoltre nessuno di questi aspetti inoltre può reclamare un prius ontologico e nessuno di essi può essere un criterio di validità assoluto che dispone di un’autosufficienza, e allo stesso tempo nessuno di essi può essere dotato di un significato intrinseco e assoluto rimandando di nuovo gli uomini a guardare verso Dio, l’insostituibile.
Viviamo in un’epoca in cui, per dirla con Gottfried Benn, “non è lo spirito di Dio che aleggia sulle acque ma il nichilismo”. Privati del rapporto con Dio, il caos finisce per sopraffare ogni impresa umana e le nostre vite diventano simili al brulicare di insetti sul volto gelido di un universo senza senso. Torniamo dunque a rivolgere lo sguardo verso l’alto, ad accostarci umilmente alla realtà che ci trascende, a riscoprire nelle nostre vite l’amore dell’Essere di cui siamo partecipazione creata e finita.