di Luigi Cortese

Aboubakar Soumahoro torna a far parlare di sé. Certo non ne sentivamo la mancanza visto che abbiamo ancora fresco il ricordo di quell’ipocrita scenetta con la quale si presentò in parlamento con gli stivali infangati mentre la moglie era in giro a “manifestare” il suo “diritto all’eleganza”.

Soumahoro ha proposto di rendere “festa nazionale il Ramadan”, e l’ha fatto con questa dichiarazione: “Vorrei augurare dal profondo del cuore Eid Al Fitr Mubarak (Buona festa) a tutte le sorelle e a tutti i fratelli musulmani in Italia e nel mondo. Colgo l’occasione per comunicare che ho presentato una proposta di legge per rendere festivo il giorno dopo la fine del Ramadan, la festa di Eid Al Fit”

Secondo Soumahoro, già noto per aver creato il famoso “diritto all’eleganza”, “oltre a rispettare i principi della laicità dello Stato e della pluralità religiosa previsti dalla Costituzione, il Ramadan festivo sarebbe un modo concreto per riconoscere, aggiornare, adattare e armonizzare le leggi del nostro Paese con la realtà attuale e rinnovata. Infatti, l’Italia è cambiata, arricchendosi di pluralità, anche dal punto di vista religioso”.

Il buon Soumahoro in realtà ha messo l’accento su quello che è il vero fulcro della questione. Se la polemica sul Ramadan la contestualizziamo strettamente nella visione religiosa si rischia di farla diventare povera e sterile, ma se invece l’agganciamo al “cambiamento” della società che vogliono imporci, allora possiamo parlare di “sostituzione etnica”. Si: parliamo proprio di sostituzione del popolo, un problema che i nostri politici non vogliono affrontare.

Ma quello che deve far pensare è l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Che ha dato un significato molto più politico con la sua dichiarazione: “In occasione della fine del mese di Ramadan rivolgo un cordiale augurio ai concittadini e agli ospiti che professano la fede islamica in Italia, la Costituzione ci ricorda che tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”.

Ma sarebbe simpatico poter chiedere all’inquilino del Quirinale se la foto della donna che a Roma, precisamente all’Esquilino, prega in una specie di recinto lontana dagli uomini, rispecchia l’ordinamento giuridico italiano. Ma del resto, cosa potrebbe mai rispondere in un periodo in cui le donne italiane lottano contro il “patriarcato” e santificano la Cortellesi per quel film intriso di retorica femminista?

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