di Redazione
La dottoressa Maya Mitalipova , direttrice del Laboratorio di cellule staminali umane presso il Whitehead Institute for Biomedical Research del Massachusetts Institute of Technology, davanti a una commissione del Congresso degli Stati Uniti, ha denunciato chiaramente il traffico di organi che avviene in Cina, Paese che vanta il più grande database del DNA. Come si legge su BioEdge ha affermato:
“Se un potenziale donatore di organi non è in prigione o in un campo, le autorità cinesi possono facilmente trovare un motivo per trattenere una persona compatibile e ucciderla su richiestaper i suoi organi. Questo è il motivo principale per cui il governo cinese ha investito miliardi di dollari nel sequenziamento del DNA dell’intera popolazione dello Xinjiang e del Tibet. Perché in cambio ricaverà in modo esponenziale molti più miliardi di dollari all’anno”.
A dare manforte alla dottoressa anche l’ex capo cinese dei trapianti di organi per il ministero della Sanità, Huang Jiefu, che su The Lancet nel 2011 scrisse che circa il 65% dei trapianti in Cina attinge agli organi di donatori deceduti, ma che oltre il 90% di questi provenivano da prigionieri giustiziati. Altre testimonianze nel tempo hanno parlato di trapianti effettuati negli ospedali militari. Un inasprimento delle norme nei mesi scorsi in Cina tenta di rendere, almeno in superficie, più regolare la pratica. Ma il business è tale che è davvero difficile pensare di regolamentarlo. Secca la smentita di Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington: “La vendita di organi umani e i trapianti illegali sono severamente vietati” ha detto.