di Gloria Callarelli
Sappiamo oggi come la storia sia stata scritta dai vincitori. Sappiamo come certe ricostruzioni non vengano nemmeno prese in considerazione, perchè c’è un potere che gestisce anche ciò che storicamente deve essere saputo e tramandato. Eppure la storia, a volte, può essere molto diversa da come l’abbiamo studiata. Abbiamo intervistato Ruggiero Capone, giornalista e scrittore controcorrente, che si è documentato su un fatto storico il cui anniversario, centenario per la precisione, ricorre quest’anno: l’omicidio Matteotti. Forse la verità su quanto accadde, per la prima volta, la leggerete in questo articolo.
Esiste una storiografia nuova sull’omicidio Matteotti esattamente cento anni fa?
Vi è effettivamente una nuova versione storica e non giudiziaria dei fatti. Per capire la vicenda facciamo un preambolo. Nel 1911 l’Italia prese accordi con la Gran Bretagna per sottrarre la Libia alla Turchia. Nell’accordo l’impresa di Libia appariva come la conquista di uno “scatolone di sabbia”, terra brulla, desertica. Da non poterci fare nulla. Evidente il gioco della Corona Britannica: ben sapevano loro cosa si celava invece sotto il suolo libico: il petrolio. Prima come giornalista e poi anche come politico a capire e voler denunciare questo dato fu Giacomo Matteotti che scoprì il legame che univa la Gran Bretagna, la massoneria, i servizi e le multinazionali del petrolio, in particolare la Sinclair Oil. Un legame che molti notarono ma che solo Matteotti cominciò a indagare a fondo e portare avanti evidenziando come in questo modo l’Italia si mettesse al servizio della Corona. Le multinazionali, in realtà, avvicinarono Matteotti più di qualche volta, a seguito di questa sua attività. L’intento, ovviamente, era quello di farlo desistere.
Che persona era Matteotti?
Era un uomo battagliero, aveva rapporti con Mussolini e si battè per la normalità nel Paese durante il Biennio Rosso.
C’erano motivi per cui Mussolini lo volesse morto?
Assolutamente no.
Chi furono gli esecutori materiali?
Una macchina lussuosissima, una Lancia K, fu messa a disposizione (dalle multinazionali?) dei vari Dumini, Viola, Volpi, Malacria, Poveromo. Coloro, in altre parole, che rapirono Matteotti e che finirono per essere due di loro assolti, Malacria e Viola, mentre gli altri riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale. Dopo il 1926, in un secondo processo, vennero condannati Dumini, Viola e Poveromo. Gli altri coinvolti o avevano nel frattempo trovato la morte, oppure intervenne l’amnistia. Che persone erano? Tutti avevano un oscuro passato. Dumini, ad esempio, muore a Roma nel 1967. La madre aveva origini britanniche. Iscritto alla Massoneria, ebbe rapporti con alcune società della Corona inglese. Poveromo, macellaio, era uno violento. Anche lui fu condannato all’ergastolo. Su nessuno di loro, però, vi fu un’indagine vera e propria che approfondisse certe dinamiche. Nessuno pensò allora che quella di Mussolini fosse una posizione difficile. L’Italia (non scordiamolo ndr) era già sotto influenza britannica.
Mussolini cosa disse durante la famosa interrogazione parlamentare?
Prese le distanze dal fatto ma si prese la colpa di non aver capito chi erano queste persone vicine a lui coinvolte nella vicenda. Addirittura disse: “Avete gettato un cadavere sull’uscio della mia porta”. Capì in quel momento che vi era stata una trappola ordita ai suoi danni. A quel punto, pochi giorni dopo, Mussolini reagì molto duramente; impose le dimissioni alle persone coinvolte ed in particolare a Rossi, De Bono e Finzi. Quest’ultimo particolarmente legato a Dumini.
Mussolini quindi comprese effettivamente quello che avvenne.
Certo. Capisce che la Corona inglese stava facendo business in accordo con le massonerie e i servizi segreti. L’Italia non doveva sapere del petrolio che si celava sotto la sabbia libica.
E’ vero che Mussolini aiutò la famiglia Matteotti?
Assolutamente sì, fino alla fine, in particolar modo economicamente. De Ritis, già deputato socialista, con l’aiuto del cognato convinse la moglie di Matteotti, che era riluttante, ad accettarne il sostegno.
Mussolini volle unire fascismo e socialismo?
Certo, nella Repubblica sociale. Nel carteggio Churchill-Mussolini, il Duce scrisse che sapeva delle manovre che si stavano compiendo, che sapeva che dietro l’omicidio Matteotti vi erano nascosti i rapporti tra massoneria, servizi segreti e multinazionali britanniche. Scrisse che sapeva che Hitler aveva aggredito l’Unione Sovietica a causa dell’ingerenza britannica: c’erano rapporti tra Germania, Inghilterra e Usa. Basti pensare che l’ambasciatore Usa a Berlino nel Terzo Reich era allora il padre di Kennedy. Le diplomazie segrete, che operarono un vero e proprio doppio gioco, convinsero Hitler che il nemico da abbattere fosse Stalin il quale, suggerirono, un po’ come accade oggi con la Russia di Putin, avrebbe probabilmente rotto il patto Molotov-Ribentropp per espandere il suo dominio. Hitler non credeva a questa strategia ma fece un calcolo rapido: quello era un modo per concludere un accordo con l’Inghilterra e gli Usa. Questo portò Mussolini a confidare, nel carteggio, che avrebbe informato Stalin di questa ingerenza straniera. Con questo carteggio Mussolini firmò con tutta probabilità la sua condanna a morte.
Un carteggio famosissimo. Che non sappiamo dove sia finito e se arrivò mai a Stalin…
Avevano tutti paura che finisse a Stalin per tutto quello che emergeva da quelle carte…cosa che poi avvenne e pare che a consegnarglielo fu direttamente Mattei. Ma questa è un’altra storia…
sul sito di blondet articolo simile sul retroscena anglo americano del delitto Matteotti. ( ” volevano incolpare Giorgia del delitto Matteotti”).
Il delitto Matteotti è un caso , per certi versi , ancora aperto ,
ed ancor oggi discusso . Alcuni storici e studiosi dei giorni
nostri , sono convinti che presenti e celi ancora alcuni lati oscuri .
Mussolini , pur attribuendosi la responsabilità politica e morale del delitto, respinse , sempre , l’accusa di essere stato il mandante .
In effetti tale responsabilità non è stata mai provata , in nessuno dei tre processi per il delitto Matteotti ( 1925 ; 1926 ; 1947 ) , neppure in quello celebrato nel 1947 , quando ormai il Duce era morto e vi era un nuovo regime al potere : la repubblica antifascista e democratica . Anche se , su quest’ultimo procedimento giudiziario , alcuni storici hanno nutrito più di qualche riserva .
Altri storici , invece , hanno preferito guardare oltre il canale della Manica , e cercare colà un riscontro alle loro domande .
L’Inghilterra ebbe un ruolo ? E se lo ebbe quale fu ?
Alcuni dati raccolti , alcune testimonianze , ed in particolar modo , alcuni documenti rinvenuti negli Archivi Nazionali di Kew Gardens , gettano una nuova luce su alcuni aspetti del caso Matteotti , che la storia aveva mantenuto in penombra , o addirittura in piena oscurità .
Il primo personaggio che emerge è Emilio De Bono , uno dei quadrumviri ( gli altri tre erano: Italo Balbo , Cesare Maria De Vecchi e Michele Bianchi ) , della marcia su Roma (28 ottobre 1922) ma , anche massone , uomo di fiducia della Casa Savoia , divenuto poi ( non sappiamo , con certezza , quando e per quale motivo ) filobritannico , ed ancora , uno tra i più acerrimi sostenitori dell’Ordine Grandi ( 25 luglio 1943 ) ma . soprattutto , uomo di vertice , e diretto superiore di Amerigo Dumini , a sua volta capo del commando che eseguì il rapimento Matteotti . De Bono aveva custodito per anni documenti scottanti sul caso Matteotti , che tentò inutilmente di barattare con la sua vita , poco prima che venisse fucilato a Verona i’ 11 gennaio 1944 .
L’altro era Amerigo Dumini che , potrebbe aver giocato , forse , un ruolo chiave nell’omicidio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924 ) , più di De Bono .
Dumini , capo del commando ( gli altri componenti erano : Albino Volpi , Giuseppe Viola , Augusto Malacria e Amleto Poveromo ) ed autore del rapimento di Matteotti , era anch’egli un massone , iscritto alla Loggia Massonica Nazionale , con il grado di “Maestro” ma . cosa molto più importante , vantava rapporti con l’Inghilterra e con altre potenze dell’ex impero britannico più importanti di quelli di De Bono .
Dumini , infatti , era nato a Saint Louis (USA) nel lontano 1894 da Alfredo Dumini , mercante d’arte fiorentino e da Jessica Wilson , benestante rampolla di una ricca famiglia inglese . Le sue due sorelle , condussero a Londra , una vita molto agiata , un suo fratello si stabilì in Australia , dove divenne un ricco commerciante , ed un altro suo fratello , ingegnere alle dipendenze di alcune industrie navali , e specializzato in navi da guerra , lavorò a lungo nei cantieri navali militari statunitensi . Secondo Peter Tompkins ( esponente dell’OSS , ossia , Office of Strategic Service , quello che poi diverrà CIA ) , nel 1933 , temendo di essere abbandonato da Mussolini , l’uomo scrisse un dettagliato memoriale sulla vicenda Matteotti , che inviò a due suoi legali : uno in Inghilterra ed un altro negli USA . Dumini . però , non fu scaricato dal Duce , anzi , fu inviato in Libia dove nel 1941 , a Derna , cadde nelle mani inglesi . Fatto , così , prigioniero e condannato a morte , scampò ad una stranissima fucilazione e , dopo esser stato , stranamente , e solamente ferito , durante l’esecuzione , si diede ad una altrettanto strana e riuscitissima fuga . Nel 1943 ricompare , a Salò , nuovamente al fianco di Mussolini . Nel 1945 cadde ancora nelle mani degli Inglesi , fu processato poi , nel 1947 , per il delitto Matteotti , e fu quindi , in un primo momento condannato all’ergastolo , poi , in seguito la detenzione a vita gli venne commutata in 30 di carcere ed infine , a causa di un indulto , la pena fu totalmente annullata . Nel marzo del 1956 si iscrisse al MSI , morì poi , a Roma , nel dicembre del 1967 .
Tutti questi elementi su De Bono e Dumini ci conducono a formulare una semplice domanda : i due furono dei doppiogiochisti ? I dati snocciolati su De Bono ma , principalmente quelli su Dumini , danno adito , seppur con le dovute riserve , ad una risposta affermativa .
Focalizzando l’attenzione sulla strana fucilazione di Derna , più di qualche riserva potrebbe essere dissipata . Prima di quella dubbia esecuzione , Dumini fu condotto come prigioniero di guerra al Cairo , dove , probabilmente , barattò la sua incolumità in cambio di alcuni documenti preziosi custoditi dai suoi avvocati inglesi e statunitensi ,ed in più , assicurò , con molta probabilità , la sua collaborazione a Londra attraverso il Naval Service . Inoltre , non è da escludere , che la sua finta fucilazione , del 7 aprile del 1941 , avesse , tra gli altri , l’obbiettivo di allontanare da lui il sospetto che fosse divenuto un uomo dei servizi segreti britannici e che , nel contempo , la sua annunciata ma , fasulla morte , inducesse i suoi avvocati americani ed inglesi , a divulgare il suo memoriale , rovinando così Mussolini . Ma Churchill , informato , sulla macchinazione ordita dai suoi servizi segreti al Cairo , avrebbe stroncato il tutto sul nascere , temendo ripercussioni su Londra e sull’andamento della guerra . Questi accadimenti , in verità , non sempre sono soffolti da prove certissime ma , d’altro canto , non sempre la storia ci mette a disposizione la certezza assoluta . Non sappiamo quanta verità ci possa essere negli Archivi Nazionali Britannici di Kew Gardens e , soprattutto , non bisogna mai dimenticare che la storia la scrivono i vincitori , questo senza nulla togliere al lavoro di Mario Cereghino e Giovanni Fasanella che , nel 2011 , hanno fatto un buon lavoro sui documenti desecretati di Kew Gardens .
P. S . Purtroppo anche questa volta , per la fretta , non ho tempo di correggere gli errori .
In una intervista a “Storia Illustrata” se non erro nel 1986 il figlio di Matteotti assolve Mussolini del delitto del padre, la responsabilità diceva Matteo Matteotti è da ricercarsi negli ambienti vicino alla corona.