di Vincenzo Maida
Non passa giorno senza che dai Social Media e dai canali televisivi, esponenti del Centro-Sinistra sI sbraccino per sostenere o insinuare che con l’attuale governo ci sarebbe il rischio concreto di una involuzione anti democratica, di un pericolo non di un ritorno del Fascismo storico, ma quanto meno di un regime autoritario che sopprimerebbe gli spazi di libertà, di libera manifestazione del pensiero, delle contestazioni in piazza, etc. etc.
Si pone poi l’accento su di una presunta tutela da parte del governo di alcune categorie sociali appartenenti alla classa media di liberi imprenditori, a discapito di quelle a reddito fisso e ai pensionati che non possono eludere le tasse.
Si tratta di una opposizione sterile, non credibile, fuori dalla realtà, inconsistente, ed infatti da tutti i sondaggi emerge una sostanziale invariabilità del consenso ai partiti con l’unico dato significativo dell’aumento dei non votanti. Il governo Meloni, infatti, va criticato per ben altro: in primo luogo per la mancanza effettiva di qualsiasi cambiamento su diversi fronti della vita pubblica, di cui brevemente segnaliamo alcuni. In Italia ormai su di una popolazione che non arriva più neanche a 60 milioni di residenti, ci sono poco meno di 15 milioni di ultrasessantacinquenni. Molti di loro vivono soli e in condizione di salute precaria. A prendersi cura di quelli non autosufficienti provvedono le badanti, che quasi sempre vengono dai paesi dell’est europeo, dal sud america o dal Marocco e dalla Tunisia. Il governo Meloni non ha posto in essere nessuna politica sociale adeguata per affrontare il problema che è destinato ad allargarsi.
La disoccupazione giovanile cresce, eppure si potrebbero porre in essere provvedimenti a costo zero per affrontare il problema. Mancano, ad esempio, migliaia di infermieri e di medici negli ospedali e sul territorio. L’accesso a tali professioni avviene ancora a numero chiuso e sono stati annunciati solo timidi e pasticciati provvedimenti, mentre continuano ad arrivare professionisti dall’estero, persino da Cuba, come è successo in Calabria.
La legge sull’apertura di nuove farmacie è ferma da decenni per cui c’è chi ingrassa con lauti guadagni, mentre i nuovi laureati se non sono figli di farmacisti o non posseggono ingenti risorse per rilevarne una già esistente, o restano disoccupati oppure nella migliore delle ipotesi sono destinati a fare altri lavori o i dipendenti di quelle già esistenti. Basterebbe raddoppiare le licenze già esistenti per creare qualche migliaia di nuovi posti di lavoro. Un timido tentativo lo fece il governo Bersani, ma dovette arrendersi agli interessi di casta, ripiegando sulla possibilità di aprire le para-farmacie. Esse sono sempre di più penalizzate dal governo in carica, senza che l’opposizione dica una sola parola. Ricordiamo per inciso che il sottosegretario alla sanità del governo Meloni è un titolare di farmacia in Puglia.
Una volta c’erano le scuole di arti e mestieri che andrebbero ripristinate, mancano infatti tanti artigiani in diversi settori della vita pubblica. Anche i notai sono a numero chiuso, un’altra casta di intoccabili, anche in questo caso sarebbe sufficiente raddoppiarli o triplicarli per creare migliaia di posti di lavoro. Anche in questo caso un timido tentativo di riforma è stato bloccato sul nascere dalla casta interessata, mentre a volte un atto di compravendita costa di spese notarili di più del bene che passa di proprietà.
Sull’ordine pubblico, che soprattutto nelle grandi città, è ormai uno dei problemi più significativi, non si registrano provvedimenti importanti del governo Meloni per rendere vivibili alcune aree metropolitano più a rischio.
Le carceri sono super affollate e invivibili con un alto numero di suicidi, anche o soprattutto a causa della presenza di un 30 per cento circa di detenuti stranieri. Vale a dire di una percentuale molto al disopra di quelli residenti in Italia. Anche su questo fronte il governo Meloni è immobile.
Potremmo continuare ad elencare le tante cose che potrebbero essere fatte a costo zero o comunque a costi sostenibili e rispetto alle quali non si registrano cambiamenti significativi. E intanto si continua a pasticciare con provvedimenti improvvisati e retromarce che danno l’idea di quanto dilettantismo ci sia a livello governativo, come ha dimostrato la vicenda relativa al “redditometro”, mentre non si riesce ad andare a recuperare risorse dalle banche e dalle grandi catene delle multinazionali. Altro che pericolo “fascismo” o “autoritarismo”, il vero pericolo è la conservazione dello status quo, mentre le decadenza della società procede inarrestabile.
Quando destra e sinistra fanno parte dello stesso sistema, in questo caso della cosiddetta ” Unione Europea”, a nulla serve recriminare su scelte o promesse non mantenute. Entrambi i fronti possono muoversi solo rispettando gli stretti vincoli a cui sono, volentieri o nolenti, assoggettati.
D’accordo con l’analisi di Maida e con la conclusione dell’articolo: “… la decadenza della società procede inarrestabile”. E allora, cosa dovrebbe fare l’Italia per sfuggire a un destino di decadenza, per non diventare un Paese di vecchi e, in prospettiva, scomparire come civiltà?
Per prima cosa dovrebbe uscire dall’Unione Europea e dall’eurozona, perché all’interno dei parametri di Maastricht e senza sovranità monetaria non è possibile impostare alcuna politica di lungo respiro. Poi dovrebbe attuare, senza badare a spese, una politica che si articoli su tre linee:
1) incentivi straordinari alla natalità (ad esempio, le famiglie italiane con più di tre figli non devono più pagare le tasse, qualunque sia il loro reddito);
2) riportare a casa, offrendo incentivi adeguati, tutti i nostri giovani che se ne sono andati all’estero perché il nostro Paese non gli offriva nessuna opportunità;
3) favorire l’immigrazione di persone di origine europea, di religione cristiana e auspicabilmente latine. Questo è un punto delicato ed è bene chiarirlo. L’immigrazione di persone non compatibili con la nostra identità culturale (soprattutto facenti parte di popoli islamici, ma anche di popoli molto diversi da noi, come ad esempio i cinesi) rappresenta una minaccia. Al contrario, una minoranza allogena, ma molto simile per etnia, religione e cultura, può essere tranquillamente assorbita nel medio/lungo periodo senza creare particolari problemi e senza snaturare l’identità della nazione accogliente.
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