di Gloria Callarelli (Netanyahu, al centro, in un recente incontro. Foto: Kobi Gideon, L.A.M.)

Il Mossad ha spiato in questi anni la Corte Penale Internazionale che indagava sui crimini di guerra di Israele: l’operazione aveva come scopo bloccare o contrastare l’indagine che la Corte stava portando avanti insieme ad operatori palestinesi. L’inchiesta è del The Guardian, in collaborazione con +972 Magazine e Local Call.

Da quello che si apprende nell’inchiesta, ad essere sorvegliati, dal 2015, sono stati il procuratore capo della corte Karim Khan, il suo predecessore Fatou Bensouda e dozzine di altri funzionari della Corte penale internazionale e delle Nazioni Unite, oltre ai dipendenti di quattro organizzazioni palestinesi per i diritti umani.

Come riferisce il “The Guardian” Israele ha condotto una propria operazione parallela alla ricerca di informazioni compromettenti su Bensouda. La quale, per altro, è stata anche avvicinata nel tentativo di “manipolarla” a favore di Israele. Secondo quanto si apprende, “Bensouda e il suo staff senior sono stati allertati dai consiglieri per la sicurezza e tramite canali diplomatici che Israele stava monitorando il loro lavoro. È stata prestata attenzione a non discutere di determinati argomenti in prossimità dei telefoni”. E’ stata nominata quindi una task force da parte israeliana nel tentativo di confutare a l’Aja il dossier palestinese. Gli avvocati hanno anche cercato di sostenere che la Corte Penale non avesse giurisdizione per indagare sulle azioni di Israele, dal momento che Israele non è uno stato membro della corte, mentre la Palestina non è un membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.

A partecipare all’operazione tutto il governo israeliano, con in particolare ovviamente il presidente Netanyhau che pareva “ossessionato” da questa indagine della Corte sui crimini di guerra israeliani. A far tremare, naturalmente, l’immagine che ne sarebbe uscita di Israele, da sempre intoccabile e protetta dall’algoritmo dell’antisemitismo.

Si legge nell’inchiesta come “Secondo le fonti, gli obiettivi primari della sorveglianza erano quattro organizzazioni palestinesi per i diritti umani: Al-Haq, Addameer, Al Mezan e il Centro palestinese per i diritti umani (PCHR). Addameer ha inviato appelli alla Corte penale internazionale riguardo alle pratiche di tortura contro prigionieri e detenuti, mentre gli altri tre gruppi hanno inviato numerosi appelli nel corso degli anni riguardo alle iniziative di insediamento israeliano in Cisgiordania, alle demolizioni punitive di case, alle campagne di bombardamento a Gaza e a specifiche questioni politiche e militari israeliane di alto livello”.

I tentativi degli israeliani di fermare le accuse non hanno dato esito positivo, dato che nel 2021 si è ritenuto di procedere con l’apertura di un’indagine formale in quanto secondo la Corte tanto Israele quanto Hamas stavano commettendo crimini di guerra. Israele ha quindi tentato di bloccare l’indagine appellandosi al principio di “complemetarietà” ovvero “un caso è inammissibile davanti alla Corte penale internazionale se è già oggetto di un’indagine approfondita da parte di uno Stato con giurisdizione su di esso”.

Khan, che ha sostituito Bensouda, dopo il 7 ottobre ha inasprito la sua posizione inizialmente più cauta nei confronti di Israele e con il grave attacco a Rafah la situazione è degenerata convincendolo a spiccare i mandati di cattura a Netanyahu e Gallant responsabili di “sterminio, fame e attacchi deliberati contro i civili”.

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