La situazione non poteva iniziare peggio, ma è andata decisamente peggio. Alla vigilia della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, un evento cruciale per il futuro del Paese, si è dimesso Mustafa Nayyem, il direttore dell’agenzia di Kiev responsabile dell’organizzazione del summit e della guida della riedificazione del Paese. Le dimissioni, annunciate tramite un post su Facebook, arrivano in un momento di massima criticità per l’Ucraina e pongono seri interrogativi sulla gestione del processo di ricostruzione.
La decisione di Nayyem è stata provocata dalla revoca del suo permesso di viaggio a Berlino, dove si tiene la conferenza. Nayyem, noto giornalista di origini afghane cresciuto in Ucraina, è diventato una figura di rilievo durante le proteste di piazza Maidan. Nominato capo dell’Agenzia di ricostruzione dell’Ucraina la scorsa estate, Nayyem ha criticato duramente il presidente Volodymyr Zelensky nel suo post di dimissioni, lamentando ostacoli burocratici e tagli ai salari dei dipendenti, con un funzionario anziano che guadagna solo 320 euro al mese. Questa situazione ha causato la fuga di circa un quarto dei dipendenti dall’inizio dell’anno.
La gestione della crisi da parte del governo ucraino è stata ulteriormente complicata dal mancato pagamento di una rata di 150 milioni di euro per un prestito della Banca europea d’investimento, decisione che getta un’ombra sul futuro finanziamento della ricostruzione. Le dimissioni di Nayyem rappresentano un disastro comunicativo per l’Ucraina, amplificando le critiche già esistenti sull’accentramento del potere nelle mani del presidente Zelensky e sulla crescente corruzione.
Questo evento si inserisce in un contesto di instabilità istituzionale, evidenziato anche dalle recenti dimissioni del ministro delle Infrastrutture, Oleksander Kubrakov, sotto il quale si trovava l’agenzia di Nayyem. La decisione dell’esecutivo di escludere Nayyem dalla conferenza di Berlino sarà difficile da spiegare al cancelliere Scholz, che ha invitato oltre 70 capi di Stato all’evento.
Nonostante questi problemi, l’Italia, rappresentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, conferma il suo impegno con 2,1 miliardi di euro stanziati per sostenere il bilancio ucraino e rinnovare le infrastrutture. Tuttavia, questa decisione solleva pesanti dubbi. L’impiego di risorse finanziarie così ingenti per un Paese la cui gestione interna appare caotica e corrotta è davvero giustificabile? Non sarebbe forse più saggio riconsiderare tale impegno fino a quando l’Ucraina non avrà dimostrato una maggiore stabilità e trasparenza?
Gli Stati Uniti hanno sottolineato più volte che, sebbene abbiano sostenuto lo sforzo bellico, la ricostruzione deve essere un compito europeo. Tuttavia, l’adesione di Kiev all’Ue come modo per far fluire i capitali verso l’Ucraina sembra, al momento, un rischio più che un’opportunità. Bruxelles potrebbe trovarsi a fare i conti con un nuovo grande mercato, sì, ma anche con un fardello di corruzione e inefficienza.
La gestione inefficace e le lotte interne mettono in discussione la capacità dell’Ucraina di affrontare le sfide della ricostruzione. Se queste problematiche non verranno risolte, il futuro del Paese potrebbe essere compromesso nonostante l’impegno internazionale. Prima di investire miliardi in un progetto di ricostruzione, la comunità internazionale dovrebbe pretendere riforme concrete e una chiara dimostrazione di capacità gestionale da parte del governo ucraino. Altrimenti, si rischia di sprecare risorse preziose senza ottenere risultati tangibili.
Credo che sia del tutto inopportuno parlare di ricostruzione dell’Ucraina nel momento in cui l’Occidente preme per un’escalation del conflitto e si mostra sordo a qualunque richiesta di trattativa con la Russia. E, d’altronde, come può la Russia negoziare con dei personaggi che sono sempre venuti meno alle promesse che avevano fatto, dagli accordi di Minsk, sistematicamente violati dal governo di Kiev su istigazione degli Stati Uniti, agli accordi di Istanbul del marzo 2022, fatti saltare dall’allora premier britannico Boris Johnson?
Ammiro la prudenza e i nervi saldi di Putin, che ha sempre lasciato aperta la strada al negoziato, e per questo non ha mosso le proprie armate verso Odessa, privando l’Ucraina dello sbocco al mare e distruggendone ogni possibilità di sviluppo economico. Ma temo che Washington e Londra scambino la ragionevolezza per debolezza, temo che solo l’uso dell’arma nucleare tattica in Ucraina possa indurle a prendere sul serio le istanze russe.
Nel frattempo, ottima la mossa russa di mandare sottomarini nucleari verso Cuba, al limite delle acque territoriali USA, dotati di missili ipersonici che potrebbero raggiungere in pochi minuti i centri militari e civili più vicini alla costa americana. Un chiaro messaggio ai falchi statunitensi che pensano di allargare il conflitto ucraino ai paesi europei senza subire conseguenze in casa propria.
Altrettanto notevole, se attuato concretamente, quanto annunciato da Putin al Forum economico internazionale di San Pietroburgo: la Russia si riserva il diritto di fornire armi a lungo raggio ai paesi minacciati dagli USA e dai suoi alleati in risposta alle forniture di armi a Kiev.
come si fa a finanziare ancora un paese che fino al 2014 era nella top fine x la corruzione in Europa, che ha un zelensky che ha finito il mandato e se ne fotte dopo aver fregato( a meno che non sia una recita) kolomoyski oligarca corrotto e corruttore che lo ha tirato su dal nulla.
e noi gli si dà pure soldi?
top five e non fine .