L’ascesa di Giorgia Meloni al potere in Italia è stata contrassegnata da sfide e difficoltà significative sul fronte internazionale. Nonostante gli sforzi della premier per affermarsi come una leader forte e influente, le sue azioni e le reazioni degli altri leader europei rivelano una realtà ben diversa, fatta di isolamento e debolezza politica.
Lunedì 17 giugno Meloni ha partecipato a una riunione informale dei membri del Consiglio europeo, dove inizieranno le trattative per i ruoli apicali dell’Unione. Nonostante le sue dichiarazioni di successo riguardo al G7 tenutosi a Borgo Egnazia, la realtà delle dinamiche politiche è ben diversa. La premier italiana ha cercato di posizionarsi come una figura di rilievo, sostenendo l’importanza dell’Italia nei ruoli chiave dell’Unione. Tuttavia, le parole del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha definito Meloni come rappresentante “dell’estrema destra dello spettro politico“, dimostrano una netta opposizione nei suoi confronti. Scholz ha chiaramente indicato che non intende costruire maggioranze diverse da quelle tradizionali democratiche, escludendo di fatto Meloni e il suo governo.
Le tensioni con Emmanuel Macron, presidente francese, aggiungono ulteriori ostacoli per Meloni. Durante il G7 Macron non ha nascosto le sue differenze con la leader italiana, soprattutto in materia di diritti. Questa frattura è stata ulteriormente evidenziata dall’esclusione di Meloni dall’incontro tra Scholz, Macron e Ursula von der Leyen, segnalando una mancanza di considerazione per l’Italia nella formazione delle future alleanze europee.
La strategia di Meloni di puntare tutto sull’immigrazione si è rivelata controproducente. Sebbene abbia cercato di promuovere il “Piano Mattei” come una soluzione accolta con favore dai leader del G7, non è riuscita a ottenere impegni concreti. Questo approccio, centrato su un tema che non è prioritario per la nuova Europa, rischia di isolare ulteriormente l’Italia. Anche l’inclusione di papa Francesco al G7, una novità per il gruppo dei sette, non ha rafforzato la sua posizione come sperato.
Il futuro politico di Meloni all’interno dell’UE rimane incerto. Davanti a sé ha due strade: cercare di allinearsi con una coalizione pro Ursula von der Leyen per ottenere qualche ruolo di rilievo oppure abbracciare un approccio sovranista, rischiando l’isolamento. Entrambe le opzioni presentano rischi significativi e richiedono decisioni strategiche complesse. La possibilità di ottenere un portafoglio di peso come l’Alto commissariato per la politica estera sembra remota, data l’opposizione interna all’UE.
In definitiva, la leadership di Giorgia Meloni è caratterizzata da un crescente isolamento e da difficoltà nel creare alleanze efficaci a livello internazionale. Le sue scelte strategiche e le tensioni con gli altri leader europei complicano ulteriormente la sua posizione, rendendo difficile ottenere il riconoscimento e l’influenza che desidera per l’Italia nell’Unione Europea. Inoltre, la sudditanza mostrata da Meloni nei confronti del presidente americano Joe Biden sottolinea ulteriormente la sua debolezza. Nonostante le dichiarazioni di sostegno a Kiev, l’influenza di Biden sulle decisioni relative al prestito per l’Ucraina e la mancanza di una posizione autonoma dell’Italia indicano una dipendenza politica che limita ulteriormente la capacità di Meloni di affermarsi come leader indipendente e rispettata a livello internazionale.
Conosceremo , fra non molto , il vero “peso” della Meloni
in Europa , quello che lei avrà saputo trarre
e quello che gli altri le consentiranno di trarre .
Sicuramente , potrà far pesare la sua carica di capo del governo del terzo Paese dell’Unione Europea ed il suo ruolo nell’ECR che , la porterebbe a divenire l’anello di congiunzione tra un pezzo del PPE della tedesca Ursula von der Leyen e la destra sovranista della francese Marine Le Pen e dell’olandese Geert Wilders . La Le Pen potrebbe , ulteriormente acquisire “peso” dopo le elezioni francesi del 30 giugno e del 7 luglio , anche se sarà Macron , è bene precisarlo , il suo interlocutore francese in Europa e , fra i due i rapporti non sono eccellenti , come non sono idilliaci con il cancelliere tedesco Scholz , e che , se entrambi riuscissero a formare un’alleanza a lei ostile , la potrebbero relegare ad un ruolo di spettatrice . Lei , di contro , potrebbe trovare appoggi nell’Ungheria , nella Repubblica Ceca , nella Finlandia e nella Croazia e , forse , nella Svezia , e forse anche , nel fiammingo Bart de Wever , se riuscisse ad andare al governo , visto che ha ottenuto già l’incarico dal Re del Belgio . Ma , in tutta questa ipotetica girandola di nomi, non bisogna dimenticare che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare . Dunque , la Meloni dovrebbe e potrebbe ambire ad uno o più portafogli di peso , ci riuscirà ? Se si presenterà il caso , appoggerà la von der Leyen ? Oppure , in ogni caso , Francesi e Tedeschi , con i loro alleati , le sottoporranno un pacchetto già preconfezionato , con la dicitura prendere o lasciare?
Considero le questioni che riguardano la Meloni e il suo governo solo in termini di interesse nazionale, cioè di tutto quanto concorre alla sicurezza economica, sociale e territoriale del nostro Paese. L’atteggiamento tenuto da Scholz e Macron nei confronti della premier Meloni conferma che cercare di farsi benvolere dagli euroinomani è tempo perso. Conferma, altresì , che la NATO, al pari dell’UE, non solo non è in grado di garantire il nostro interesse nazionale, ma lo minaccia gravemente. Con la guerra sul pianerottolo di casa nostra, cosa dovrebbe fare il governo Meloni al netto dei giochi di potere in sede europea? Anziché proporre, come ha fatto al G7, un prestito di 50 miliardi di dollari all’Ucraina garantito dai profitti dei depositi russi sequestrati nelle banche occidentali, dovrebbe dire chiaramente che l’Italia non è più disposta a dare alcun sostegno economico e militare a Kiev, che non concederà mai l’uso di basi sul territorio italiano per compiere atti ostili alla Russia, né tantomeno manderà un nostro soldato o un nostro aereo in Ucraina. Ovviamente, nell’ipotesi del tutto improbabile che il governo Meloni dovesse prendere una simile posizione, la premier e i suoi ministri rischierebbero di andare incontro a “tragici incidenti”, “inspiegabili suicidi” e “attentati terroristici” del sempreverde ISIS.