di Maria Federico
La politica delle lobbies del WEF oggi impone l’estremizzazione del concetto di libertà al fine di dematerializzare il concetto di famiglia definito da una mamma ed un papà. La famiglia rappresenta, per chi vuole stritolare la società odierna nei tentacoli del controllo assoluto, l’ultimo fortino da abbattere. Quel luogo in cui esiste la consapevolezza delle proprie origini, delle proprie tradizioni, delle storie tramandate che ricordano il passato ed identificano il futuro delle nuove generazioni, è il concetto che deve essere abbattuto e soverchiato dal pensiero unico.
Come quindi rendere docili le nuove generazioni? Distruggendo la figura genitoriale che rappresenta la sicurezza e la sua stessa autodefinizione nella società. L’approccio è la strumentalizzazione dei diritti. Prima con il diritto della donna ad abbattere il ruolo dell’uomo sotto ogni aspetto perfino nella scelta alla vita di suo figlio, mentre per minare la figura paterna ecco estremizzare il patriarcato e creare la figura del papà cattivo e prepotente. Questo, però, non basta. L’intera famiglia deve essere spazzata via ed ecco che la manipolazione deve iniziare dai bambini attraverso il simbolo innocente dell’arcobaleno che non è più fautore di unicorni o favole ma di una lobby strumentalizzata ad hoc per estremizzare una tematica che esiste da millenni. I bambini vengono coinvolti in un mondo che non compete alla loro età, dove il gay pride gli viene presentato come una allegra carnevalata, un gioco di travestimenti succinti in cui al posto della bambola o macchinina si ritrovano tra le mani un fallo di silicone.
La strumentalizzazione crea continue vittime. Le femministe che starnazzano per diritti già acquisiti, gli LGBT che manifestano per una riconoscenza già in atto dagli albori della nostra storia e i bambini che si ritrovano in un mondo in cui le loro certezze vengono sbriciolate in nome di un potere in mano a pochi pazzi indemoniati. Una deriva che va fermata con la forza delle idee e della ragione, oltre che, evidentemente, anche con quella spirituale.
La genderizzazione della società (occidentale) è un attacco alla vita che colpisce soprattutto i più piccoli e i più deboli. Le nuove generazioni vengono educate a cambiare sesso, corpo, famiglia, luogo d’origine, valori di riferimento. Tutto dev’essere transitorio, mutevole, indefinito; tutto dev’essere artificiale e quindi manipolabile. Questa ideologia del nulla avvelena le anime e produce esseri umani confusi, fragili, con un’identità incerta, senza saldezza morale né legami stabili. Questa nuova tirannia, però, si presenta con la retorica della libertà, dell’autodeterminazione, dei diritti, della salute; ma è proprio con questa retorica che si convincono alcuni adolescenti di essere nati in un corpo sbagliato e che il sesso si può cambiare, che li si sterilizza con i bloccanti della pubertà e li si sottopone a trattamenti ormonali e chirurgici devastanti.
Oggi dobbiamo combattere per affermare l’ovvio: per dire che i sessi sono due, che un uomo è un uomo e una donna è una donna, che il sesso è il primo riconoscimento che abbiamo di noi stessi e che non si può cambiare. Ma, soprattutto, dobbiamo far capire a quei fottuti attivisti transgender, transumani e transqualcosa che devono lasciare in pace i bambini!