di Luigi Cortese

L’Unione Europea ha lanciato un nuovo ultimatum al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: l’Italia dovrà attuare ulteriori tagli al bilancio. Questa richiesta arriva mentre la Commissione Europea ha messo sotto procedura per deficit non solo l’Italia, ma anche Francia e altri cinque Paesi. Per Bruxelles, il deficit italiano sarà superiore a quanto previsto dal governo, e per la manovra di bilancio mancano almeno 20 miliardi di euro.

L’Italia è nuovamente sotto il mirino di Bruxelles, insieme a Francia e altri cinque Paesi. Nel frattempo, altri cinque stati membri sono stati “perdonati” per violazioni minori. La Commissione Europea ha proposto l’apertura della procedura di infrazione, che sarà ratificata dal Consiglio UE a luglio. Nonostante l’Italia non sia più considerata in una situazione di “squilibri macroeconomici eccessivi“, il suo alto debito e la bassa produttività la collocano tra i sette Stati con problemi di “convergenza sociale“.

Questa ennesima richiesta di sacrifici arriva in un momento in cui le regole fiscali sono appena cambiate e l’esecutivo UE è in scadenza. Le raccomandazioni specifiche per ciascuno Stato arriveranno in autunno, ma già domani i ministri delle Finanze dell’UE riceveranno le direttive tecniche necessarie per mettere i conti pubblici su un sentiero di riduzione del deficit e del debito.

La previsione di Bruxelles richiede una correzione di bilancio dello 0,5-0,6% annuo del PIL nell’arco di un piano settennale, pari a circa 10-12 miliardi di euro l’anno. Questo scenario implica una stretta significativa del bilancio pubblico, o austerità, per i prossimi anni, ammesso che le stime del governo siano corrette.

Le stime della Commissione, tuttavia, dipingono un quadro più pessimistico. Il prodotto nominale italiano è stimato essere un punto percentuale inferiore rispetto alle previsioni del governo per il biennio 2024-2025, il che significa un deficit e un debito più elevati. Inoltre, la Commissione prevede che il debito tornerà a crescere a un ritmo molto più alto di quanto previsto dal governo, fino a raggiungere il 168% del PIL nel 2034, rispetto al 137% attuale.

Di fronte a queste previsioni, il governo Meloni sarà costretto ad attuare una politica di austerità ancora più severa di quanto già promesso. La Commissione insiste che sarà necessario un maggiore consolidamento fiscale per assicurare che il rapporto debito-PIL resti su un sentiero di discesa.

La risposta dell’Italia è stata finora timida e passiva. Il governo prevede un deficit al 4,3% del PIL per quest’anno e al 3,7% per il prossimo, ma la Commissione stima che nel 2025 sarà già al 4,7%. Questa discrepanza si traduce in 20 miliardi di euro di cosiddette “politiche invariate”, necessarie per confermare misure come il taglio del cuneo fiscale e gli incentivi alle imprese. Per finanziare queste politiche, il governo dovrà trovare nuove entrate o tagliare ulteriormente altrove.

Nel frattempo, la Commissione continua a promuovere le magnifiche opportunità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e delle riforme connesse, sottolineando che senza questi fondi il PIL italiano crescerebbe meno del previsto. Tuttavia, senza quei soldi, l’Italia dovrebbe tagliare ancora il deficit, deprimendo ulteriormente la crescita economica in un circolo vizioso ben noto in Europa.

È evidente che l’UE continua a imporre una politica di austerità senza considerare pienamente le conseguenze economiche e sociali di tali misure. Ma il vero problema è l’atteggiamento del governo Meloni, che sembra incapace di difendere gli interessi del Paese. Invece di opporsi fermamente alle richieste di Bruxelles, il governo si piega e accetta ulteriori sacrifici che colpiranno duramente i cittadini.

Questo non è solo un problema economico, ma un attacco diretto alla sovranità nazionale dell’Italia. L’UE sembra determinata a dettare le regole del gioco, limitando la capacità del nostro Paese di decidere autonomamente le proprie politiche economiche. E mentre Bruxelles impone tagli e austerità, chi si preoccupa delle ripercussioni sui servizi pubblici, sull’occupazione e sul benessere generale della popolazione?

Il governo dovrebbe alzare la voce e difendere l’Italia, ma fino ad ora ha scelto la strada della sottomissione. A quale costo? La domanda resta aperta, mentre il dibattito sull’efficacia delle politiche di austerità continua. Ma una cosa è certa: l’Italia ha bisogno di un governo che sappia dire “no” quando necessario e che metta al primo posto gli interessi dei suoi cittadini, piuttosto che quelli di Bruxelles.

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