di Gloria Callarelli
Cattolico, antiabortista, contro le politiche LGBT, contro l’invio di armi in Ucraina. Quello di JD Vance, scelto da Trump quale suo vice nella corsa alla casa Bianca, è l’identikit perfetto del tradizionalista antiglobalista. Il sogno americano, inoltre, fatto di carne e riscatto sociale.
Vance, infatti, viene da una situazione difficile: viene da una famiglia disagiata, colpita da povertà, alcol e droghe. Una delle tante famiglie di bianchi sopraffatte dalla crisi industriale, dal razzismo al contrario, che protegge neri e ispanici e lascia nell’abbandono, appunto, i bianchi. Una delle tante storie di difficoltà sociale vissute negli USA della Pennsylvania, dell’Ohio, del Wisconsin. Vance da ex marine, con enormi sacrifici, si laurea a Yale e da lì comincia la sua carriera, spinta anche da qualche magnate di successo, vedi il fondatore di Paypal Peter Thiel (che contrariamente a quanto trapela sui social sembra anch’egli cristiano), che lo vede prima diventare senatore in quella stessa terra, l’Ohio, in cui è nato e poi vice di Trump.
Perchè Vance è la scelta che ci fa confidare nella vittoria del Bene sul Male? Perchè è nomina simbolica ed è anche il profilo giusto al momento giusto: uno che non ha paura di parlare di pace, di piani “complottisti”, e se negli Stati Uniti da sempre uno deve fare i conti con le lobby e con il sostegno incondizionato a Israele, Vance a tratti accondiscende, ma nei fatti non ha avuto paura di mettersi al fianco di chi veniva accusato di “antisemitismo” (e non ha avuto paura di non firmare leggi liberticide in tal senso), come non ha avuto paura di denunciare il traffico di donne mandate ad abortire con il sostegno del magnate ebraico Soros e soprattutto di parlare delle terre martoriate in Palestina da cristiano, facendo riferimento a nostro SIgnore e criticando la politica dell’interminabile conflitto nel Vicino Oriente. Buone premesse, dunque, per un approccio diverso rispetto alla visione distruttiva sionista.
La pallottola che solo per miracolo ha tagliato l’orecchio all’ormai futuro presidente anzichè trapassargli il cranio, è stata spostata dalla mano di Dio. Trump ha il dovere ora, molto più di prima, di rendere conto del suo operato. E, col senno di poi, forse, doveva esserci ancora per incoronare il suo successore, che per inciso è il secondo vicepresidente cattolico della storia statunitense, e dare un messaggio chiaro al mondo. Un messaggio di speranza che deve partire da una terra, gli Stati Uniti d’America, emblema di quel mondo nelle sue fondamenta corrotto, globalizzato e globalizzante che è saturo di Male ma che, proprio per questo, oggi, ha un disperato bisogno di ritornare alla Verità. E vedrete: se Dio vuole, sarà così.
Se fossi statunitense voterei per Trump senza esitazioni perché sono sicuro che proporrà condizioni accettabili dalla Russia per la fine del conflitto in Ucraina, ma invito tutti a non farsi illusioni sulla questione Israele/Palestina. E’ stato Donald Trump, durante la sua presidenza, a riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato d’Israele; è stato lui, insieme agli israeliani, a uccidere il generale iraniano Soleimani; e sempre lui, nel 2020, aveva proposto un piano, il “piano Kushner”, che sarebbe stato la pietra tombale sulla causa palestinese, perché dava il via libera ai sionisti per consolidare l’occupazione della Cisgiordania e mirava a far accettare tale situazione ai paesi arabi in cambio di miliardi di dollari.
Sulla base di tali precedenti e sul suo silenzio assordante riguardo al genocidio di Gaza (primo genocidio commesso all’epoca dei social, che viviamo in diretta, in tempo reale), credo di poter dire che, molto più che dal suo vice Vance (peraltro ben allineato con Israele), sarà il suo genero, ebreo e falco sionista, Jared Kushner, che porterà la futura amministrazione Trump a eseguire i diktat israeliani.
in teoria dove abbonda il male, sovrabbonda la grazia. dovrebbe.