di Cris Baldelli

C’è molta confusione su quella che è la politica del “dissenso” e della lotta di popolo. Veniamo da anni difficili, sia per quello che sono stati i rigurgiti della dittatura sanitaria, sia per quella che è la situazione attuale nel mondo: si parla di una terza guerra mondiale ormai imminente, nuove forme di pandemie pronte ad arrivare, digitalizzazioni che andranno a sostituire l’essere umano in tutte le sue forme ed una parte di mondo che non è più in grado di accettare le sfide che ha davanti. Tempi difficili sia per chi ha avviato un’opposizione di piazza radicale, nazionalista e popolare ma anche per coloro che una volta si chiamavano “compagni”. Questi ultimi (è propio il caso di dirlo) sono rimasti sempre più orfani e privi di contenuti…e quando non si produce più nulla di innovativo si è soliti a spingere per settori morti o addirittura totalmente funzionali al sistema (la storia delle ultime elezioni credo che sia d’esperienza per tutti). Venivamo tutti da anni molto complicati ma che avevano quasi un vento a favore: perché le piazze erano sempre piene, c’era voglia di stare insieme, manifestazioni ed assemblee continue…un nuovo modo di immaginare quello che si volesse. Ma ora il vento a favore si è affievolito e di conseguenza fare le cose da soli diventa molto più difficile. In mezzo a tutto questo caos però sembra esserci qualche realtà sociale e culturale che resiste e che propone qualcosa di totalmente nuovo. Già il nome è abbastanza curioso: “Socit”. Ma di che cosa si tratta? Già dal loro sito troviamo queste parole: “Una realtà giovanile nel vero senso del termine…” Fahrenheit2022 è andata allo scoperto di questa realtà così curiosa e forse propio per questo così affascinante.

Giovanni Amicarella, segretario del Socit, benvenuto. Innanzitutto vorrei chiedere: che cos’è il SOCIT? Come nasce? Da chi nasce? E quali sono i vostri obbiettivi?

Il Socit è un’organizzazione politico-culturale che nasce da un gruppo estremamente sparuto di discussione, dal vivo, che oggi è una rarità, di ragazzi di vent’anni disillusi dalle idee politiche professate dalla politica borghese, leggasi parlamentare. Col tempo ha avuto modo di crescere decisamente in consistenza numerica ed ideologica, mantenendo quella radice di studenti e lavoratori giovani delusi dal sistema attuale come perno. Il nostro obiettivo risponde a tre parole che ci fanno da motto: socialismo, patriottismo, rivoluzione. Credere in un sistema che abbia il lavoratore al centro, nella necessità di liberare l’Italia sia dal lucro che ne fa la borghesia sia dall’imperialismo estero, portare un cambiamento sociale radicale e non fine a sé stesso.

Socit è un nome un po’ curioso e fa pensare tante cose…a questo punto vi chiederei se siete marxisti oppure no…siete una realtà di sinistra?

Socit è un nome provocatorio e sarcastico, che nasce da un gioco di parole basato su 1984. La propaganda antisocialista vorrebbe vedere sistemi oppressivi in qualsiasi cosa non sia il liberalismo, per puro gusto provocatorio abbiamo scelto per l’appunto l’abbreviazione di Socialismo Italico più simile al regime orwelliano. Sicuramente abbiamo alla base una concezione marxista, basti pensare alla lotta di classe, ma siamo stati sempre fortunatamente abbastanza “eretici” da arrivare alla conclusione di dover aggiornare le fondamenta ideologiche ai tempi che corrono ed alle condizioni attuali (che sarebbe la condizione fondamentale del marxismo, ma non lo andate a dire ai puristi). La definizione “di sinistra” ad oggi ha completamente perso qualsiasi significato, forse in un altro contesto storico ci saremmo definiti tali, oggi ci limitiamo a dirci socialisti.

Collaborereste, in nome di una causa importante come potrebbe essere quella anti green pass, con forze magari ideologicamente opposte alla vostra?

È una domanda complessa, perché qualsiasi collaborazione presuppone alla fin fine delle condizioni. Localmente stiamo collaborando con diverse realtà sia politiche che culturali, ma abbiamo anche rifiutato collaborazioni svantaggiose per quanto ci riguarda, basti pensare a realtà che puntano a fare l’unità su presupposti fallimentari, come detto in precedenza, o quelle morenti che cercano nella collaborazione un appiglio pur di non accettare la loro condizione. Penso che non ci sia un mettere da parte le bandiere, quanto da unire anche le bandiere diverse che genuinamente portino avanti gli stessi obiettivi. Come abbiamo fatto in altre occasioni e come faremo ancora quando servirà.

In un periodo storico in cui i giovani sono sempre più distanti dal mondo della politica e qualora si interessano lo fanno quasi più per “moda” o seguendo sirene sbagliate…voi che idea vi siete fatti?

La nostra generazione, come tutte le generazioni arrivate con un’età venti o trent’anni sull’orlo del precipizio, ha in mano le sorti del paese. Ed è una verità incontrovertibile, di cui sono perfettamente a conoscenza tra le file delle classi dirigenti. Mentirei se dicessi che noto disinteresse verso il nostro progetto politico, in questi quasi tre anni abbiamo mantenuto un’età media molto bassa, quasi quella di una giovanile, nonostante la crescita decisa. Penso che per alcuni, vedendo progetti fallimentari di giovanili altrui, sia la scusa perfetta: non attiriamo giovani perché i giovani sono disinteressati. Per quelli della nostra generazione che ancora sono titubanti, col tempo arriverà la condizione di svegliarsi dal torpore senza dubbio.

Ci si avvicina sempre di più verso una terza guerra mondiale. La vostra posizione in merito a tutti questo? Come la vedete su UE e NATO?

Era inevitabile che si sviluppasse un conflitto di tale portata dopo le provocazioni della NATO verso Est, Ucraina e Taiwan sono state comode basi di lancio di campagne di provocazione sempre più accese. Lungi dall’essere russofilo o sinofilo, tali feticismi li vedo risibili, resta tuttavia una realtà oggettiva la ricerca da parte della NATO di uno scontro acceso.
Da programma, siamo per l’uscita dall’UE e dalla NATO, quello che ci distingue dagli altri con i medesimi obiettivi è il credere nella necessità di edificare strutture analoghe nella sfera mediterranea, di modo che tali uscite (dalla nostra ne seguirebbero altre) non si trasformino in tragici tentativi di ottenere un alito di sovranità nazionale.

Lavoro e reddito…due cose che sembrano in miraggio in Italia e vengono utilizzati quasi più come una “marchetta” che come un diritto fondamentale per l’essere umano. Che ne pensate?

Lavoro e reddito sono destinati a rimanere miraggi, finché non saranno posti come perno principale della questione nazionale. Ad oggi la concezione del lavoro, anche da un’ottica di classe, è una mera spremitura del lavoratore, un’alienazione dello stesso dal sociale in favore dell’arricchimento altrui e non per il proprio benessere. Già a livello costituzionale, che si dica nell’articolo uno “fondata sul lavoro” è una solenne leggerezza, che tradisce una visione morbida in merito. La Repubblica dovrebbe avere al centro i lavoratori, non un astruso concetto di lavoro, e la loro rappresentanza politica non dovrebbe essere delegata a politici “di professione”.

Per anni è stata sbandierata la Costituzione italiana come panacea di tutti i mali eppure sembra quasi che se siamo arrivati ad un binario morto in questo paese è perché essa stessa l’ha consentito. Ha ancora senso parlare di Costituzione? Se la risposta è “si” pensate ancora che sia “la più bella del mondo”?

Se dovessi credere alla sacralità della carta, dovrei credere anche all’oroscopo. La costituzione è un malloppo di carta, nato dal tradimento di diverse idee per cui si è sparso sangue per volontà di pacificazione tra le parti. Non poteva che venirne fuori un documento vago, dal precedente citato articolo uno, alla negazione della guerra come strumento di risoluzione (che però viene fatto comunque), dalla partecipazione del lavoratore nella produzione (mai chiarito in che forma). Non è la più bella del mondo, è forse la meno peggio. Chi feticcizza la carta o la venera, è da compatire per come la penso io. Una costituzione del genere è incapace di sopperire alle necessità odierne del paese, della sua classe lavoratrice e dei suoi interessi nazionali, non manca mai di dimostrarlo.

Un’analisi sul governo Meloni.

È un governo di rappresenta borghese, come lo furono gli scorsi, tecnici o non tecnici. Non vedo sorpresa nell’inottemperanza a certi impegni presi, trovo scarna la strategia internazionale per quanto concerne l’Africa, e come indicato in altre dichiarazioni mezzo stampa, penso che l’inchiesta plateale (al limite del teatrale) di FanPage se la siano montati a tavolino, al pari della giovanile del PD che ogni tanto dice qualcosa su Stalin, nella speranza di tornare al bipolarismo a colpi di nostalgia. Patrioti sì, ma degli Stati Uniti e di Israele, non dell’Italia.

Che cos’è il popolo? È una massa o un qualcosa di vivo?

Un popolo è un’insieme di identità etno-culturali, che si va a formare nel corso di lunghissimi periodi storici, qualcosa di estremamente vivo. Anche qui spesso ci si trova davanti al parodistico: c’è chi nega che ci siano popoli ed identità, addirittura bollando come “borghesi” le istanze di autodeterminazione e liberazione nazionale, e chi pensa solo al popolo in generale quasi come se al suo interno non vi fossero stratificazioni in classi. Il meglio del popolo è sempre nella sua classe lavoratrice, incontaminata per la maggior parte dalle derive esterofile e detentrice della capacità che serve per rivoluzionare il paese. Deve solo prendere coscienza di sé, della propria condizione di classe.

Obbiettivi e progetti futuri?

Il 27 luglio chiudiamo questo primo triennio con diversi obiettivi concreti già raggiunti: siamo riusciti a crescere in numero, in qualità di contenuti offerti, in termini di attività pratiche, nell’editoria, nei rapporti internazionali. Abbiamo già attirato le antipatie di coloro che, tentando di ostacolarci, ci hanno regalato loro militanti. L’obiettivo è arrivare alla condizione pratica di una progressiva dissoluzione delle realtà scarne e con idee vecchie, auspicabilmente continuando il processo già innescato, ed il supporto a coloro che riconoscono in ambito culturale e politico la volontà di rinnovare. Il manifesto programma che abbiamo in preparazione sarà la linea di demarcazione definitiva fra gli “uomini soli” con sigla, i residuati idelogici, e noi.

 

 

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