Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, ha tenuto un discorso davanti al Congresso degli Stati Uniti che è stato accolto con applausi entusiasti da parte dei repubblicani, ma anche con significative defezioni e proteste da parte dei democratici. Il suo intervento, per molti versi controverso, ha messo in evidenza la posizione bellicosa di Israele e la sua chiara opposizione a qualsiasi progresso verso una pace duratura in Medio Oriente.
Retorica bellicista e accuse di barbarie
Netanyahu ha esordito con una retorica fortemente bellicista, citando Winston Churchill e dichiarando: “Dateci i mezzi più velocemente e finiremo il lavoro più velocemente”. Ha dipinto il conflitto non come uno scontro di civiltà, ma come una lotta tra civiltà e barbarie, sottolineando la necessità di una stretta alleanza tra Stati Uniti e Israele per sconfiggere il nemico comune. Questa narrazione non solo esacerba le tensioni, ma ignora completamente le legittime aspirazioni dei palestinesi per autodeterminazione e giustizia.
Indifferenza verso gli ostaggi
Mentre i parenti degli ostaggi rapiti speravano di sentire parole di conforto e aggiornamenti sui loro cari, Netanyahu ha preferito focalizzarsi sull’Iran e sulla guerra. Questo ha lasciato molti con l’amaro in bocca, percependo una mancanza di empatia e attenzione verso le vittime dirette del conflitto.
Il rifiuto della pace e l’accusa alla CPI
La posizione di Netanyahu su Gaza è rimasta invariata: una vittoria totale contro Hamas come unica strada per una futura convivenza con i palestinesi. Questa linea dura si traduce in una perpetuazione del conflitto piuttosto che in una ricerca di soluzioni negoziate. Inoltre, il primo ministro ha accusato la Corte Penale Internazionale di “legare le mani” a Tel Aviv, un’affermazione che riflette la sua avversione a qualsiasi forma di scrutinio internazionale sulle azioni israeliane nei territori occupati. Questa ostilità verso la CPI evidenzia il rifiuto di Israele di accettare responsabilità per le violazioni dei diritti umani.
La divisione del congresso e le proteste
Il discorso ha diviso profondamente il Congresso americano. Mentre i repubblicani hanno accolto Netanyahu con sette minuti di applausi e numerosi interventi di supporto, molti democratici, inclusi figure di spicco come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, hanno disertato l’evento in segno di protesta. Questi democratici hanno partecipato a eventi paralleli promuovendo la pace e opponendosi all’invio di ulteriori armi a Israele. La presenza di manifestanti fuori dal Congresso, molti dei quali etichettati da Netanyahu come “utili idioti di Teheran”, ha sottolineato la crescente opposizione alla politica israeliana sia negli Stati Uniti che a livello globale.
Trump e l’apertura di una crepa nei rapporti
Anche tra i sostenitori di Netanyahu, il sostegno incondizionato sembra vacillare. Durante un incontro privato con Donald Trump a Mar-a-Lago, è emerso che l’ex presidente potrebbe non aver stretto la mano al primo ministro israeliano. Questo gesto, se confermato, rappresenterebbe una significativa rottura nel consueto protocollo diplomatico e potrebbe riflettere una crescente frustrazione anche tra i tradizionali alleati di Netanyahu.
Un futuro incerto per la pace in Medio Oriente
Il discorso di Netanyahu al Congresso non ha fatto nulla per avvicinare una soluzione pacifica al conflitto israelo-palestinese. Al contrario, ha ribadito una posizione intransigente che vede nella forza militare l’unica risposta possibile. Questo approccio non solo ignora le sofferenze dei palestinesi, ma rischia anche di alienare ulteriormente Israele sulla scena internazionale.
La pace in Medio Oriente richiede dialogo, compromesso e un riconoscimento delle legittime aspirazioni di tutte le parti coinvolte. Finché i leader come Netanyahu continueranno a promuovere una retorica di guerra e a rifiutare la responsabilità delle proprie azioni, la prospettiva di una pace duratura rimarrà un miraggio lontano.
Molto più della presunta mancata stretta di mano con Donald Trump, è significativo l’entusiasmo con cui i parlamentari repubblicani hanno accolto il premier israeliano, a conferma del fatto che, anche se Trump ridiventasse presidente, la politica statunitense in Medio Oriente non cambierebbe se non in peggio.
Nel suo discorso al Congresso, pur senza chiederlo esplicitamente, Netanyahu ha, di fatto, invitato gli Stati Uniti a entrare in guerra contro l’Iran. Non credo che gli USA, dominati dalla lobby ebraica/sionista, abbiano gli anticorpi necessari per resistere a certi “inviti”.
Se la Russia e la Cina vogliono evitare che l’Iran venga attaccato o, se attaccato, sia in grado di difendersi efficacemente e infliggere dure perdite al nemico, è necessario che lo riforniscano subito, senza badare a spese, delle armi più letali di cui dispongono, incluse quelle atomiche.
Concordo con Massimo di cui sopra. L’Iran avrebbe bisogno anche dell’atomica. Peccato che la linea politico-religiosa, fino ad ora glielo abbia paradossalmente impedito,puntando tutto sulla capacità difensiva della produzione militare nazionale,soprattutto facendo leva sulle potenzialità di armi non convenzionali. Quel messaggio di pace di cui la produzione militare e il progresso delle forze militari dell’Iran è portavoce, e di cui parlava anche il grande Ahmadineijad, fino ad ora ha funzionato nel rallentare la progettata aggressione da parte sionista, anche se ci hanno provato in maniera non convenzionale con la guerra alla Siria, ed insieme alle vipere arabe(tranne il Qatar) nemiche dell’Iran. L’aiuto delle altre superpotenze, anche atomiche, come Russia e Cina è stato di grande importanza strategica. Bisogna sperare che qualcuno distrugga definitivamente il progetto sionista di aggressione alla storica nazione degli ariani.
su questo antisemitismo non vi seguo. israele è un paese che vuole ancora vivere, al contrario dell’occidente oramai in piena decadenza
Israele è un paese coloniale, razzista e genocida che, dalla sua costituzione, pratica una feroce politica di discriminazione, spoliazione, deportazione e annientamento nei confronti dei palestinesi, che sono una popolazione araba, quindi semita (giusto per capire dove sta l’antisemitismo).