di Vincenzo Maida
La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione, recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie. Le sanzioni contro gli abusi e le inefficienze nella gestione delle liste tornano in capo alle Regioni, mentre il ministero della Salute potrà intervenire con poteri sostitutivi in caso di ritardi e inadempienze regionali.
I punti essenziali sono i seguenti.
- Se le prestazioni non vengono erogate nei tempi previsti dalle classi di priorità, le aziende sanitarie garantiscono al cittadino la prestazione in intramoenia o attraverso il privato accreditato. Il cittadino pagherà solo il ticket se già dovuto. Visite ed esami potranno essere erogati anche il sabato e la domenica, prolungando la fascia oraria. Per evitare abusi dell’attività in intramoenia le ore di attività libero professionale dei medici non dovranno eccedere quelle dell’attività ordinaria. Il direttore generale dell’Asl verificherà il rispetto fino alla sospensione dell’intramoenia.
- Nasce presso l’Agenas (l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) la Piattaforma nazionale per le liste d’attesa. L’obiettivo è disporre per la prima volta di un monitoraggio in tempo reale dei tempi di erogazione prestazione per prestazione in tutte le Regioni. Scatta poi il divieto di sospendere o chiudere le agende delle prenotazioni (con tanto di sanzioni aumentate), mentre i direttori generali saranno valutati anche in base alle performance delle Asl sui tempi di attesa. Prevista anche una flat tax al 15% sugli straordinari di medici e infermieri (oggi il fisco preleva oltre il 40%).
- Scatta l’obbligo di un Cup (il Centro unico di prenotazione) unico regionale o intraregionale con tutte le prestazioni disponibili del pubblico e del privato convenzionato (oggi è presente in poche Regioni). Divieto per gli ospedali di sospendere o chiudere le attività di prenotazione (agende). Il Cup attiva un sistema di recall al cittadino per evitare il fenomeno delle prestazioni prenotate e non effettuate (accade nel 20% dei casi). Il cittadino che non effettua la visita o l’esame prenotato senza preavviso, dovrà pagare ugualmente il ticket.
- Un emendamento approvato in commissione Sanità del Senato riscrive l’articolo 2 sui controlli nella gestione delle liste d’attesa da parte delle Asl. Il ministero della Salute non potrà infatti più intervenire direttamente sanzionando gli ospedali che fanno aspettare troppo i cittadini per ricevere le cure. I controlli sulla corretta gestione delle liste d’attesa resteranno infatti in capo alle Regioni – in particolare ai «Ruas», i nuovi responsabili unici regionali dell’assistenza sanitaria – e solo in caso di ritardi e gravi inadempienze potranno scattare i poteri sostitutivi di Roma, con il nuovo Organismo di vigilanza da istituire al ministero che non potrà più svolgere funzioni di polizia.
In alcune regioni il Cup unico è già presente, così come le prestazioni in intramoenia, etc., ma i tempi di attesa sono ugualmente lunghissimi.
Nessun accenno è contenuto nel provvedimento all’appropriatezza delle prescrizioni da parte dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, né al fatto che molto spesso i medici specialisti ospedalieri utilizzano il loro ruolo pubblico per drenare utenza per i loro studi privati, dove molto spesso svolgono attività al “nero”.
L’unico ad essere ancora una volta sanzionato e penalizzato è il cittadino che, se per un motivo qualsiasi è impedito il giorno fissato a recarsi presso la struttura sanitaria dove ha prenotato, dovrà ugualmente pagare il ticket. Ma, ci chiediamo, nel caso in cui è esente, è prevista una sanzione?
Dei previsti ospedali di comunità, con i medici di famiglia centralizzati e attrezzati per effettuare anche esami diagnostici e visite specialistiche, non si fa alcun cenno nel decreto. Essi invece potrebbero rappresentare un valido filtro per ridurre le liste di attesa.
Tra qualche tempo si potrà verificare quali effetti concreti il provvedimento ha avuto.
Da un’analisi attenta delle disposizioni, ci sembra di poter dire che, nonostante la buona volontà, esso è del tutto insufficiente. È il modello sanitario che va cambiato potenziando la medicina territoriale e riservando gli ospedali e la specialistica alle acuzie.