di Luigi Cortese

La politica estera dell’Italia sotto il governo di Giorgia Meloni sembra essere sempre più caratterizzata da un preoccupante isolamento e da un servilismo verso potenze straniere, che rischia di compromettere seriamente gli interessi nazionali e la credibilità del nostro paese sulla scena internazionale.

Un esempio lampante di questa deriva è l’accettazione acritica dell’aumento delle spese militari fino al 2% del PIL, obiettivo imposto dai vertici della NATO. Sebbene Meloni abbia cercato di giustificare questa decisione come un impegno ereditato dai governi precedenti, la sua adesione incondizionata alle richieste di Washington rivela una mancanza di autonomia e di visione strategica. In un momento in cui l’Italia affronta sfide economiche e sociali interne significative, destinare risorse preziose al riarmo rappresenta una scelta miope e dannosa.

La posizione della Meloni sulla guerra in Ucraina è altrettanto discutibile. Continuare a sostenere in modo incondizionato Kiev e negare la possibilità di una vittoria russa come “fake news” non solo riflette un allineamento acritico con la propaganda occidentale, ma ignora anche le complesse dinamiche geopolitiche in gioco. Questa postura non fa altro che alimentare un conflitto devastante, invece di promuovere soluzioni diplomatiche e negoziate.

La recente nomina di Javier Colomina come inviato speciale della NATO per il Mediterraneo, a scapito dell’Italia, è un ulteriore affronto che evidenzia l’incapacità del governo Meloni di far valere le proprie prerogative all’interno dell’Alleanza Atlantica. La speranza che il successore di Jens Stoltenberg, l’olandese Mark Rutte, possa cambiare questa decisione appare come un’illusione debole, sottolineando ulteriormente l’isolamento del nostro paese nelle dinamiche decisionali della NATO.

Sul fronte del Medio Oriente, la politica della Meloni nei confronti di Israele e Palestina è ugualmente preoccupante. L’appoggio incondizionato a Tel Aviv, nonostante i massacri in corso a Gaza, rischia di isolare l’Italia a livello internazionale. È ora di adottare una posizione più equilibrata e coraggiosa, che riconosca i diritti del popolo palestinese e lavori per una soluzione pacifica e giusta del conflitto.

In conclusione, è urgente un cambio di rotta. L’Italia deve smettere di essere un mero esecutore di ordini altrui e ritrovare una propria indipendenza e autorevolezza in politica estera. È necessario promuovere un ruolo attivo nei colloqui di pace per l’Ucraina, coinvolgendo tutte le parti in causa, compresa la Russia, e cercando soluzioni diplomatiche che possano porre fine a un conflitto disastroso. Allo stesso modo, l’Italia dovrebbe abbandonare il sostegno acritico al governo israeliano e impegnarsi per una Palestina libera e senza il giogo dell’occupazione israeliana.

Solo attraverso una politica estera autonoma e orientata alla pace, l’Italia potrà aspirare a essere protagonista di un mondo più giusto e sicuro, ridando dignità e prestigio al nostro ruolo internazionale.

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