di Simone D’Aurelio

Se c’è qualcosa che mi preoccupa è la fine dei significati che colpisce l’Europa contemporanea: ogni elemento della società infatti sta lentamente evaporando per diventare un surrogato del mercato, o in alternativa si trasforma in un’antitesi utile per la relativizzazione di ogni cosa. Partendo dal principio, dobbiamo ricordarci che il primo elemento che ha un significato intrinseco indipendente, assoluto, atemporale e trascendente è Dio. Possiamo dire che è giusta l’intuizione del cardinale Caffarra quando parlò di Dio come di un’ente che è essenzialmente-significato (1), perché essendo la fonte dell’essere può dare un colore, un tono e un senso ad ogni altra cosa ed esserlo intrinsecamente.

Se il mondo viene visto nei termini del creazionismo allora l’universo e l’umanità, il bene e il male, le azioni e i concetti sono collegati a dei “perché”, e in seguito anche a dei “come”; nel panorama cattolico infatti il vivere e il morire, le immagini e i simboli, il riposo e la fatica, le unioni e la solitudine, il sacro e il profano, il tempo particolare e l’eternità hanno un loro senso, è una visione che è organizzata intorno al significato, e questo scenario si replica (in parti minori a mio avviso) nello sfondo religioso in linea generale.

L’universo materialista invece in linea di massima prova a spiegare tutto il reale con dei “come” ovvero tramite la sola riflessione scientifica, oppure tramite le sue più forti ideologie (il marxismo riduceva ogni visione immanente in un rapporto di forza); questa dimensione gnostica, prima ha proclamato per due secoli la supremazia dell’uomo e la sua centralità (dalla rivoluzione francese fino alla metà del novecento) poi si è accorta che i suoi postulati non sono in grado di espletare in modo lineare il reale, e così tutta la letteratura, l’arte e la filosofia in seguito ci hanno parlato di un
mondo postmoderno dominato dall’acatalessia, e della fine dei significati.

La dimensione contemporanea neoliberale per ridarsi del lustro ci mostra oggi delle finte traiettorie di progresso, di libertà e di felicità che sono tutte orizzontali, gnostiche e artificiali, e che in realtà rappresentano una nuova caverna di Platone. Una prigione dove ogni tipo di concetto sta diventando aleatorio in favore di una società che è sempre più plasmata dall’uomo ed è progressivamente più aliena e nemica dell’umanità stessa. Si guardi al sesso, che svuotato di ogni suo fondamento è visto come una pratica commerciale (Onlyfans) o come semplice divertimento: la sua concezione in una parentesi più ampia è logicamente esclusa dalla catena dei perché.

Possiamo pensare anche al bene e al male, oggi diventati calcolo, o possiamo riflettere sull’ipocrita e stupido moralismo totalmente incoerente che ha rimpiazzato l’etica e i suoi significati, ma lo svuotamento di senso tocca anche i fini, non è un caso se questa è l’epoca del feticismo dei mezzi, primi tra tutti il denaro, le auto, e il materialismo in generale.
La fine dei concetti attraversa l’essere umano che ripiega nel bisogno di tatuarli sulla pelle per provare a comunicarli all’esterno, ma anche la vita che è uno dei pilastri assoluti collegati alla catena dei perchè è diventato un elemento contingente, tanto che l’aborto è ormai un elemento primario dell’Europa.

Sullo sfondo, non c’è solo questo, quello che è ancora più terribile è che tutte le leggi, le iniziative e le filosofie progressiste sono actio in distans per la fine di ogni significato, perché ad esempio l’uguaglianza assoluta predicata in termini orizzontali dal mondo neoliberale rende l’uomo e la donna due semplici ingranaggi intercambiabili nel mercato; anche la maternità non è più da considerarsi un mistero e una grazia, quanto piuttosto un prodotto commerciale, mentre la natura umana, staccata dal riflesso divino è diventata assolutamente relativa, fluida, piena di asterischi. Se perde vigore la res cogitans, non è da meno la res extensa: le relazioni ormai rinunciano alla loro tensione infinita diventando contratti a progetto privi di qualsiasi vero collante, le figure di riferimento primarie (madre, padre, insegnante) si trasformano in degli anonimi accompagnatori, le realtà culturali millenarie vengono asfaltate dalla cancel culture, gli enti e le aziende storiche piene di fini e di significato vengono comprate e svendute alle holding il cui unico fine è il profitto, mentre l’idea di un’Italia e dell’essere italiani nelle sue radici finisce per lasciare il posto a uno strano e indefinito europeismo.

Si perde di vista anche il morire che si insedia all’interno di un darwinismo sociale diventando poi l’ultimo atto in una civiltà del non-senso mentre il dolore è esorcizzato e incompreso. Nel contesto si chiede anche agli psicologi di trovare dei significati assoluti per ogni singolo che poi dovrebbe scoprire il modo di armonizzarli in una collettività totalmente scollegata da qualsiasi senso comunitario. Questo bilancio triste è accompagnato dalla lingua inglese, molto povera di significati rispetto ai termini polisemantici dell’antichità, mentre la scomparsa delle materie umanistiche e religiose dagli atenei viene soppiantata dalle materie tecniche che aiutano così la creazione di un uomo e una società totalmente disperata, anonima, individualista e insignificante.

(1) vedi: “Verità e libertà: dimora della persona”, Carlo Caffarra, Cantagalli, 2019

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