di Vito Comencini

Che le forze globaliste stiano “mettendo in campo” i sistemi più infami, vili e spietati per colpire chi si oppone alla deriva guerrafondaia, è un dato ormai assodato. Basti pensare al tentato omicidio del Presidente della Slovacchia Robert Fico, ma anche ai più o meno velati tentativi di colpire mortalmente il Premier ungherese Viktor Orban e molti altri ancora, fino ad arrivare al gravissimo attentato subito da Trump, che è sopravvissuto probabilmente solo per miracolo. Azioni criminali che tracciano un solco sempre maggiore tra chi vorrebbe un Mondo Multipolare e chi invece non vuole accettare tutto ciò e vorrebbe mantenere in piedi un Ordine Mondiale, che fa ormai acqua da tutte le parti. Per riuscire nel loro obbiettivo sono così disposti a tutto, colpendo persone ma anche “cose”, come è accaduto con l’esplosione del Nord Stream, che doveva unire inesorabilmente la potenza industriale tedesca e quella energetica russa. A questi “fattacci”, seguono quindi i depistaggi, le accuse assurde ed i vari tentativi di insabbiare tutto, anche attraverso la censura, grazie al quasi totale controllo dei media occidentali. Metodi vecchi, ma mani sporche uguali o molto simili a quelle che abbiamo visto e sentito agire tante volte anche in Italia, con le note “stragi di mafia”, l’attentato a Enrico Mattei, il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, la bomba sull’Italicus, la strage di Bologna ecc… L’elenco è molto lungo e non relegato alla storia, ma di grande attualità, scaturendo un’enorme sete di verità. Le azioni e le metodologie sono evidenti che non si limitano a tutto ciò, soprattutto nell’era di internet, dell’intelligenza artificiale e delle “guerre informatiche”.

Non ci sarebbe perciò nulla di cui stupirsi, se queste ultime riguardassero anche i sistemi elettorali, che ormai in molti paesi sono poco o tanto, totalmente o in parte appunto informatizzati. Tutto ciò sia per ciò che riguarda il così detto “voto elettronico”, sia per la “gestione informatica dei dati elettorali”. I rischi di errori o, meglio ancora di brogli, sembra perciò più che fattibile, anche per qualunque persona non esperta della materia. Uno dei casi che fu sollevato con grande forza, fece grande clamore e suscitò un lunghissimo filone di polemiche, arrivando persino nelle aule dei tribunali, è quello che è avvenuto negli Stati Uniti D’America con le elezioni presidenziali nel 2020. Per diversi mesi Donald Trump ed i suoi più forti sostenitori, sollevarono gravissime accuse di brogli elettorali, sia per ciò che riguardava il così detto “voto postale”, sia per presunti brogli informatici sui risultati elettorali. L’accusa sorta in quelle fatidiche ore tra il 3 e il 4 novembre 2020, fu innanzitutto quella di un hackeraggio dei dati elettorali, la notte delle presidenziali, spostando milioni di voti verso Biden.

Immersi nella nuova sfida elettorale che questa volta vedrà Trump sfidare la Harris, dopo il ritiro di Biden, la memoria sui fatti di quattro anni fa, sembra essere svanita quasi del tutto. Noi invece vogliamo rispolverare quel ricordo, anche perché quelle frenetiche notizie toccarono prepotentemente anche l’Italia. Infatti, il commentatore tv Bradley Johnson, dichiaratosi un ex agente della CIA, sul network Oann lanciò l’accusa sulle “elezioni rubate” al presidente Donald Trump. In tal senso faceva però seguito all’account americano Blu Sky Report, con più di 46mila followers, che era uscito con il Tweet: “Tutte le strade portano a Roma. L’Italia ha interferito con le elezioni americane”. Da lì iniziarono ad uscire i nomi dell’ex presidente americano Obama e abbastanza sorprendentemente dell’ex premier italiano Matteo Renzi, quali presunti soggetti coinvolti in questa presunta operazione fraudolenta. Secondo queste accuse Matteo Renzi sarebbe stato il “grande architetto” dietro le elezioni presidenziali “rubate” al presidente Donald Trump. Il leader di Italia Viva avrebbe quindi tramato d’accordo don Barack Obama, attraverso l’utilizzo dei satelliti militari italiani. Un’ipotesi impressionante, che ha visto naturalmente i media occidentali accorrere a definirla semplicemente una “bufala”. L’account Blu Sky Report però, citando sempre Johnson, tirava in ballo un altro grande personaggio italiano, il generale Claudio Graziano, allora presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea (EUMC). Con quest’ultimo venne puntato così il dito anche contro l’Azienda italiana di Stato Leonardo, che gestisce un importante satellite militare.

La teoria si sviluppa quindi con un “misterioso uomo” del dipartimento di Stato americano, presente all’ambasciata USA a Roma, la notte tra il 3 e il 4 novembre 2020. Attraverso la gestione del satellite militare, proprio in Italia sarebbero stati creati algoritmi per spostare i voti da Trump a Biden, dopo che un “sistema di hackeraggio” sarebbe stato invece smascherato a Francoforte, in Germania. In questo caso la truffa elettorale doveva consistere nel truccare in gran segreto la conta dei voti, inserendosi nel server ufficiale delle elezioni, Dominion.

Le notizie rimbalzano anche in Italia, superando le varie censure, attraverso “canali d’informazione antisistema”, come lacrunadellago.net, che chiama in causa anche l’allora ambasciatore americano in Italia Lewis Eisenberg. Il diplomatico americano viene definito “ex membro della Goldman Sachs” e ritenuto vicino alle “lobbies neocon sioniste, feroci nemiche del presidente Trump, per il suo pinao in corso per il ritiro dell’esercito americano in Medio Oriente”. Secondo il blog, è perciò proprio a Roma, che sarebbero stati creati “nuovi algoritmi”. Nel frattempo, negli Stati Uniti l’ex consigliere alla sicurezza Michel Flynn, rincarava la dose di accuse verso Roma: “Abbiamo registrato interferenze da Cina, Serbia, Italia, Spagna e Germania”. In merito a Matteo Renzi, va ricordato che il suo presunto coinvolgimento da parte degli americani, non sarebbe nuovo: nell’ottobre del 2019 era infatti stato accusato da George Papadopoulos, ex consigliere di Trump, di aver cercato di sabotare il presidente, con l’aiuto di Obama. Ritornando però alla Leonardo, va specificato che questa si sarebbe avvalsa di “Prisma”, il satellite italiano lanciato dall’Asi (Agenzia spaziale italiana) nel marzo 2019.

E sarebbe in tal senso che venne tirata in ballo la grande figura di prestigio del generale Claudio Graziano, che, come detto, era a capo del Comitato Militare dell’Unione Europea. Ma cos’è esattamente e di quali poteri è dotato questo Comitato, di cui probabilmente la gran parte dei cittadini europei ignorano l’esistenza? L’EUMC è stato istituito dal Consiglio Europeo attraverso la decisione n. 79/2001 PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune UE) il 22 gennaio 2021. Si tratta del massimo organismo militare istituito nell’ambito del Consiglio. In particolar modo le sue funzioni sono di: dirigere tutte le attività militari nel quadro dell’Unione Europea, in particolare la pianificazione e l’esecuzione delle missioni e operazioni militari nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) e lo sviluppo delle capacità militari; offre consulenze militari al Comitato politico e di sicurezza (CPS) e formula raccomandazioni su questioni militari.

Giustamente va spiegato anche cos’è il Comitato politico e di sicurezza, il quale è infatti responsabile della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC). L’EUMC è composto dai capi di stato maggiore della difesa degli Stati Membri, abitualmente rappresentati dai rispettivi rappresentanti militari permanenti. Il presidente dell’EUMC è un presidente permanente, selezionato dall’EUMC riunito a livello di capi di stato maggiore della difesa e nominato dal Consiglio.

Insomma: il Generale Graziano ricopriva un ruolo di assoluta importanza, responsabilità, rischio e delicatezza. Ripercorrendo quindi brevemente la sua carriera: nato a Torino nel 1953, Graziano ha frequentato l’Accademia Militare di Modena, continuando quindi la specializzazione in ambito militare. Dopo varie missioni nel 2005 è divenuto comandante della “Brigata multinazionale Kabul” in Afghanistan, con la responsabilità operativa nella provincia di Kabul fino al 6 febbraio 2006, mentre era già avanzato al grado di generale di divisione il 1° gennaio precedente. Il 27 gennaio 2007 ha quindi ricevuto la nomina a comandante della forza e capo della missione UNIFIL in Libano, per decisione del segretario generale delle Nazioni Unite, con responsabilità anche della componente civile. Questa prestigiosa posizione è stata mantenuta per tre anni, fino al 10 febbraio 2010, quando è stato nominato capo di gabinetto dell’allora Ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Il 14 ottobre 2011 arriva l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Difesa e poi il comando delle forze armate italiane dal febbraio 2015 al novembre 2018. Infine, l’esperienza come presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea, prima di Fincantieri. Un curriculum di tutto rispetto ed una carriera straordinaria, fino a quando Claudio Graziano è stato trovato morto in casa a Roma a Porta Metronia, con accanto una pistola ed un biglietto di addio lo scorso 16 giugno. A trovarlo senza vita è stato un carabiniere della sua scorta, che aveva le chiavi di casa del Generale, mentre sul posto sono accorsi il medico legale, il magistrato di turno e la polizia giudiziaria. È stata così aperta un’indagine con l’ipotesi di “istigazione al suicidio”. I giornali sono accorsi a precisare che si trattava di un “atto dovuto” da parte del pubblico ministero. Fatto sta che dell’inchiesta della magistratura sulla morte del Generale Graziano ad oggi non si sa più nulla. Naturalmente dalle istituzioni sono piovute parole di stupore, sconcerto e cordoglio. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha parlato un “generoso e leale uomo delle istituzioni”, mentre Giorgia Meloni si è detta “sconvolta dalla notizia tragica della scomparsa del Generale Claudio Graziano… ci lascia un integerrimo servitore dello Stato” e gli fa seguito il ministro degli esteri Antonio Tajani che ha affermato di essere “…senza parole… era un amico…”. Tutti insomma sconvolti, ma nessuno che si preoccupi di chiedere serie e meticolose indagini da parte della Procura di Roma, per escludere che ci siano indizi che portino su altre strade investigative o a ipotesi di reato alternative.

Delle domande sorgono quindi spontanee: a chi poteva fare “comodo” il suicidio del Generale Graziano? Quali e quanti segreti militari, politici ecc… avrà portato con sé, con la sua morte improvvisa ed inaspettata? Ma soprattutto, era forse veramente a conoscenza di antefatti legati alla vicenda del presunto hackeraggio delle elezioni presidenziali americane del 2020? Tutti quesiti, che a qualcuno potranno sembrare fantasiosi, stravaganti o complottisti, ma che di fronte ad un’agenda occidentale caratterizzata, da una “nuova stagione terroristica”, noi riteniamo invece più che doveroso porci. Perché, se assieme agli attentati, ci possono essere le truffe informatiche e comunicative, magari oggi anche con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, nulla ci stupirebbe se ci fossero anche il “silenziamento” in un modo o nell’altro di testimoni e quindi voci scomode al sistema globalista.

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