di Luigi Cortese

L’offensiva israeliana in Libano, con oltre 800 obiettivi colpiti e centinaia di morti, sta provocando una crisi umanitaria di enormi proporzioni. Israele, che giustifica i raid come un’azione preventiva contro Hezbollah, lascia sul terreno migliaia di civili feriti e sfollati, tra cui 24 bambini uccisi. Intere famiglie stanno abbandonando le loro case, cercando rifugio a Beirut o nelle montagne, mentre il paese affronta una delle peggiori crisi umanitarie della sua storia recente.

Nonostante Netanyahu insista che la guerra è mirata solo contro Hezbollah, è evidente che il popolo libanese è il principale bersaglio delle devastazioni. Mentre migliaia di civili sono costretti a fuggire, l’espansione del conflitto rischia di coinvolgere altri attori regionali, come l’Iran e la Siria, alimentando una spirale di violenza sempre più pericolosa.

In questo contesto, colpisce il silenzio dell’Occidente. Le potenze occidentali, pur essendo consapevoli della catastrofe in corso, evitano di condannare esplicitamente la strategia di Netanyahu, che sembra sempre più orientata ad allargare il conflitto. Questa mancanza di una risposta decisa lascia spazio a un ulteriore deterioramento della situazione. Non solo la guerra in Libano, ma anche il genocidio in atto contro il popolo palestinese continua senza una condanna forte da parte della comunità internazionale.

Mentre l’Occidente si limita a esortazioni alla calma e appelli diplomatici inefficaci, il conflitto si espande e le vite innocenti continuano a essere spezzate. La politica di espansione militare di Netanyahu non porterà stabilità, ma solo ulteriore distruzione, trascinando l’intera regione in una nuova ondata di guerra e sofferenza.

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