di Luigi Cortese

La tragica uccisione di Saeed Atallah Ali, leader delle brigate al-Qassam, insieme alla sua famiglia in un raid nel nord del Libano, è un segnale preoccupante dell’escalation del conflitto. Israele sembra intenzionato ad ampliare le ostilità, con conseguenze devastanti per la regione e per i civili innocenti che vengono travolti dalla violenza. Non possiamo ignorare il fatto che queste azioni alimentano tensioni sempre più gravi, contribuendo a una spirale di violenza che rischia di espandersi.

Nel frattempo gli Stati Uniti cercano di bilanciare la loro posizione con promesse di aiuti umanitari. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha annunciato un pacchetto di quasi 157 milioni di dollari per supportare le popolazioni colpite dal conflitto in Libano e Siria. Un gesto certamente positivo, ma che non può distogliere l’attenzione dalle responsabilità più ampie. Infatti, mentre questi aiuti sono cruciali per chi soffre, non vanno a toccare la radice del problema: l’incapacità di fermare l’espansione del conflitto e di promuovere una reale soluzione politica.

Gli Stati Uniti, che continuano a sostenere Israele sul piano militare e diplomatico, sembrano poco propensi a frenare un alleato che spinge per un conflitto sempre più ampio. Questo continuo sostegno rischia di aggravare ulteriormente la situazione, rendendo vani i tentativi di portare pace e stabilità nella regione. Gli aiuti umanitari non possono essere l’unica risposta a una crisi che ha cause profonde e complesse, legate a decenni di tensioni e conflitti irrisolti.

Israele, dal canto suo, continua a rispondere con la forza, ignorando ogni appello al dialogo e alla moderazione. La dichiarazione di Hamas, che promette vendetta per il sangue versato, evidenzia quanto sia urgente trovare una via d’uscita pacifica per evitare un’escalation ancora più drammatica.

Mentre le sirene suonano nel nord di Israele, è chiaro che la regione si trova sull’orlo di una nuova fase di scontri. In questo contesto, il sostegno statunitense ad Israele e l’impegno umanitario in Libano e Siria devono essere accompagnati da un serio sforzo diplomatico per fermare la violenza. Continuare su questa strada non farà altro che prolungare le sofferenze di chi vive in queste aree già duramente colpite.

Gli aiuti economici sono importanti, ma devono essere affiancati da una volontà concreta di promuovere la pace e di fermare le azioni che contribuiscono all’espansione del conflitto. Solo così si potrà sperare in un futuro di maggiore stabilità per il Medio Oriente.

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