di Luigi Cortese

Un’auto bianca esplode: sembra la scena di un film sugli anni ’90, ma siamo in Ucraina. All’interno dell’auto c’è Andriy Korotkyi, responsabile della sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Si tratta di un attentato rivendicato dai servizi segreti militari ucraini, il Gur. Il motivo? Korotkyi avrebbe collaborato con i russi, che controllano la centrale dall’inizio della guerra. Questo atto viene descritto come una “giusta punizione” per un criminale di guerra, senza alcun processo né possibilità di difesa.

Questo episodio non è isolato: Kiev ha intrapreso una serie di attentati mirati sia dentro che fuori i propri confini, spesso con l’acquiescenza delle cancellerie occidentali. Un esempio è l’omicidio di Dar’ja Dugina, figlia del filosofo pro-Putin Aleksandr Dugin, uccisa in un’autobomba vicino a Mosca nell’agosto 2022. Anche in quel caso, fonti statunitensi avevano confermato il coinvolgimento ucraino, ma l’Occidente, impegnato a sostenere l’Ucraina nella sua “guerra giusta” contro la Russia, non ha criticato l’azione.

Il culmine di queste azioni è stato l’attacco ai gasdotti Nord Stream 1 e 2, infrastrutture cruciali per l’economia europea, in particolare quella tedesca. Questo attentato ha causato danni non solo alla Russia, ma anche ai rapporti economici tra Mosca e Berlino, con conseguenze globali. In questo caso, l’Ucraina ha oltrepassato i limiti del conflitto bellico, entrando nel campo del terrorismo economico. Eppure l’Occidente, ancora, ha reagito con indifferenza.

L’escalation di attentati presumibilmente organizzati dall’Ucraina solleva interrogativi inquietanti. La giustizia sommaria, l’assenza di processi e l’uso crescente della violenza sono segnali preoccupanti che l’Occidente sembra ignorare o addirittura giustificare. Kiev non combatte più solo contro l’esercito russo, ma prende di mira anche figure politiche, giornalisti e persino civili.

Recentemente, l’Ucraina ha rivendicato azioni anche in Africa, dove ha collaborato con gruppi legati a ISIS e Al-Qaeda per combattere i mercenari della Wagner russa. Questo solleva una domanda ancora più inquietante: l’Occidente è disposto a chiudere un occhio su alleanze controverse purché finalizzate a fermare Mosca?

Continuando a sostenere Kiev con armi e fondi, l’Occidente rischia di alimentare un conflitto che va ben oltre la difesa del territorio ucraino, entrando in una spirale di destabilizzazione globale. Gli attacchi ai gasdotti, gli omicidi mirati e le azioni all’estero non possono più essere considerati semplici episodi di guerra. Sono atti che minano i valori di giustizia e diritti umani che Europa e Stati Uniti dovrebbero difendere.

La domanda è inevitabile: fino a che punto l’Occidente può continuare a sostenere un Paese che adotta metodi così controversi? Un appoggio incondizionato a Kiev rischia di compromettere la credibilità internazionale delle democrazie occidentali, alimentando un conflitto che sembra ormai sfuggito a ogni regola.

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