di Vincenzo Maida

Il 1° giugno 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima l’assegnazione esclusiva del cognome paterno ai nuovi nati. A partire dal 2 giugno 2022, i neonati possono assumere un doppio cognome, frutto dell’unione dei cognomi dei genitori. Tuttavia, nella pratica, questa decisione è spesso demandata alla volontà dei genitori, o meglio a quella della madre, contro la quale il padre non può opporsi.

Le implicazioni sono molteplici, tanto che è necessaria una legge, che però è ancora ferma in Parlamento. La decisione della Corte Costituzionale parte da un presupposto: “L’attribuzione automatica del solo cognome paterno si traduce nell’invisibilità della madre ed è il segno di una disuguaglianza tra i genitori, che si riflette e si imprime sull’identità del figlio”. Tuttavia, le motivazioni che talvolta influenzano l’identità dei figli sono di tutt’altra natura.

Perché è necessaria una legge? Facciamo un’ipotesi: un bambino nasce e gli viene attribuito un doppio cognome; poi si sposa con una donna che ha anch’essa due cognomi. Ai loro figli verranno assegnati quattro cognomi? E alla generazione successiva, otto, poi sedici e così via?

Un’altra considerazione: essendo discrezionale, non a tutti i figli potrebbe essere dato il doppio cognome, il che porterebbe a situazioni in cui fratelli avrebbero cognomi diversi. Insomma, ci sono molte questioni che una legge dovrà chiarire. Nel frattempo, i cittadini, spesso più saggi dei legislatori, hanno fatto un uso molto limitato della sentenza della Corte.

In alcuni Paesi dell’America Latina, dove il doppio cognome è già in uso, esiste l’obbligo per i genitori, a partire dalla seconda generazione, di scegliere solo due cognomi tra i quattro. Le conseguenze in caso di disaccordo sono facilmente immaginabili.

Insomma, all’insegna della parità dei sessi, è stato introdotto un nuovo elemento di conflittualità familiare. Non è difficile immaginare le interferenze dei nonni in queste decisioni. Oggi, per gli esperti, ricostruire un albero genealogico è relativamente facile; ma se la nuova disposizione sul doppio cognome dovesse diventare la norma, in futuro sarà un vero rompicapo.

Nel frattempo, diversi giudici si sono espressi sui singoli casi in modo non univoco. La letteratura in materia è già diventata vastissima e tenerne traccia è quasi impossibile. Nella precedente legislatura, una legge apposita è rimasta bloccata al Senato e ancora non ha visto la luce.

Tutto questo caos per inseguire una moda ideologica, volta a smantellare definitivamente ogni residuo “patriarcale”, quando invece è sempre più evidente che la società odierna necessita, nei modelli educativi, di una riconosciuta autorità paterna. Non va confusa con la figura del padre-padrone, ma piuttosto con una guida capace di indicare, attraverso l’esempio, quei sani principi che sono alla base della convivenza civile.

La rottura avvenuta nel ’68 dei vecchi modelli educativi e le generazioni successive a quel periodo purtroppo non lasciano presagire nulla di buono per il futuro.

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