di Luigi Cortese

Il sistema delle grandi opere in Italia, simbolo di sviluppo economico e progresso, si sta rivelando sempre più vulnerabile a corruzione e infiltrazioni criminali. L’inchiesta “Echidna” ha messo in luce come la ‘ndrangheta sia riuscita a infiltrarsi in colossi delle infrastrutture come Co.Ge.fa, dimostrando che opere multimilionarie come la TAV (Torino-Lione) non solo devastano il territorio, ma favoriscono legami opachi tra imprenditoria, politica e criminalità. Le ripercussioni ambientali e sociali sono profonde: dalla distruzione del paesaggio alpino alla marginalizzazione delle comunità locali.

La TAV, uno dei progetti più contestati, è emblematica di questo modello di sviluppo distorto. I movimenti locali, come i No TAV, denunciano da anni gli effetti devastanti degli scavi sui territori, dalle risorse idriche al paesaggio naturale. Le comunità locali si sentono escluse dalle decisioni che riguardano direttamente le loro vite, con le istituzioni che spesso impongono dall’alto progetti insostenibili e di dubbia utilità economica.

L’intero sistema delle grandi opere, nato per promuovere crescita economica, appare ora come un meccanismo che alimenta solo interessi di pochi, lasciando devastazione ambientale e sociale. Senza trasparenza e controllo, questi progetti rischiano di trasformarsi in opportunità di arricchimento illecito per le mafie, compromettendo la legalità e il bene pubblico.

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