di Vincenzo Madia

Parafrasando Nanni Moretti, che anni fa si rivolse a D’Alema chiedendogli di dire qualcosa di “Sinistra“, oggi si potrebbe chiedere a Giorgia Meloni di fare qualcosa di “Destra“, meglio se di “Destra Sociale“. Di fronte alla nuova manovra economica, sembra invece prevalere una logica di “tenuta” dei conti, con un approccio che, per molti, sfocia nell’immobilismo.

Tutti concordano sul fatto che si sta delineando una manovra economica molto attenta al bilancio dello Stato: orientata a rassicurare i mercati, a distribuire qualche contentino alle classi sociali più deboli, ma che al contempo glielo toglie dall’altra parte. In molti sostengono che vi sia, di fatto, una continuazione delle politiche del governo Draghi.

Anche Marcello Veneziani, voce isolata tra gli intellettuali di Destra (impegnati più a ottenere incarichi che a esprimere idee), ha puntato il dito. Ha ammesso, però, che solo con una politica più atlantista di quella di Craxi e Andreotti, attenta ai mercati e ai conti pubblici, Meloni può governare; diversamente verrebbe rapidamente messa da parte.

Tutto vero, ma c’è un limite: che senso ha governare senza lasciare il segno, senza, appunto, “scrivere la storia”?

Sul piano internazionale, per esempio, abbiamo alzato timidamente la voce solo quando sono stati colpiti i nostri caschi blu in Libano, senza prendere posizione sui crimini umanitari di Israele e sui massacri di civili inermi, superando persino gli Stati Uniti nella subordinazione a Israele. Lo stesso vale per l’Ucraina, dove abbiamo rinunciato a qualsiasi tentativo di mediazione, riducendoci a un sostegno acritico a Zelenski.

Sul fronte interno, ci sono molte iniziative a costo zero che si potrebbero intraprendere per affrontare le emergenze del Paese. A parte l’inasprimento delle pene per alcuni reati, come le aggressioni ai sanitari o gli scippi da parte delle donne Rom, poco è stato fatto per rendere più sicuri i quartieri delle grandi città, anche tramite l’impiego dell’esercito per un periodo sufficiente a ripulire le zone più problematiche.

Ulteriori interventi a costo zero potrebbero incentivare l’occupazione rivedendo leggi ferme da decenni che tutelano alcune caste, come quelle dei farmacisti e dei notai, creando migliaia di posti di lavoro. Tuttavia, le speranze sono poche, considerando che un sottosegretario alla Sanità è lui stesso un farmacista.

E per quanto riguarda la Sanità? Uno dei problemi principali è la dipendenza dalle logiche politiche piuttosto che da quelle di efficacia ed efficienza. I Direttori Generali sono ancora sostanzialmente nominati dai partiti. Un tentativo di riforma per sottrarli al clientelismo era stato fatto dal governo Lega-M5S, ma quella legge si arenò e non è più stata ripresa. Anche le Case di Comunità attive h24, pensate come filtro tra territorio e ospedale, sono ormai un miraggio, grazie alla lobby dei medici di base, ormai ridotti a scrivere ricette. Di conseguenza, i pronto soccorso sono intasati, e i cittadini esasperati.

Non si tratta solo di risorse da investire, come sostenuto dalle opposizioni, ma di riforme sostanziali. Le liste di attesa sono infinite anche per via di prescrizioni inappropriate.

L’elenco delle cose che si potrebbero fare, anche senza risorse aggiuntive, potrebbe continuare a lungo. È davvero un peccato sprecare questa occasione, storica, considerando che il centro-sinistra è inconsistente e frammentato, come dimostrato dalle recenti elezioni in Liguria.

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