di Gloria Callarelli (foto: X)
Può un battito di ali di farfalla in Brasile produrre un tornado in Texas? Evidentemente sì. E’ il cosiddetto effetto farfalla ed è un concetto della teoria del caos. La locuzione “effetto farfalla” è stata introdotta dal matematico e meteorologo Edward Lorenz nell’omonimo titolo di un suo articolo del 1972 e, spiega Treccani, “nell’articolo il battito delle ali della farfalla in Brasile è rappresentativo di un qualsivoglia piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali del sistema che conduce a conseguenze su scale più grandi”. Si parlava, anche in quel caso, di meteorologia.
Esempio eclatante di questo sarebbe, in questi giorni, quanto accaduto in Spagna, nella cintura valenciana. L’alluvione apocalittica che ha provocato decine di morti, infatti, secondo alcuni sarebbe il risultato di una ventina di progetti di cloud seeding, inseminazione delle nuvole, portato avanti in Marocco nei giorni scorsi. Obiettivo: quello di aumentare le piogge del 15% per combattere la cosiddetta scarsità idrica in Africa. Così si legge sul Messaggero che riprende una denuncia dell’agenzia meteorologica spagnola El Tiempo.
In effetti la portata devastante dell’evento ricorda quella avvenuta lo scorso aprile negli Emirati Arabi Uniti, a Dubai, un’altra località in quell’occasione travolta in un solo colpo dalla pioggia prevista in un anno e per la quale si incolpò ancora l’attività di inseminazione delle nuvole. Attività, a questo punto possiamo dirlo, criminale. La delirante pratica, infatti, della quale non immaginiamo nemmeno il giro di affari, diventa potenzialmente devastante per i territori e assassina per il popolo. “Dio aiutaci, siamo nelle mani di ingegneri” direbbe Ian Malcom del famoso film Jurassic Park. Altro che cambiamento del clima infatti: queste sono armi da guerra e andrebbero fermate a livello mondiale. Tutto questo mentre in moltissime zone cosiddette secche l’acqua sarebbe già presente e conservata in bacini idrici volutamente mal tenuti e non utilizzati per alimentare, in stile mafioso, la favola del cambiamento del clima e ingrassare le multinazionali e i gruppi lobbistici che su questo rovesceranno il mondo: più energia verde, più pannelli solari e pale eoliche, più restrizioni per tutti in nome del clima. La terra, dunque, e i suoi frutti devono anche semanticamente cambiare, ridotti, secondo la visione anticristiana dell’ambientalismo estremo, a mero tavolo porta oggetti.
Se i fatti di Valencia siano dovuti a questo fenomeno o piuttosto, come dicono molti meteorologi, ad un evento naturale è tuttora argomento dibattuto. Ad ogni modo se si tratta di guerra il popolo dovrebbe essere difeso, se si tratta di incuria il popolo deve poter avere giustizia.
Quello che si sa per certo è che nella stessa città nel 1957 ci fu un’alluvione altrettanto devastante e, preso a cuore il fatto, nel 1967 Francisco Franco inaugurò il nuovo corso del fiume Turìa: aver deviato allora la furia del fiume, secondo i media locali, ha salvato oggi la vita a centinaia di persone di Valencia. All’epoca, prima dei lavori del Caudillo, infatti, l’alluvione provocò la morte di 300 persone. Solo la straordinaria lungimiranza e intelligenza di Franco ha permesso, oggi, che le conseguenze fossero meno pesanti: il peggio, pur nella tragedia, si è evitato grazie alla capacità di uomini politici che non furono schiavi delle lobby ma realmente interessati al bene del popolo. L’esatto contrario di quello che avviene oggi, insomma.
La differenza è che la memoria di questi, politici o pseudofilantropi che siano, che parlano di cambiamento climatico e forse lo provocano pure (deliberatamente o per negligenza), piangendo lacrime di coccodrillo su tragedie delle quali sono quindi più o meno responsabili, verrà spazzata via con la stessa furia di questa natura che, in nome di una volontà di potenza e di delirio, provano a governare ma che resterà sempre ingovernata. Mentre quelli di allora, politici di scorza dura e figli della terra e del sudore, pur se oggi maltrattati dall’ideologia nichilista, resteranno per sempre giganti ed, è proprio il caso di dirlo, si staglieranno per sempre nella storia come marmo contro la palude.
Chissà perché la pseudoscienza dell’inseminazione delle nuvole è invenzione israeliana.
E’ singolare che il Messaggero parli tranquillamente di inseminazione delle nuvole, pioggia artificiale e fenomeni meteorologici gestiti dalla tecnologia; cose note agli addetti ai lavori già negli anni ’50 del secolo scorso, ma fino a poco tempo fa chiunque ne faceva cenno in un contesto comunicativo di massa veniva subito ridicolizzato e silenziato. C’è poi la possibilità dell’utilizzo a scopo bellico di queste tecnologie (d’altronde, sono nate proprio in ambito militare), ma questo tema è ancora tabù.
Lungimiranza del caudillo che aveva a cuore il bene del popolo? Ci andrei piano con tali affermazioni.
L’inseminazione artificiale delle nuvole
nacque nella seconda metà degli anni quaranta ad opera
del chimico e meteorologo americano Vincent Joseph Schaefer , il quale sfruttò la scarsa idrosolubilità di alcuni alogenuri per fornire un nucleo di “appoggio” intorno a cui le particelle di vapore acqueo potessero avvilupparsi e condensarsi , per poi , successivamente “appesantirsi” e precipitare al suolo sottoforma di gocce . I primi tentativi risalgono al 1946 ad opera di un team di chimici e meteorologi statunitensi capitanati da Schaefer e finanziati dalla General Electric , che effettuarono i primi test sui monti Berkshire , tra il Massachusetts occidentale ed il Connecticut nord – occidentale , con risultati incoraggianti . Le nuvole vennero inseminate con ghiaccio secco (nome che si dà all’anidride carbonica solida) , ioduro di potassio e ioduro di piombo , ma i migliori risultati si ebbero con lo ioduro d’argento , un alogenuro per niente idrosolubile ed abbastanza fotosensibile , impiegato , già per questo , per impressionare le immagini sulle pellicole fotografiche ed anche come disinfettante , per la presenza di iodio nella sua molecola . Le nuvole aumentavano , in media , la probabilità di precipitazioni del 25% , ma , solamente quelle convettive , ossia , le nubi cumuliformi ed in particolar modo i cumulonembi , che rispetto alle altre sono quelle più gravide di vapore acqueo .
Da allora la tecnica si è diffusa un po’ in tutto il mondo ed ebbe anche dei risvolti militari , tra il 20 marzo 1967 ed il 5 luglio 1972 , quando gli Stati Uniti avviarono , in gran segreto , la cosiddetta “Operazione Popeye” , che consisteva nel prolungare le piogge monsoniche , nel sud-est asiatico , per alluvionare la pista ( o sentiero , che a dir si voglia ) Ho Chi Minh ( nome con cui era noto quel complesso di strade che dal Vietnam del Nord dirigeva verso il Vietnam del sud ) , asse portante lungo la quale giungevano i rifornimenti ai Viet Gong .
I Monsoni estivi si prestano in particolar modo alle piogge artificiali , quando soffiano dal mare verso la terra portando con sé una notevole quantità di precipitazioni , che però non investono , ad esempio , tutta la Cina . Infatti , solamente i territori sud – orientali e centro – orientali ricevono questo beneficio , mentre i territori cinesi centro-occidentali e nord-occidentali non hanno affatto estati miti e piovose o clade e piovose , ma un clima semiarido o addirittura arido , specialmente quest’ultimo lo si riscontra in prossimità del confine mongolo . L’ORCA (Organisation for Research on China and Asia ) ha diffuso nel 2022 risultati entusiasmanti , in proposito , affermando che grazie all’inseminazione delle nuvole le cateratte dei cieli si sono letteralmente aperte , versando sulla terra ben 8,5 miliardi di tonnellate d’acqua che son andate poi , ad ingrossare , letteralmente , lo Yangtze (noto a noi come fiume Azzurro) .
Ma non in tutte le parti della terra soffiano i venti periodici , come i Monsoni . In Africa , ad esempio , soffiano i venti occidentali , come gli Alisei , che in maniera costante si dirigono verso l’equatore , compensando l’aria , che per effetto termico , s’innalza verso la parte più alta della troposfera , sino a raggiungere la stratosfera , ove s’innescano delle correnti , con moto e senso inverso rispetto agli Alisei , che possono raggiungere anche i 300 chilometri orari di velocità . Queste correnti prendono il nome di Jet streams che , dopo aver incontrato aria più fredda , in quota , ripiegano verso il basso e comprimono nelle zone dei tropici l’aria sottostante , già calda . Proprio in queste zone tropicali si trovano , infatti , i principali ed i più aridi deserti della terra , ove sia per fattori termici , che per fattori dinamici ( il fenomeno è noto come subsidenza , ossia , l’aria proveniente dalle jet streams comprime gli strati sottostanti , riscaldandoli ulteriormente ) si raggiungono temperature elevatissime , ma , attenzione , non con assenza totale di precipitazioni . In alcune parti di queste zone cadono , anche , 250 mm di acqua all’anno , che però per l’elevata temperatura evapora , mentre , basti pensare che al Polo Nord cadono solamente 100 mm annui che , per le basse temperature ghiacciano , si stratificano e si accumulano (Dunque , strano a dirsi , piove meno nei Poli che in alcuni deserti ) . Con i cambiamenti del clima (fenomeni di antichissima data ) le plaghe climatiche si sono ampliate e nell’emisfero Boreale hanno fatto sentire la loro indiretta influenza anche nel nostro Mediterraneo , in special modo , in quello Orientale dove i venti periodici più attivi , noti come Etesii , accarezzano l’Egeo , la Grecia , l’isola di Creta e la Turchia occidentale , ma non Israele . In questo Paese , la pratica del cloud seeding nonostante sia esercitata sin dal 1975 non ha prodotto risultati apprezzabili per la mancanza di venti gravidi di umidità che avrebbero dovuti dar origini a moti convettivi ed alla conseguente formazione di cumulonembi , pregni di vapore acqueo . Da non molti anni , infatti , la pratica è stata del tutto abbandonata dal governo israeliano .
Cosa diversa è il Mediterraneo Occidentale , ove , lungo le coste atlantiche del Marocco giungono correnti caldo-umide piene di vapore acqueo , che non sempre condensa a causa delle elevate temperature , specialmente lungo i territori dell’Alto Atlante (catena montuosa) sottoposti all’influenza e , spesso al dominio del clima sahariano .
Probabilmente , in quelle zone ed in quelle centro- meridionali , le autorità marocchine hanno impiegato la tecnica dell’inseminazione delle nuvole e , forse , non è da escludere che abbiano esagerato con le quantità di ioduro d’argento . In realtà i documenti storici ci forniscono dati diversi , da quelli riportati da “Il Messaggero” poiché dal 1238 sino ai giorni nostri il fiume Turia (noto anche con il nome di Guadalaviar ) ha straripato ben 11 volte , in media , una volta ogni 70/80 anni , l’ultima volta è stato il 14 ottobre 1957 e , come sappiamo dal 1238 sino al 1946 nessuno ha mai impiegato lo ioduro d’argento per far piovere , o peggio ancora , per far diluviare .