di Antonella Ricciardi

Troppi interessi hanno concorso a rendere cronica la tragedia del conflitto in Palestina e dintorni, soprattutto da parte di coloro che, negli Stati Uniti,  non hanno fatto da deterrente alle continue violazioni israeliane ai danni della pace e dei diritti dei popoli.

Peraltro, quello d’Israele non è assolutamente uno Stato inerme, ma si tratta di un Paese potenza nucleare, che non ha firmato, infatti, il trattato di non proliferazione riguardo le armi nucleari.  Non fermare l’invio di armi, per immorali interessi economici e per aberrazioni suprematiste ideologiche, può portare maggiormente solo ad ostilità ed isolamento rispetto a larghissima parte del mondo. Trump, presidente degli Stati Uniti, dovrà tenere conto di questa situazione, insostenibile sul lungo periodo, se vorrà evitare un isolamento maggiore e l’irrilevanza degli ultimi mesi, rispetto alle posizioni sempre più violente di Netanyahu. Il governo degli USA ha continuato infatti a sostenere Israele, solo a tratti pronunciando blande condanne dei suoi atti più macroscopicamente indifendibili, ma non facendo seguire alle parole i fatti.

Questo mentre nuovi equilibri si cominciano già a delineare, con il ruolo di contraltare rispetto al potere USA, da parte dei Brics: Paesi non assoggettati, in senso politico ed economico-sociale, all’alleanza-sudditanza con Washington, e che non utilizzano il dollaro per le transizioni internazionali. Così, Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica, componenti dei Brics, nel recente vertice di Kazan, cui hanno dato un contributo anche Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, stanno assumendo sempre più rilievo internazionale. Il premier israeliano Netanyahu va avanti: ha aperto, tra 2023 e 2024, numerosissimi fronti, violando ogni legge internazionale e di diritto naturale: si è purtroppo di fronte ad atti inammissibili continuamente reiterati, e da fermare. Dai fronti palestinesi, nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania (dove i soprusi dei coloni sono continui, e spalleggiati dal governo), al Libano, all’Iran, a sporadici ma preoccupanti attacchi a Siria e Yemen, e perfino contro l’Iraq. In particolare, gravissima è stata l’aggressione al Libano, la cui invasione non ha portato a sanzioni, a differenza di quella russa dell’Ucraina, né all’esclusione degli israeliani da competizioni sportive, a differenza della Russia, tagliata fuori pure dalle Olimpiadi. Eppure, secondo quanto correttamente ha affermato anche il premier libanese, Mikati, si tratta di una guerra di sterminio, soprattutto contro i civili: sono circa 2700 i libanesi uccisi dai bombardamenti israeliani, nel tentativo di sradicare i combattenti della milizia sciita Hezbollah, politicamente supportata dall’Iran, tra settembre e novembre 2024. Una invasione preceduta da un atto, spacciato da lotta al terrore, ma a tutti gli effetti di terrorismo di Stato, in forma di guerra ibrida anche ai civili: l’esplosione di migliaia di cercapersone e walkie-talkie (strumenti tecnologici apparentemente superati da mezzi più moderni, ma usati ancora per non farsi intercettare da molti miliziani Hezbollah), da parte dei servizi segreti israeliani, senza alcun rispetto per i civili.  Esplosioni che avevano causato decine di morti e molte migliaia di feriti, tra cui centinaia di persone accecate in una delle operazioni che molti hanno definite tra le più a freddo e luciferine da parte del Mossad, il servizio segreto israeliano, già noto per avere spesso agito con licenza di uccidere, senza considerare leggi di uno Stato di Diritto e principi etico-morali generali.

Gli stessi assassinii, di leader di Hezbollah e Hamas, ad esempio il libanese Nasrallah, i palestinesi Haniyeh e Sinwar, appaiono come dei genocidi simbolici, in quanto colpiscono parti politiche che incarnavano anche parte dell’identità di quei popoli. Simboli pure di milizie che, pure per chi ne possa criticare alcuni aspetti della visione della società, d’ispirazione nazionalista islamica, e l’avere esposto la popolazione alle rappresaglie israeliane (comunque inaccettabili e di estrema brutalità), però non possono non apparire la parte debole e la parte resistente. Infine da ricordare: è almeno da marzo 2024 che Hamas si era dichiarata a favore di un cessate il fuoco definito, che non ha incontrato alcun interesse da parte di Tel Aviv, interessata a provocazioni sempre più mirate a rendere impossibile la pace cercando di far precipitare la situazione.

 

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