di Luigi Cortese (foto Facebook)
I primi passi della nuova amministrazione di Donald Trump, appena riconfermato presidente degli Stati Uniti, stanno già suscitando preoccupazioni sul futuro del conflitto israelo-palestinese. Tra le nomine più controverse, quella di Mike Huckabee, ex governatore dell’Arkansas e fervente sostenitore di Israele, come ambasciatore statunitense a Tel Aviv. Il suo incarico, accolto con favore dal governo israeliano, è stato immediatamente accompagnato da dichiarazioni che suggeriscono un sostegno senza precedenti all’espansione israeliana nei territori palestinesi occupati.
Huckabee, appena annunciata la nomina, ha rilasciato un’intervista alla radio militare israeliana esprimendo la possibilità che l’amministrazione Trump possa sostenere il piano del ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, volto all’annessione dei territori della Cisgiordania, con il benestare degli Stati Uniti. Questo segnale preoccupa profondamente il popolo palestinese e i sostenitori dei diritti umani, dato che tali dichiarazioni sembrano allinearsi con una politica già ben radicata nella precedente amministrazione Trump, nota per aver preso decisioni cruciali a favore di Israele: dal riconoscimento di Gerusalemme come capitale al trasferimento dell’ambasciata statunitense e alla legittimazione delle Alture del Golan come territorio israeliano.
Nonostante la Corte Internazionale de L’Aja abbia recentemente riaffermato l’illegalità della presenza israeliana nei territori occupati, Huckabee ha manifestato apertamente la sua intenzione di seguire la linea di Trump senza riserve, ignorando gli ammonimenti della comunità internazionale. Trump, d’altronde, non ha mai nascosto la sua posizione: ha definito l’ex governatore “l’uomo giusto per portare la pace“, sebbene le dichiarazioni di Huckabee risultino tutt’altro che concilianti. Secondo Huckabee, Trump è stato il presidente “più utile a garantire la sovranità di Israele“, confermando l’impegno a proseguire in una direzione che molti ritengono minacciosa per la stabilità in Medio Oriente.
L’atteggiamento di Huckabee, che in passato ha negato l’esistenza stessa del popolo palestinese, solleva timori che la sua nomina possa intensificare la pressione sulla popolazione palestinese, già costretta a vivere sotto occupazione e minacciata dall’espansione degli insediamenti. L’uso da parte di Huckabee dei termini “Giudea e Samaria” per riferirsi alla Cisgiordania, espressione adottata dagli israeliani e rigettata dalla comunità internazionale, appare come un segnale inequivocabile di sfida. Per molti osservatori, questa terminologia, che si accompagna alla minimizzazione dell’identità palestinese, simboleggia un appoggio incondizionato a Tel Aviv, rischiando di acuire ulteriormente la tensione e di compromettere qualsiasi tentativo di dialogo.
In un contesto in cui il popolo palestinese vede progressivamente erodere i propri diritti territoriali e identitari, l’approccio di Trump e Huckabee viene percepito come un ulteriore colpo alla speranza di una soluzione pacifica. Se questa linea politica sarà confermata, l’annessione della Cisgiordania potrebbe spostare drasticamente gli equilibri, portando la regione verso una nuova crisi e lasciando il popolo palestinese in una situazione sempre più precaria, mentre la politica americana appare disposta a sostenere Tel Aviv senza condizioni.
Magari il problema fosse solo Mike Huckabee! Purtroppo, anche il neoeletto presidente e tutto il suo entourage sono fanaticamente sionisti.
In questi ultimi anni, il messianismo politico di Israele ha trovato un forte appiglio nella dichiarazione del dicembre 2017 dell’allora presidente Donald Trump, che riconosceva Gerusalemme capitale di Israele. Per questo, lo Stato ebraico salutò Trump come un nuovo Ciro e, nel 2018, per celebrarlo fu coniata una moneta da mezzo shekel in argento, che riportava l’effigie di Trump e quella dell’imperatore persiano, considerati entrambi leader non ebrei al servizio del “popolo eletto”.
Venendo all’oggi, dobbiamo tenere a mente che in questa campagna elettorale Trump ha ricevuto un finanziamento da 100 milioni di dollari da Miriam Adelson, vedova del miliardario Sheldon Adelson, in cambio della promessa di dare via libera all’annessione totale dei territori palestinesi in Cisgiordania da parte dei coloni ebrei… e con certa gente le promesse vanno mantenute! Ma c’è di peggio. Trump, secondo quanto riferito dal rabbino Hillel Weiss, si è detto cautamente favorevole alla ricostruzione del Terzo Tempio, sul Monte Majid, a Gerusalemme. In pratica, la nuova Amministrazione americana sarebbe disposta ad assecondare i partner messianici della coalizione di Netanyahu, per i quali la distruzione di Gaza è solo un primo passo verso l’obiettivo finale: espellere dalla Cisgiordania tutti i suoi abitanti palestinesi, ripulire il Monte del Tempio dai suoi fedeli musulmani e ricostruire il Terzo Tempio. Piccolo dettaglio: quello è il terzo luogo più sacro per l’Islam dopo La Mecca e Medina, lì sorge la moschea di al-Aqsa (la Cupola d’Oro) e distruggerla per edificarvi sopra il Terzo Tempio vorrebbe dire dar fuoco alla più grande polveriera del mondo, facendo deflagrare la Terza Guerra mondiale.
Spero davvero che l’entusiasmo suscitato dalla vittoria di Trump non si converta in un’amara delusione, come temibili oracoli sembrano annunciare.