Negli ultimi anni, il panorama geopolitico globale ha visto un’intensificazione di conflitti e crisi che hanno messo a dura prova i sistemi democratici. Dall’instabilità in Medio Oriente e in Africa alle tensioni in Europa e Asia, emergono segnali di trasformazione profonda nelle dinamiche di potere e nella fiducia verso le istituzioni democratiche. Persino in democrazie consolidate come Francia, Germania e Corea del Sud, le turbolenze politiche stanno scuotendo le fondamenta dell’ordine politico tradizionale.
A livello globale, i conflitti in paesi come Siria e Yemen hanno lasciato un’eredità di stati falliti, con profonde conseguenze per la stabilità regionale e internazionale. In Asia, situazioni come quella del Myanmar o la crescente pressione cinese su Hong Kong dimostrano un cambio di paradigma dove modelli alternativi si confrontano con le democrazie liberali. In molti casi, i popoli appaiono sempre più orientati a recuperare la sovranità persa, cercando di riaffermare il proprio controllo sulle scelte politiche ed economiche, spesso percepite come dettate da influenze esterne.
Il sistema globale, che per decenni ha promosso l’interconnessione economica e politica tra nazioni, ha mostrato negli ultimi anni i suoi punti deboli. La fragilità delle catene di approvvigionamento, le crisi energetiche e la crescente disuguaglianza economica hanno evidenziato il malcontento delle popolazioni, che si sentono sempre più insicure e vulnerabili. Questo contesto ha portato molte nazioni emergenti a rivolgersi a modelli di governance più centralizzati e a cercare sicurezza in stati forti, capaci di garantire protezione e stabilità in un mondo percepito come instabile.
In Europa, paesi tradizionalmente influenti come Francia e Germania stanno affrontando sfide politiche e sociali significative. In Francia, le riforme proposte dall’amministrazione Macron, come quella delle pensioni, hanno suscitato proteste diffuse che evidenziano un divario sempre più ampio tra la classe dirigente e la popolazione. Movimenti di varia natura politica stanno acquisendo sempre più consenso, riflettendo il desiderio di cambiamento e un rifiuto delle politiche considerate elitiste. La Germania, dal canto suo, si trova in un momento di transizione, con una crescente diversità politica e un dibattito sempre più acceso sul ruolo del paese sia in Europa sia nel mondo.
Un aspetto fondamentale di questo cambiamento è la riduzione del potere globale degli Stati Uniti, che affrontano una crescente sfida da parte di nazioni emergenti e di popolazioni decise a reclamare una maggiore autonomia politica ed economica. I popoli, spinti dalla consapevolezza delle proprie risorse e potenzialità, si stanno orientando verso un nuovo equilibrio, respingendo modelli di dipendenza che per decenni hanno caratterizzato il dominio occidentale. Questo risveglio, evidente in diverse regioni, sta ridisegnando la geografia del potere globale, con una maggiore enfasi su sovranità nazionale e stabilità interna.
Anche in Corea del Sud, una democrazia considerata tra le più avanzate dell’Asia, le turbolenze politiche degli ultimi anni mostrano una crescente insoddisfazione popolare. Gli scandali di corruzione e le disuguaglianze economiche alimentano il malcontento, soprattutto tra i giovani, che vedono sempre meno opportunità nel sistema attuale. Il contesto è ulteriormente complicato dalla difficile relazione con la Corea del Nord, che obbliga il governo a bilanciare le priorità di sicurezza nazionale con quelle interne.
La combinazione di conflitti, crisi politiche e risvegli popolari mette in discussione l’attuale configurazione del sistema democratico. I popoli oggi si mostrano determinati a recuperare il controllo sul proprio destino, a riscoprire una sovranità perduta, e a costruire modelli di stato più forti, in grado di garantire sicurezza e protezione in un mondo globalizzato che appare sempre più instabile. Questo periodo di transizione richiede un profondo rinnovamento, in cui le istituzioni siano capaci di rispondere efficacemente alle esigenze dei cittadini e di affrontare le nuove sfide globali. Solo attraverso una governance inclusiva e adattabile sarà possibile trovare un equilibrio tra stabilità e cambiamento.
Siamo tutti consapevoli che è in atto un risveglio dei popoli, ma questo riguarda soprattutto la Russia e l’Africa.
Riguarda il popolo russo, che sta combattendo una guerra materiale contro l’Occidente collettivo e una guerra spirituale contro le sue ideologie basate sulla contrapposizione (liberalismo: individuo contro comunità; comunismo: lavoro contro capitale; nazionalismo: noi contro gli altri).
E riguarda i popoli africani, come quelli del Mali, del Burkina Faso, del Niger e ora del Senegal, che si stanno liberando dai cascami del colonialismo francese e rifiutano i prestiti a usura del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Sono quegli africani che non rivendicano il “diritto all’accoglienza”, ma il diritto di vivere liberi nella loro terra. Quest’Africa non piace alle sinistre liberal, progressiste e arcobaleno, né alle destre atlantiste e velatamente razziste.
I popoli occidentali, invece, stanno vivendo una forte crisi che riguarda sia la geopolitica che la spiritualità.
Dal punto di vista geopolitico, è la nozione stessa di “Occidente” ad essere un’aberrazione. La storia, diceva Carl Schmitt, è soprattutto una storia di lotta tra le potenze terrestri e le potenze marittime. Ora, è chiaro che l’Europa continentale è una “potenza di terra” e, nonostante quello che si dice sia a Bruxelles che a Washington, i suoi interessi non coincidono affatto con quelli americani. L’Europa è difronte a un bivio: o assecondare una pericolosa subalternità all’omologante e decadente modello americano, come stanno facendo le sue classi dirigenti, o diventare un’originale comunità di destino continentale, rispettosa della libertà e diversità dei suoi popoli.
Dal punto di vista spirituale, è invece necessario prendere atto del fallimento dell’ideologia liberale, massonica e laicista che segna l’Occidente. Avendo escluso Dio dalla vita pubblica, l’autorità statale non deve obbedire più ad alcun principio trascendente e può dunque mutarsi in dittatura, come abbiamo sperimentato nel periodo della psico-pandemia e come sperimentiamo tutti i giorni con il diffondersi di sempre nuove tecniche di controllo sociale. Se i popoli europei non si desteranno dal loro torpore e non si riapproprieranno della loro Fede, delle loro tradizioni e della loro cultura, saranno le prime vittime del potere distruttivo delle loro élite.
Caso importante è la Cina, che proviene da una “consapevole” umiliazione durata secoli. Emblematica è la guerra dell’oppio, dove i detentori del potere globale, già all’epoca rappresentati dalle caste anglo-sioniste, avevano letteralmente assuefatto con la droga un popolo di storia millenaria e di grande ingegno come quello cinese. Questo potere sionista, ancora esistente, vertice di tutte le caste, è il medesimo che, nel frattempo, ha distrutto i popoli dell’Occidente, falso concetto geografico, ed assuefatto i popoli delle nazioni europee, lasciando dietro di sé una marea infinita di disparità e disuguaglianze economiche.