di Roberto Cassano

L’attualità dimostra, ancora una volta, che la direzione individuata nel 2015 con l’adozione dell’Agenda ONU 2030 non è quella giusta. Infatti, se non gestita in modo corretto nel corso delle fasi di produzione e di distribuzione delle fonti di energia rinnovabili, la transizione ecologica può portare ad alcuni svantaggi: sfruttamento eccessivo del suolo per alcune tipologie di impianti (fotovoltaico, solare, eolico); aumento costi di manutenzione degli impianti; alterazione della fauna acquatica e degli habitat, solo per citarne qualcuno. Alcune emergenze ambientali e climatiche toccano reali alterazioni dell’eco-sistema. Quanto però queste dipendano dai comportamenti umani è da verificare: alcune di più (per es. la plastica nei mari), altre assai meno (i mutamenti nell’ecosistema). E poco dipendono da singoli stati e singoli paesi, di modeste dimensioni, come il nostro.

Il risultato che ne è derivato è questo ambientalismo allarmato, funzionale al nuovo capitalismo globale e allo sfruttamento del business ambientale. La follia ulteriore di questa drammaturgia ambientale è che non produce effetti concreti sull’ambiente ma se ti affibbiano il marchio di negazionista ambientale sei fritto, hai perso ogni rispetto, non puoi coprire alcun ruolo, devi solo nasconderti. La strategia pubblicitaria delle grandi aziende alimentari non vanta più le qualità dei prodotti ma il fatto che siano eco-sostenibili; vantano la loro buona coscienza ecologica oltre alla buona coscienza ideologica (gli spot con dosi obbligate di mondo verde, ma anche nero, gay e arcobaleno). Il pregio principale del prodotto è che non nuoce all’ambiente ed è ideologicamente conforme; non conta la qualità del cibo ma i rifiuti e gli effetti ideologici derivati. È solo fuffa, o al più gesto simbolico, per raggirare gli utenti e invogliarli ai consumi con la falsa coscienza di servire la causa nobile del Pianeta da Salvare. Il futuro sostenibile è venduto in confezione unica dagli emissari del potere ideologico, merceologico e commerciale.

Altro tema rilevante è la siccità che sta flagellando l’Italia (assieme ad altre regioni evolute del pianeta, come la California o la Spagna) che è il risultato di un intento criminale messo in atto grazie a potenti mezzi militari e paramilitari. Si tratta quindi di un’operazione di geoingegneria con finalità distruttive. La menzogna del regime produzione – inquinamento – CO2 – effetto serra – cambi climaticiindica come responsabile l’uomo, ovviamente, e la sua sconsiderata sete di profitto ed il suo innato menefreghismo verso l’ambiente naturale, impersonificato oggi nella figura mediatica di Donald Trump. I cambi climatici (che per decenni sono stati definiti truffaldinamente ‘riscaldamento globale’) sono il risultato di operazioni belliche che vedono l’umanità come bersaglio, nell’ambito di molteplici operazioni a livello planetario di annichilimento delle multinazionali 

Così come allo stesso tempo, la crisi dei prezzi dell’energia rivela la nostra vulnerabilità economico-finanziaria, e la guerra in Ucraina dimostra la fragilità geopolitica dell’Europa e delle nazioni del mondo, con effetti retroattivi ancora sull’economia e sul benessere delle persone. Un vero e proprio assalto ai campi fertili è quello che si sta verificando da parte di società di investimento energetico o da parte di intermediari immobiliari per costruire campi fotovoltaici . A essere presi di mira sono i terreni agricoli perché non è necessario effettuare demolizioni o bonifiche. Realizzare impianti fotovoltaici su terreni agricoli non porta, quindi, nessun saldo ambientale positivo. Questa corsa all’accaparramento dei campi coltivati sta anche innescando un processo di inflazione nei valori della terra. Risulta quanto mai urgente ed indifferibile fermare questo assalto dettato solo dalla speculazione.

Gli agricoltori sono i primi a voler investire sul fotovoltaico ma utilizzando i pannelli sui tetti dei fabbricati agricoli senza consumare altro suolo. I tetti delle aziende agricole possono contribuire, da soli, a coprire il fabbisogno energetico, anche mediante l’incentivazione di possibili nuovi impianti di produzione di biogas e biometano da allevamenti animali. Da qui il concetto che sta prendendo piede da tempo e che prevede la possibilità dell’esproprio di terreni agricoli legittimamente detenuti dai produttori ai fini della produzione di beni agroalimentari, a favore di società speculative private, di varia natura, che hanno avanzato alle istituzioni proposte progettuali per la produzione di energie rinnovabili (fotovoltaico e pale eoliche): al massimalismo ideologico e al suo profitto politico si unisce così l’eco-speculazione. Tra qualche anno il paesaggio agronaturale sarà una distesa di pannelli dove ora c’è il verde ma soprattutto sarà prodotto meno cibo e saranno espulsi dalle produzioni agricole i coltivatori affittuari, cioè tutti quei produttori che danno valore ai terreni coltivandoli in affitto. Si tratta di agricoltori che, in generazioni di lavoro agricolo, hanno spianato, spietrato, fatto arrivare la rete irrigua aumentando la fertilità di quei suoli

Non si può consentire il consumo indiscriminato di suolo agricolo, che prosegue in maniera incontrollata. Per fermare tale scempio bisognerebbe proporre una modifica del regolamento per il fotovoltaico che vieti l’installazione di campi fotovoltaici su tutti i terreni classificati come “agricoli” dai piani regolatori. Da anni giace in Parlamento, senza muovere un passo in avanti, una specifica proposta di legge finalizzata alla riduzione del consumo del suolo; se non viene approvata, purtroppo, è segno che ancora una volta prevalgono gli interessi di lobby agguerrite, non certo l’interesse generale dei cittadini.

 

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