di Gloria Callarelli
Dopo gli ultimi drammatici eventi in Siria, la situazione internazionale è ancora di più difficile interpretazione e in continua evoluzione. Su questi fatti abbiamo intervistato Roberto Fiore, leader del gruppo europeo Alliance for Peace and Freedom e Forza Nuova, che ha sempre sostenuto la causa di Siria e Libano nel Vicino Oriente e ne conosce le dinamiche geopolitiche.
Fiore, come vede la situazione in Siria oggi?
La situazione in Siria è ad oggi ancora particolarmente confusa e quindi drammatica. Emerge con una certa chiarezza il fatto che i russi, che hanno avuto una presenza importante sul territorio, mantengono le loro basi e una sorta di presenza politica proprio lì nel Mediterraneo, legata alle origini della famiglia Assad sulla costa. E’ chiaro che gli accordi, che erano stati inizialmente presi anche con Iran e Turchia, sono ogni giorno smentiti dai fatti. Che vi siano state delle impiccagioni, delle persone uccise e che inizino delle violenze diffuse anche se non ancora a un livello importante, fa presagire che il potere dei fondamentalisti si regga su un inganno all’interno degli inganni ovvero far credere che siano effettivamente cambiate le modalità di governo. L’unica possibilità è la ricostruzione di quel tessuto politico e militare che in un certo senso ha sempre contrastato sia il sionismo che il fondamentalismo e quel tessuto si identifica nel partito Baath siriano e in quello socialnazionale siriano. Questi hanno la maggioranza, anche se di fatto il Paese è occupato da fondamentalisti e israeliani.
Perché il collasso di Assad?
Ci sono molte voci sul collasso di Assad, difficile dire qualcosa di definitivo. Si sa solamente che i russi tenevano come elemento fondamentale, per non continuare a bombardare gli islamisti e Idlib, il poter portare in salvezza la famiglia di Assad. Per il resto sembra che vi sia stato un ordine a tutti i militari, polizie e strutture di non opporre resistenza ricevendo in cambio allo stesso tempo la promessa, forse già non più mantenuta da parte di turchi e di islamisti, che non ci sarebbe stato ricorso alle violenze e l’applicazione della Sharia.
Che pensa degli islamisti al potere?
Per capire il problema degli islamisti bisogna pensare che già nel passato emerse con una certa chiarezza il fatto che chi spinse fin dagli albori il fondamentalismo è sempre stato Israele. Se noi pensiamo al mondo arabo degli anni Cinquanta e Sessanta vediamo che tutti i Paesi erano antisionisti ed erano retti da formazioni politiche o nasseriane, o Baath, o socialnazionali che avevano la caratteristica del forte rispetto verso comunità cristiane. Molti di loro erano di confessione cristiana e avevano una forte opposizione a qualsivoglia tipo di islamismo. Ricordiamo infatti le durissime repressioni da parte di Assad padre.
Com’è possibile questa alleanza Israele-fondamentalisti?
Le dichiarazioni di Al Jolani su Israele e il fatto che possa essere uno Stato amico, e che in realtà i nemici siano Hezbollah e Iran, cozzano in modo visibile e ridicolo con le scene dello stesso Al Jolani nella zona dove è stata distrutta tutta la flotta siriana. Tutto il mondo si sta rendendo conto che nel momento in cui sono arrivati gli islamisti a Damasco è arrivata Israele. E’ chiaro che il disegno di Israele non è solo quello di rintuzzare gli avversari e i nemici, è un disegno storico: creare un Grande Israele fra il Nilo e il Tigri, simboleggiato dalla bandiera israeliana in cui la stella di Davide è contornata dalle due strisce azzurre, proprio i due fiumi. Questo è il loro vero sogno e per fare questo hanno bisogno sicuramente di un pezzo della Siria. Il loro obiettivo è annettersi queste zone, non solamente renderle vassalle. Israele sembra proiettata su questo obiettivo e l’unico che l’ha fermata, ad oggi, è il popolo libanese con in particolare Hezbollah.
Cosa può fare l’APF, Alliance for Peace and Freedom, di cui Lei è presidente?
Molto importante quello che potrà fare APF. Già in queste ore ci siamo ricollegati con i nostri alleati storici socialnazionali siriani e stiamo cercando di capire quali saranno gli spazi politici per opporsi a questo nuovo potere islamista; importante soprattutto rafforzare i nostri collegamenti con il partito cristiano del generale Aoun e con Hezbollah che si sono rivelati l’unica frontiera credibile contro i fondamentalisti e contro il sionismo. Il 25 e 26 gennaio l’APF terrà in Italia un incontro in cui avremo, con tutta probabilità, rappresentanze libanesi e siriane.
Analisi condivisibile.
La situazione è in frenetico divenire, ma credo che si possa già fare un primo bilancio.
Risulta evidente il successo della strategia di USA e Israele: la balcanizzazione della Siria. Al momento, il Paese arabo parrebbe avere quattro aree di spartizione:
1) a nord-ovest la Turchia, che, dopo la conquista azera del Nagorno Karabakh, non nasconde più le sue mire neo-imperiali;
2) a nord-est gli Stati Uniti, che rafforzano la loro politica egemonica in Medio Oriente (e potranno continuare a rubare il petrolio siriano);
3) a sud lo Stato ebraico, che ha già occupato le alture del Golan e non esiterà a mangiarsi altre parti del territorio siriano (avanza il progetto della “Grande Israele”);
4) a ovest la Russia che, anche nello scenario peggiore, dovrebbe mantenere la base navale a Tartus e la base aerea a Lakatia.
Ma è altamente probabile che ci saranno continue frizioni di natura bellica o terroristica. Una situazione globale di caos di cui farà le spese il popolo siriano. Sono già iniziati gli scontri armati tra i terroristi filo-turchi e i curdi che, dopo essersi messi al servizio degli americani, reclamano la loro parte di bottino. Israele, dal canto suo, sta facendo l’unica cosa che gli riesce bene: bombardare e distruggere a più non posso. I tagliagole islamisti, nonostante i tentativi mediatici di ripulirne l’immagine, procedono con le esecuzioni sommarie di civili disarmati.
Sulla nazione siriana volteggiano gli avvoltoi…