L’ex presidente siriano Bashar al-Assad ha recentemente rilasciato una dichiarazione attraverso i canali social dell’ufficio presidenziale, svelando dettagli drammatici sugli ultimi giorni del suo governo e sulla sua decisione di lasciare la Siria. Al-Assad ha negato di essersi dimesso volontariamente o di aver cercato rifugio, sottolineando come la sua permanenza a Damasco fosse motivata dal dovere fino all’ultimo momento.
La caduta della Siria e il ruolo di Hayat Tahir al-Sham
Secondo l’ex presidente, il Paese è ormai “nelle mani dei terroristi“. Al-Assad ha attribuito gran parte della responsabilità della crisi siriana a Hayat Tahir al-Sham, un’organizzazione che ha giocato un ruolo determinante nella presa del controllo del territorio siriano. “Non ho lasciato la mia patria in modo pianificato, come cercano di far credere. Sono rimasto a Damasco fino alla mattina dell’8 dicembre, adempiendo ai miei doveri“, ha dichiarato al-Assad, smentendo le speculazioni che lo accusavano di aver abbandonato il Paese nel momento più critico.
“Non ho mai considerato la possibilità di dimettermi”
Al-Assad ha ribadito che non ha mai preso in considerazione l’idea di abbandonare il proprio incarico, nonostante la pressione crescente e la situazione ormai insostenibile. “In nessun momento ho considerato la possibilità di dimettermi o di chiedere rifugio“, ha scritto, aggiungendo che nessuna fazione gli ha mai proposto questa soluzione.
La sua decisione di restare fino alla fine, secondo quanto afferma, era guidata dalla convinzione che combattere fosse l’unica strada per opporsi al “massacro operato dai terroristi”.
Una riflessione sulla leadership e sul futuro della Siria
Con un tono carico di amarezza e determinazione, al-Assad ha ammesso che, quando lo Stato cade in mano ai terroristi, “qualsiasi posizione si svuota di scopo“. Questa constatazione, tuttavia, non ha scalfito il suo legame con il Paese e la sua gente. “Il mio profondo senso di appartenenza alla Siria e alla sua popolazione rimane immutato, in qualsiasi posizione o circostanza“, ha affermato, esprimendo la speranza che la Siria possa tornare a essere libera e indipendente.
Una Siria ancora in crisi
Le parole di Bashar al-Assad arrivano in un momento in cui la Siria si trova in una situazione di grave instabilità politica e sociale. Le fazioni armate continuano a contendersi il controllo del Paese, e milioni di cittadini vivono una quotidianità segnata dalla paura e dalla precarietà. La testimonianza dell’ex presidente, pur sollevando interrogativi sul suo operato e sulla gestione della crisi, pone l’accento su una realtà drammatica: il futuro della Siria resta incerto e legato a dinamiche internazionali e interne estremamente complesse.
Concludendo, al-Assad ha rivolto un messaggio di speranza alla popolazione siriana, auspicando una rinascita che restituisca al Paese la sua libertà e la sua indipendenza. Una speranza condivisa da milioni di siriani che, nonostante tutto, continuano a credere in un futuro migliore.
La situazione che in Siria si sta delineando ,
per il momento , non mi sembra ancora del tutto chiara .
Probabilmente , le forze sconfitte si stanno riorganizzando e , forse , ci vorrà un po’ di tempo per ricompattarle . Lo lascia supporre la dichiarazione del portavoce degli Affari Esteri iraniano , Esmail Baghai , che ha affermato che l’ambasciata del suo Paese , a Damasco , ha subito pesanti devastazioni e , non è possibile renderla operativa entro un breve termine . Ma anche Mosca , sembra , che abbia bisogno di tempo . almeno , questo lasciano presumere le parole di Dimitry Peskov , portavoce del Cremlino , che a proposito della questione delle basi russe in Siria , laconico , ha detto che la Russia intende risolvere la faccenda con il dialogo .
Intanto , nel Paese di Al Assad le esecuzione sommarie di alawiti e cristiani continuano , mentre Al Jolani , ipocritamente , afferma , che tutte le fazioni armate saranno , al più presto , sciolte e riunite in un unico esercito regolare .
Di contro , l’unico a cui non gli si può dare , certamente , la patente di ipocrita è stato il massimo esponente dell’ultradestra olandese Geert Wilders , che nel commentare l’ennesima uscita buonista di Bruxelles , per agevolare un rimpatrio volontario dei siriani , ha asserito che pagarli per farli ritornare a casa è un’idea cattiva ma , bisogna mandarli via e basta .
Altrettanto certamente , invece , si può dare la patente di megalomane a Tom Fletcher , coordinatore per gli aiuti di emergenza ONU , che si è prontamente attivato per mandare viveri e quant’altro ai Siriani , dichiarando che le Nazioni Unite intendono fare , questa volta , le cose in grande . A noi non resta altro che chiedersi , dopo queste parole , perché il popolo palestinese non abbia avuto la stessa attenzione .
Indubbiamente , un’attenzione , per niente umanitaria , ha suscitato la Siria in Washington , Londra e Bruxelles .
Gli americani , attraverso il portavoce del Dipartimento di Stato , Mettew Miller , hanno detto che spetta al popolo siriano decidere del proprio futuro e sulla sorte delle basi russe . Affermazione che suona di un qualcosa di alquanto sibillino , visto che nella precedente notte , caccia a stelle e strisce avevano martellato a più riprese le postazioni ISIS , presenti in Siria , uccidendo 12 miliziani . Più diretti , invece , sono stati gli inglesi che hanno già inviato una nutrita delegazione di alti funzionari a Damasco. Ma anche senza mezzi termini sono state le affermazioni di Trump che , dopo aver definito Al Assad un macellaio , ha riconosciuto , pubblicamente . il ruolo chiave svolto da Ankara nella vicenda .
E se , nel frattempo Il Cairo si è limitato ad esprimere le sue preoccupazioni per il vuoto di potere , che potrebbe favorire una probabile ascesa di una non meglio precisata fazione terroristica , Bruxelles si è unita al coro , innalzato da Washington e da Londra , attraverso le parole pronunciate da Kaja Kallas , che dopo aver espresso le sue preoccupazioni sul ruolo delle basi russe sul territorio siriano e la loro attività ed influenza in Medio Oriente e verso l’Africa , ha sentenziato : “che non abbiano posto in Siria” .
E così dopo che tutti gli attori principali e secondari , protagonisti , deuteragonisti , antagonisti , comprimari , comparse e compagnia bella sono venuti alla luce ed hanno palesato , apertamente il loro ruolo , semmai ce ne fosse stato bisogno , nella intrigata faccenda , a noi non resta altro che aspettare l’evolversi della situazione .
Con le forze russe impegnate sul fronte ucraino, Putin ha fatto bene a non aprire un altro fronte in Siria, visto il cedimento dell’esercito siriano dovuto probabilmente alla corruzione e al tradimento dei suoi alti ufficiali.
Ciò premesso, le responsabilità della Russia per quanto avvenuto e sta avvenendo in Siria sono gravi ed evidenti.
Nel 2020, i siriani fedeli al governo legittimo di Assad volevano combattere fino in fondo per scacciare i terroristi da Idlib e gli americani dall’est del Paese, e avevano tutta la possibilità di farlo. Con il pieno supporto di Hezbollah e con la copertura aerea russa, i loro nemici non avrebbero avuto scampo. Ma è stato proprio Putin a fermarli, imponendo accordi fasulli di cessate il fuoco che non hanno fatto altro che dare ai mercenari jihadisti quattro anni di tempo per organizzarsi, armarsi e addestrarsi. Nello stesso periodo, si è consentito a Israele di distruggere milizie e posizioni iraniane e libanesi in Siria con continui bombardamenti, senza che le forze armate di Damasco abbiano mai ricevuto da Mosca un solo S-400 (sistema d’arma antiaereo a lungo raggio di fabbricazione russa) per rispondere o perlomeno difendersi dalle continue incursioni aeree dello Stato ebraico. A quanto pare, quando c’è di mezzo Sion anche la Santa Madre Russia si cala le braghe…
Certo, Putin non è uno zar onnipotente come grottescamente viene rappresentato dalla stampa occidentale, è più che altro un mediatore tra fazioni, ed evidentemente, anche se la ricca comunità ebraica russa si è ridotta a meno di 40.000 persone, la fazione filo-sionista continua purtroppo ad avere un’influenza decisiva sulla politica del Cremlino.
Inutile arrovellarsi sulle dichiarazioni di attori e spettatori della tragedia siriana. La situazione attuale è questa: la Siria è in buona parte occupata da Israele, dalla Turchia e dalle basi illegali degli USA (che continuano a papparsi tutto il petrolio siriano), e per il resto è invasa da un’orda di terroristi salafiti proposti all’opinione pubblica occidentale e al mondo arabo sunnita come partigiani liberatori e neo-statisti. Se i russi dovessero anche perdere la base aerea di Hmeimim a Lakatia e quella navale a Tartus, il danno strategico che ne avrebbero sarebbe imperdonabile. Inutile porre linee rosse, se poi chi le viola resta impunito; inutile avere i missili se, quando servono, non vengono usati.