La piccola Sila, una neonata di appena pochi mesi, è morta nel freddo delle notti di Gaza, vittima di una tragedia che non può essere ignorata. Il suo decesso, avvenuto a causa delle condizioni disumane in cui vivono migliaia di palestinesi, è l’ennesima conseguenza di un conflitto che ha ormai il sapore di un genocidio sistematico. La sua morte, in una zona devastata dalla guerra e dall’assedio, è un simbolo del prezzo terribile che la popolazione civile paga ogni giorno.
Sila non è morta sotto i bombardamenti diretti, ma a causa dell’impossibilità di accedere a riscaldamento, cibo e cure mediche adeguate, condizioni che sono il risultato di un blocco che dura ormai da più di 15 anni. Con l’inverno che stringe Gaza in una morsa di freddo, le famiglie palestinesi vivono in case distrutte o in rifugi improvvisati, senza elettricità e con scorte di carburante ridotte al minimo. La morte di una neonata in queste circostanze non è un caso isolato, ma una tragedia che si ripete ogni giorno.
Le politiche di Israele, che impongono un blocco totale su Gaza e bombardano sistematicamente le infrastrutture vitali, sono ormai un atto di genocidio. Non si tratta solo di una guerra, ma di un tentativo deliberato di annientare la popolazione palestinese attraverso la fame, il freddo, la mancanza di cure mediche e la distruzione di ogni possibilità di sopravvivenza dignitosa. E mentre le vittime innocenti come Sila muoiono, la comunità internazionale continua a rimanere in gran parte silenziosa e complice.
Il caso di Sila non è solo una tragedia individuale, ma un simbolo di un genocidio che non può più essere ignorato. La morte di questa neonata è un grido di dolore che deve scuotere le coscienze del mondo intero. È ora che la comunità internazionale agisca con fermezza per fermare l’impunità di Israele e sostenere il diritto del popolo palestinese a vivere in pace, libertà e dignità. Ogni morte come quella di Sila è una ferita per l’umanità intera.
“Il caso di Sila non è solo una tragedia individuale, ma un simbolo di un genocidio che non può più essere ignorato”, scrive giustamente Cortese.
Eppure c’è ancora chi questo genocidio lo nega – ma sì, cosa vuoi che siano oltre 45.000 morti accertati (a cui aggiungere quelli non ancora identificati perché sotto le macerie) e più di 100.000 feriti…
Oppure lo giustifica – eh, signora mia, ma Israele ha il diritto di difendersi!
No, signora mia, il diritto lo hanno i palestinesi che sono a casa loro, nella loro terra e non hanno invaso nessuno!
Israele è solo un malvagio progetto di colonialismo d’insediamento, che utilizza il genocidio come ultima ratio per sbarazzarsi dei nativi e si serve della mano della superpotenza statunitense per portarlo a termine: 80.000 tonnellate di esplosivo sganciate in 14 mesi su un esiguo territorio accerchiato come un carcere di massima sicurezza da ogni lato, più il supporto di una corazzata mediatica e finanziaria dalla pervasività illimitata.
Tutta colpa di Netanyahu?
Neanche per sogno! La pulizia etnica della Palestina e del suo popolo era nei piani del sionismo prima ancora che si costituisse lo Stato ebraico in Palestina. Non dovete credere a me, ma ai massimi esponenti del sionismo, a cui di seguito lascio la parola.
“Dobbiamo espropriare con delicatezza la proprietà privata sulle tenute assegnateci. Cercheremo di far passare la popolazione senza un soldo oltre confine procurandole un impiego nei paesi di transito, negandole al contempo un impiego nel nostro paese… Sia il processo di espropriazione che di rimozione dei poveri devono essere eseguiti con discrezione e circospezione” – Herzl, 1895. (Da notare: per Herzl, i palestinesi non hanno un nome, sono solo “popolazione”, “poveri”, “essi”).
“Non c’è scelta: gli arabi devono fare spazio agli ebrei di Eretz Israel. Se è stato possibile trasferire i popoli baltici, è possibile anche spostare gli arabi palestinesi… Noi ebrei, grazie a Dio, non abbiamo nulla a che fare con l’Oriente… L’anima islamica deve essere spazzata via da Eretz Israel” – Jabotinsky, 1939.
“Per patria nazionale ebraica intendo la creazione di tali condizioni affinché, man mano che il paese si sviluppa, possiamo immettere un considerevole numero di immigrati e, infine, stabilire in Palestina una società tale che la Palestina sia ebraica quanto l’Inghilterra è inglese o l’America è americana” – Weizmann, 1919. (Quelli che in Italia sono pro Israele, ma contro l’immigrazione di massa nel proprio paese, farebbero bene a meditare su queste parole di Weizmann…).
“Io sostengo il trasferimento obbligatorio. Non vedo nulla di immorale in esso” – Ben Gurion, 1937.
“La mia ipotesi… è che uno stato ebraico su una sola parte (riferendosi al piano di spartizione, n.d.a.) del territorio non sia la fine ma l’inizio… ogni aumento di forza contribuisce al possesso del territorio nel suo complesso” – Ben Gurion, 1938.
Dal fondatore del sionismo, Herzl, al primo ministro di Israele, Ben Gurion, l’obiettivo è sempre stato UNA TERRA PER GLI EBREI ISRAELIANI, SENZA GLI ARABI PALESTINESI. Israele è uno stato genocida, e lo è fin dalle sue origini.
Bravo Massimo condivido tutto, ma purtroppo in Italia da Sinistra a Destra sono tutti leccaculo di Americani e luridi Ebrei, io spero solo che prima o poi qualcuno spazzi via quella specie di razza.