di Gloria Callarelli
Dopo il colpo di Stato avvenuto lo scorso 8 dicembre, la situazione in Siria resta drammatica. La presa di potere dei guerriglieri HTS e del terrorista Al Jolani, salutata dall’Occidente come una svolta positiva, in realtà non promette nulla di buono visti i continui scossoni e le divisioni incontrollate all’interno dell’area (ancora martoriata) e il background del gruppo alla guida oggi del Paese. Ne abbiamo parlato con Hassan Sakr, leader del partito SSNP, il partito Social Nazionalista Siriano.
Un grande piacere per noi poterLa ospitare mister Sakr. Ci può dire qual è l’attuale situazione in Siria dopo il recente colpo di Stato?
Dopo il Colpo di stato di pochi giorni fa la situazione è instabile e confusa. Si registrano incidenti un po’ ovunque e chi comanda ora, però, non è certamente più democratico: i loro lati oscuri sono evidenti. Ad ogni modo ad oggi i cristiani di Maaloula stanno lasciando la Siria, gli alawiti stanno manifestando contro il nuovo regime, i drusi stanno manifestando contro la nuova occupazione israeliana, i curdi sono frustrati dagli attacchi turchi, gli sciiti stanno lasciando la Siria, i gruppi sunniti più piccoli stanno combattendo contro il nuovo regime. In breve: è un completo disastro. Probabilmente questo è ciò che Israele e l’Occidente vogliono.
Cosa sta accadendo ai cristiani? Prima erano tutelati, ora?
Non ci sono grosse persecuzioni ancora ma la paura di una prossima repressione sì: molti non tornano nelle loro case perchè non si fidano e temono per la loro incolumità. Continuano, infatti, a verificarsi sporadicamente incidenti e attacchi contro i cristiani e contro i monumenti cristiani: qualche sacerdote è stato allontanato con durezza, diverse costruzioni legate alla cristianità sono state distrutte.
Come spiega la rapidità del Colpo di Stato con l’ingresso lampo degli occupanti in Siria?
Per quanto riguarda il colpo di Stato si può spiegare con un tradimento da parte dell’esercito: i vertici dell’esercito sono stati comprati e hanno ordinato di non combattere. Per questo la penetrazione è stata così rapida.
Come vedete invece il non intervento dei russi?
Per quanto riguarda i russi… secondo i siriani la sensazione è che abbiano fatto un accordo con gli americani per quanto riguarda i futuri sviluppi della guerra in Ucraina con il risultato, in cambio, di destituire Assad in Siria.
L’avanzata di Israele?
Israele sta occupando diverse aree: avranno occupato 500 chilometri nella zona de Golan. Resteranno nei territori della Siria, del resto ormai è una Nazione senza esercito, senza possibilità di difendersi. Il nuovo regime non dice una parola sull’invasione, gli omicidi e la distruzione che sta portando avanti Tel Aviv. Israele sta pensando di creare una grande Zion, nei loro piani con il Libano e la Siria.
Il Libano ha già mostrato i muscoli ma sarà il prossimo obiettivo?
Per quanto riguarda il Libano non credo che la situazione sia così negativa adesso: c’è stato probabilmente un accordo per lasciare il Paese fuori da questo caos. Ma con i gruppi radicali non puoi certo garantire accordi a lungo termine. Appena prendono potere cambiano immediatamente strategia.
Infine una domanda strettamente politica. Che differenza c’è fra il Vostro movimento e il partito Baath, il maggior partito in Siria?
C’è una differenza ideologica. Noi siamo laici, loro sono nazionalisti ma non sono laici (attenzione: parliamo di laicità, però, in un contesto totalmente musulmano. L’SSNP, dunque, non vuole un Paese dominato da una religione NDR). Loro sono pan arabi, pan occidentali. Noi siamo più democratici rispetto a loro, inoltre la loro idea di economia è molto più di sinistra rispetto alla nostra. La nostra è molto più social-nazionale potremmo dire: con il concetto di distribuzione della proprietà piuttosto che di proprietà in mano allo Stato.
Quale sarà il futuro?
In Siria tutt’ora vi sono dimostrazioni, anche a Damasco. Il futuro non è chiaro: saremo guidati dagli islamisti? Ci saranno divisioni? O saremo guidati dai turchi? Quel che è certo è che oggi non siamo di certo liberi.
Mi fa pensare questo” dopo toccherà al Libano…” l’Occidente ( usa) dev’essere fermato e spero che Trump posti la distensione in tutti i paesi ad alta criticità, lo auguro di vero cuore alla Siria, nazione avanzata rispetto ad altre.
Concordo con l’analisi dell’intervistato: la priorità di Israele e Stati Uniti – veri vincitori dell’ultradecennale guerra alla Siria – è promuovere le divisioni settarie e impedire l’emergere di un’autorità centrale che ricostituisca uno Stato siriano forte e unito. Più in generale, l’obiettivo di Tel Aviv e dei neocon che dominano la politica estera di Washington fin dai primi anni 2000 è quello di disarticolare e gettare nel caos qualsiasi entità statale del Medio Oriente che non si sottometta all’egemonia israeliana e statunitense.
Ora, per quanto la situazione sia in continuo mutamento, mi pare chiaro che il destino dei siriani si stia modellando su quello dei palestinesi, cioè si sta delineando un futuro in cui la Siria può diventare come la Cisgiordania, oppure come Gaza. E su questo, la visione degli USA e dei suoi alleati europei sembra divergere da quella di Israele.
Americani ed europei preferiscono per la Siria la via “della Cisgiordania”, motivo per cui si sono concentrati sulla riabilitazione politica e mediatica del terrorista Al Jolani e del suo gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS). In questo scenario, Al Jolani e i suoi mercenari salafiti riuscirebbero a convincere USA e UE che sono pronti a fare qualunque cosa venga loro ordinata e che Israele non ha nulla da temere da loro. Il governo dell’HTS sarebbe come quello collaborazionista dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) in Cisgiordania, cioè poco più che una forza di polizia, utilizzata per reprimere qualche “testa calda” e del tutto incapace di sfidare l’occupante sionista. E così come il governo dell’ANP è impotente nei confronti degli insediamenti illegali ebraici in Cisgiordania – e non ha neppure accesso a risorse essenziali, tra cui falde acquifere, terreni agricoli e cave -, allo stesso modo gli jihadisti, ormai divenuti “buoni”, eserciteranno un governo debole e territorialmente limitato. Certamente non avranno accesso né alle aree sorvegliate dagli Stati Uniti, dove si trova gran parte del petrolio del paese, né all’ampia fascia nel sud-ovest della Siria, che Israele ha invaso e ha dichiarato di volersela annettere.
L’altro scenario è quello “di Gaza”. I generali israeliani parlavano di riportare Gaza “all’età della pietra” molto prima di essere in grado di realizzare quest’obiettivo con l’attuale genocidio. Quegli stessi generali ritenevano che le distruzioni indiscriminate offrissero un duplice “vantaggio”: a breve termine, costringevano la popolazione locale a concentrarsi sulla mera sopravvivenza anziché organizzare la resistenza; a lungo termine, la popolazione presa di mira avrebbe capito che, data la severità della punizione, qualsiasi futura resistenza a Israele avrebbe dovuto essere evitata a tutti i costi. I bombardamenti a tappeto nei territori siriani che hanno avuto la disgrazia di essere “liberati” da Israele sono un’applicazione, per ora su scala ridotta, di tale strategia criminale.
Al momento, sembra prevalere la “soluzione cisgiordana”.
Resta da capire quale sarà il ruolo dell’altro vincitore della guerra in Siria, la Turchia. E’ indubbio che il successo dell’HTS e dei turkmeni del Syrian National Army (SNA), sia stato il risultato di un forte sostegno finanziario, militare e di intelligence da parte della Turchia e abbia consentito al governo di Ankara di istituire una “zona cuscinetto” di 30 chilometri nelle province nord-occidentali della Siria. Per creare quest’area di sicurezza, le forze filo-turche hanno effettuato una pulizia etnica delle popolazioni curde, sostituendole con turkmeni e arabi sunniti, il che ha provocato violenti scontri con le Syrian Democratic Forces (SDF), raggruppamento di miliziani in prevalenza curdi.
Ma non ci sono solo le tensioni con i curdi.
Le mire imperiali neo-ottomane di Erdogan vanno sempre più a confliggere con i deliri pseudo-messianici di Netanyahu e la sua “Grande Israele”. Il presidente turco continua a lanciare minacce verbali contro lo Stato ebraico, intimandogli di non interferire nel Kurdistan siriano, ma la realtà è che qualsiasi azione turca provocherebbe una dura risposta da parte delle Forze di difesa israeliane (IDF) e delle forze americane.
La Siria è diventata il teatro di un complesso gioco di interessi confliggenti di potenze straniere. A farne le spese, purtroppo, è e sarà il popolo siriano.
I peshmerda curdi,come venivano chiamati, purtroppo, come già emerso durante l’ultima guerra, falsamente chiamata “guerra civile siriana”, ma in realtà eterodiretta dai nemici della Siria, hanno molto contribuito alla destabilizzazione, anche prima della recente caduta di Assad. Nelle zone curde hanno operato gli USA, che occupavano posizioni in Siria ed in opposizione alla sovranità ed integrità territoriale del Paese. La finalità di rendere la Siria “terra di nessuno”, andava avanti ormai da anni. Non riuscendoci durante la guerra, hanno cercato, probabilmente, di intebolire lo Stato centrale siriano rafforzando tutti i gruppi principali siriani. L’occasione si è presentata con il bombardamento siriano del Libano, prima, e della Siria, poi, da parte dell’entità sionista. Si può dire quindi che Hezbollah e l’Iran erano l’unica forza che, sul campo,garantiva l’unità della nazione siriana dopo il conflitto e in attesa di una ricostruzione. Venuta meno l’influenza dell’Iran sciita, che qualcuno ha voluto strutturalmente colpire, la nazione siriana è crollata. La sensazione che la Russia abbia agito poco, l’hanno avuta in molti,e proprio in relazione alle questioni di risoluzione della crisi in Ucraina e l’ elezione di Trump. Per il resto, in passato, la Russia dialogava con Isrsele nel tenere limitata l’influenza iraniana in Siria. Proprio la Russia, ad un certo punto, si sentitva in competizione con l’Iran per l’egemonia in Siria. Troppe volte sono state tollerate le scorribande degli isrseliani nei cieli limitrofi e sotto il controllo russo. Qualora la Russia sia venuta a patti con qualcun’altro, dopo l’elezione di Trump, sarebbe una mossa distruttiva, poiché nulla riuscirebbe a compensare la perdita di basi strategiche nel Mediterraneo. L’unica cosa certa che sappiamo è che hanno minato l’unità siriana attraverso l’indebolimento dello Stato siriano, rafforzando le varie realtà settarie o etniche,da Nord a Sud. E questo avvantaggia molto Israele, che ha già illegalmente occupato molti territori della Siria. Per il resto, è una tattica che persino Luttwak conosce molto bene, cioè quella che, in un libro, definiva “la grande strategia dell’Impero romano bizantino”, cioè creare scontri tra realtà differenti,avvantaggiando quella principale.
Un pensiero, inoltre, va ai cristiani perseguitati in Siria, anche se il mondo si è concentrato su Cecilia Sala arrestata in Iran,che diventerà la nuova Salis.
Ai sionisti non basta la “Terra Promessa”, i sionisti vogliono tutta la terra possibile.
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