di Antonio Azzerlini

La riforma della scuola proposta recentemente dal ministro dell’istruzione Valditara è divenuta ormai un caso mediatico che sta scatenando polemiche tra i suoi detrattori e i suoi sostenitori. I primi, soprattutto PD e M5S, ritengono che si tratti di un ritorno alla “scuola del libro Cuore” (CGIL), di un “piccolo mondo antico” (sinistra in generale), di un ritorno in sostanza ad una tipologia di scuola ottocentesca, e dunque retrograda (Schlein), e incapace di formare le nuove generazioni.

Vi sono state manifestazioni ostili anche da parte degli studenti, i quali hanno parlato in proposito di “idee
reazionarie”. Al contrario, i secondi, in particolare personaggi della sfera culturale, sottolineano la validità della proposta del ministro, alla cui base vedono un ritorno ad una sorta di “umanesimo” nel mondo dell’istruzione, in cui i giovani vengono finalmente posti al centro dell’attenzione, non solo in quanto discenti, ma anche come esseri umani che necessitano di essere compresi nei loro bisogni emotivi, oltre che di apprendimento. Vediamo più nel dettaglio i punti salienti della riforma. La nuova scuola prevede innanzitutto il ritorno dello studio del latino nella scuola
media, abolito nel 1978, ma solo a partire dalla seconda classe come materia opzionale, seppure curriculare, di un’ora la settimana e a scelta delle famiglie. Questa scelta è dovuta alla convinzione che l’apprendimento del latino sia utile per lo sviluppo delle capacità critiche e logiche del discente, per la sua crescita intellettiva, per la sua maturazione (tutte cose vere a mio avviso). In secondo luogo, la materia delle scuole superiori denominata Geostoria verrà disgiunta nei suoi elementi costitutivi di geografia e storia, che verranno considerate materie separate e che godranno della massima attenzione in quanto discipline ritenute fondamentali per la preparazione dello studente. Non a caso, l’obiettivo è la centralità della narrazione storica dall’antichità fino ai nostri giorni, dando particolare attenzione attraverso l’analisi delle fonti alla storia antica in generale e alle storie d’Italia e dell’Occidente in particolare. A ciò si aggiunga una mirata attenzione fin dalle classi elementari allo studio della musica, dell’epica (mitologia greca e latina), della letteratura (italiana e straniera), della grammatica, alla scrittura. Non manca neppure una notevole importanza data allo sviluppo della creatività e della fantasia fin dalle medesime classi. E infine, la lettura della Bibbia sarà nell’ottica del progetto una sua parte fondamentale, perché, come la storia antica è indispensabile per comprendere le radici ideologiche dell’Occidente, così le Sacre Scritture lo sono per capirne le radici cristiane.

Al di là delle farnerticazioni della sinistra, che non può accettare ideologicamente lo studio di discipline che aiutino ad avere un pensiero indipendente, quali la storia e il latino, e che vede come il fumo negli occhi la lettura della Bibbia per lo stesso motivo, vorrei soffermarmi sulla possibilità o meno dell’applicazione di una simile riforma. In apparenza sembra un progetto ambizioso e bellissimo; una sorta di paradiso scolastico attraverso l’attenzione data a materie indispensabili come la storia e la geografia.

Ma siamo sicuri che tutto ciò sarà possibile? In primo luogo, si parla della formazione degli studenti, ma non degli insegnanti (unica critica condivisibile), i quali sono ben noti per la maggior parte per la loro impreparazione, soprattutto storica e geografica, e per la loro forte impronta ideologica, in quanto formatisi principalmente negli anni in cui la cultura venne affidata dalla DC al PCI. Non è un caso che il mondo dell’insegnamento e intellettuale siano feudi che insegnano la storia secondo le ideologie marxiste o di sinistra. A ciò si aggiunga la pesante e fortissima presenza dell’apparato burocratico, tale da impedire al corpo insegnanti di svolgere appieno il proprio lavoro perché la maggior parte del tempo viene impiegata per occuparsi di scartoffie piuttosto che dell’insegnamento vero e proprio. A seguire, i giovani, fin dalle scuole elementari sembrano dover essere caricati di una notevole mole di lavoro attraverso l’aggiunta di altre materie, ed è improbabile che si riesca ad incastrare tutto quello che prevede la riforma senza aggiungere ulteriori ore scolastiche, oppure eliminando qualche altra materia. Qui sorge il problema dell’organizzazione del mondo della scuola, da anni ormai in preda ad un caos a tutti i livelli che appare infinito. Basti dare uno sguardo al sistema delle supplenze e dell’immissione dei posti di ruolo, tanto che molti insegnanti rimangono precari a vita o quasi. Infine, la riforma sta ottenendo un risultato fantastico per qualsiasi sistema “dittatoriale”, come il nostro per esempio: sta provocando una querelle tale da dividere gli italiani in due fazioni che si sbranano tra di loro, senza rendersi conto che in una sistema come questo nessuna riforma è realmente possibile, perché una società marcia può produrre solo frutti marci. La nuova scuola del ministro Valditara appare come un lupo travestito da agnello, come un paradiso dietro cui si cela l’inferno, perché in realtà sembra quasi nascondere un sistema di controllo e perché ci sta mettendo gli uni contro gli altri (una metodologia tipica della classe politica italiana, soprattutto nella seconda repubblica) ritardando quella rivoluzione popolare che tanto auspichiamo e che i nostri politici altrettanto temono.

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