di Luigi Cortese

Alla recente Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, il Vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha infiammato il dibattito con un discorso destinato a lasciare il segno. Cattolico fervente e conservatore, Vance ha denunciato la deriva autoritaria dell’Europa, mettendo in discussione non solo la sua strategia bellica in Ucraina, ma anche il suo progressivo allontanamento dai valori fondanti della libertà e della democrazia.

Nel suo intervento, Vance ha parlato di una “libertà in ritirata“, puntando il dito contro le severe restrizioni alla libertà di parola imposte in vari paesi europei. Con un chiaro riferimento a leggi come la Scelba e la Mancino in Italia, alle rigide normative revisioniste in Germania e alle severe leggi britanniche sul “disorderly behaviour“, il Vicepresidente USA ha paragonato la situazione europea a quella di regimi autoritari. Un’affermazione che ha scatenato un’ondata di reazioni, tra cui quella del ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, che ha definito il paragone “inaccettabile“.

Mentre Vance invitava alla riflessione, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha rilanciato con un annuncio ancora più provocatorio: l’Unione Europea deve aumentare massicciamente la sua spesa per la difesa. Von der Leyen ha proposto di attivare una “clausola di emergenza“, che escluderebbe le spese militari dai vincoli del Patto di Stabilità, con l’obiettivo di portare il budget per la difesa al 3% del PIL europeo entro il 2027. Un aumento senza precedenti, stimato in oltre 100 miliardi di euro.

Le parole di Vance hanno trovato una sponda anche nel dibattito politico italiano. Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, ha accolto con favore la posizione del Vicepresidente USA, dichiarando:

L’America rompe con il politically correct, mentre l’Europa resta prigioniera della retorica della guerra. Se Von der Leyen insiste nell’aumentare la costruzione di armi, dimostra la sordida propensione alla guerra della vecchia Europa. L’Italia—governo, magistratura, media—resta immobile ad ascoltare parole che ne decretano la fine.”

Le dichiarazioni di Vance e von der Leyen mettono in evidenza una frattura sempre più evidente tra Washington e Bruxelles. Da un lato, gli Stati Uniti sembrano prendere le distanze da un’Europa sempre più militarizzata e repressiva, dall’altro, l’UE accelera la sua corsa verso il riarmo, invocando l’urgenza di affrontare nuove minacce globali.

Di fronte a questa divisione crescente, una domanda sorge spontanea: l’Europa seguirà davvero questa strada o l’intervento di Vance segna l’inizio di un cambio di rotta?

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