di Antonio Azzerlini (foto Instagram)
Che il mondo italiano dello spettacolo sia un coacervo di personaggi venduti al sistema anticulturale che da troppo tempo ci opprime è cosa nota. Che molti di siffatti personaggi si siano resi ridicoli mediante affermazioni assurde e condite di ideologia sinistroide è cosa altrettanto risaputa. Ma adesso possiamo affermare con certezza che si è ampiamente oltrepassato il senso del ridicolo. Mi riferisco alla polemica che da alcuni giorni sta infuriando sui social sulle affermazioni (da TSO) della cantautrice torinese Francamente, al secolo Francesca Siano. In occasione della finale di volley femminile che si è tenuta a Milano il 9 febbraio scorso all’esimia artista è stato proposto di cantare l’inno nazionale prima dell’inizio del match. A questo punto, ha sganciato la bomba. La stella di X Factor ha asserito che si tratta di un inno non inclusivo e di aver pensato di cantarlo cambiandone le parole del testo. Essendogli stato fatto notare che un simile gesto è reato per vilipendio alla bandiera, ha deciso non di rifiutare di cantarlo, ma di farlo ugualmente da donna queer e vestendo con determinati colori, cogliendo quella che ha definito “una opportunità di prendersi uno spazio per lanciare un messaggio”. La cantante, noto membro della comunità LGBTQ+, ha dichiarato che in Italia esistono persone queer, transessuali, non binarie, neri, che hanno pari dovere e diritti di tutti gli altri italiani e che sono stanche del clima di omofobia e di razzismo dell’italia odierna. Ha rincarato la dose dicendo che il tricolore in cui si riconosce l’Italia è anacronistico, retaggio di un’epoca in cui fu scritto l’inno di Mameli per unificare tutti gli stati italiani sotto un’unica bandiera, che adesso andrebbe sostituita con un’altra di pace e di inclusività. Dal mondo della politica si è sentita la voce di Salvini, che ha definito ridicolo tutto ciò (e lui di ridicolo se ne intende). La Meloni ha risposto, senza citare la cantante, che “Fratelli d’Italia è un richiamo all’identità e alla fratellanza di una Nazione che guarda avanti con fierezza. Viva l’Italia, viva il nostro Inno. Sempre.”
Facciamo il punto della situazione. Prima di tutto l’inno nazionale non si intitola “Fratelli d’Italia”, ma “Canto degli italiani”. Scritto nel 1847 dal poeta Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, già dal titolo si evince che si rivolge a tutti gli italiani, senza fare alcun riferimento di genere, ma solo cercando di infuocare il patriottismo nostrano contro gli invasori stranieri. È semplicemente un canto imbevuto di spirito nazionalista e di amor di patria, due concezioni che dovrebbero essere comuni in chiunque ami il proprio paese; ma non è il caso di Francamente e di quelli come lei, che in una nazione seria sarebbero qualificati come traditori, con tutte le conseguenze del caso.
Non sarebbe un inno inclusivo secondo la cantautrice? Dipende da cosa si intende per inclusività. Se ci si vuole riferire a tutti gli esseri umani, no, non lo è. Ma, dal momento che è un canto degli italiani, composto appositamente per un determinato popolo, lo è eccome, perché si riferisce a tutti gli italiani: maschi e femmine, etero e gay, nessuno escluso. Non si tratta di un inno al patriarcato o all’omofobia, follie che all’epoca della sua stesura non erano neppure concepibili. Applicarle a quei tempi storici è illogico e anacronistico.
Le categorie citate da Francamente non sarebbero persone di serie B e hanno pari diritti e pari doveri? Non mi risulta che manchino di diritti sociali o politici, che non possano esprimere il loro voto nelle urne, che non possano muoversi liberamente attraverso il paese. Diciamo piuttosto che secondo la cosiddetta artista queste categorie dovrebbero avere il potere assoluto e schiacciare chi dissente. Lo scopo delle persone come lei e di coloro che le strumentalizzano è di sostituire la normalità con la anormalità, lo Woke con la cultura tradizionale.
Il tricolore sarebbe anacronistico? Mai sentito nulla di più stupido e offensivo nei confronti di coloro che nel passato hanno dato la vita per la nostra bandiera. E non faccio questioni ideologiche su quale parte politica avesse ragione o meno. Mi riferisco soltanto a tutti quei giovani che, infervorati dalla causa nazionalista, hanno combattuto nelle guerre d’indipendenza. Vedi il caso lampante delle battaglie di Curtatone e Montanara, in cui gli studenti dell’università di Pisa combatterono con coraggio e disciplina per fermare gli austriaci. Mi riferisco ai nostri giovani che durante la prima guerra mondiale versarono il loro sangue per difendere la patria dal nemico austriaco e che nel dopoguerra solo il fascismo seppe riconoscere i loro meriti. I campi di battaglia del Trentino, di Gorizia, del fiume Isonzo e i cimiteri di guerra sono le testimonianze dirette del loro eroismo. Mi riferisco ai giovani che durante la seconda guerra mondiale decisero di rimanere fedeli a Mussolini dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e che si batterono per l’onore d’Italia contro gli invasori alleati e contro i partigiani dietro i quali vi erano forze ostili alla nazione. Francamente con le sue dichiarazioni ha offeso tutti quanti hanno dimostrato l’amore per il proprio paese morendo per esso.
La verità è che dietro le parole della cantautrice vi è l’ennesimo e annoso tentativo di attacco alla cultura tradizionali e ai suoi valori per far posto ad una incultura malata voluta dai membri del Nuovo Ordine Mondiale, da sempre nemico dei popoli. E per quanto riguarda i politici nostrani, personaggi come Salvini e la Meloni farebbero meglio a stare zitti dal momento che hanno dimostrato fin troppe volte il loro “amor di patria”. A Francamente rispondo come Rhett Butler a Rossella O’Hara in Via col Vento: delle tue follie “francamente me ne infischio”.
Buonasera Antonio,
sono Claudia Fiorucci.
Purtroppo o per fortuna a seconda dei casi non parlo a nome di una bandiera politica. Non ho mai seguito nessun tipo di ideologia e non oso definirmi né di destra né di sinistra. Parlo almeno credo spinta dal buonsenso di ciò che sia lecito dire e di ciò che non sia lecito o opportuno dire. Dal momento che sul pensiero nessuno ha controllo a meno che questo non si traduca in azione. E le azioni devono essere sempre commisurate al contesto in cui si esprimono. Esempio si possono pensare tante cose su temi ed argomenti sensibili o definiti i cosiddetti “temi caldi” legati alla: cultura, nostra visione personale e sociale e al nostro modo di considerarli. Esempio io posso pensare in merito alla religione che: “Dio non esista” pensiero come altri ma in un paese a forte matrice cattolica certamente ad esprimere un’affermazione tanto forte solo per partito preso e senza prove concrete al riguardo ci sarebbe una colossale ed imbarazzante figura di….Cosa ci sarebbe di male nell’essere atei? Magari nulla perché ognuno è libero di pensarla come vuole ma se ci si guarda intorno e si nota che in ogni città italiana vi sia almeno una chiesa importante ovvero quella principale contornata da altri ritrovi di culto a dimostrazione che un’istituzione religiosa quella Cattolica abbia portato avanti per secoli la convinzione che DIO INVECE ESISTE; non si potrebbe che rimanere spiazzati per non dire pietrificati da tanti secoli di storia piazzati davanti ai nostri occhi; che affermino il contrario. Per non parlare sia della Bibbia legata all’Antico Testamento che di quella Monofisita considerata apocrifa rispetto alla prima. Laddove ampie dimostrazioni dell’esistenza del Maestro e della sua vita si piazzano di fronte ai nostri occhi. Se io affermassi di credere nel movimento LGTBQIA+ dal momento che per chi non sapesse ancora gli acronimi la sigla sta per: lesbiche, gay, transessuali,(a questa terza categoria appartiene anche il personaggio pubblico Elenoire Ferrucci che nel corso di un programma a mio avviso, discutibile, come il Grande Fratello, che non veicola contenuti ad alto livello culturale; abbia fatto parlare di se per la sua transizione biologica) E continuando ancora l’esplorazione di questo acronimo non mancano i soggetti: bisessuali, quer ed agender. Così come fanno parte di questo gruppo anche soggetti non binari, ovvero quelli che non si riconoscono nei generi base della nostra biologia. Con l’entrata nel nostro vocabolario di questi termini chiunque sostiene questo tipo di ideologia (ED IO NON LA SOSTENGO AFFATTO PER IL SEMPLICE MOTIVO CHE PROPONGO UN’AFFERMAZIONE COME REDUCTIO AD ABSURDUM OVVERO DI UNA DIMOSTRAZIONE PER ASSURDO): in base alla tesi suddetta tutto ciò che è sempre esistito nell’atto procreativo dato dall’unione sessuale di due individui: uomo e donna; potrebbe essere ribaltato a piacimento dall’essere umano nel baipassare un fondamento base della nostra natura proponendo: cambi di sesso, esperienze che contemplino l’accoppiamento con lo stesso sesso come se si trattasse di andare dal parrucchiere a farsi un nuovo taglio di capelli. Quando la nostra natura biologica come qualcosa che ci è stata data non può essere storpiata a nostro piacimento senza conseguenze evidenti sia sulla nostra biologia che sulla nostra psiche. Se io che ammetto di non aver tanto studiato la storia non solo come materia base ma anche come insegnamento di vita andassi a voler parlare con una cultura “ipocrita ovvero formata sul sentito dire” di argomenti quali: la nostra storia italiana, americana, mondiale senza minime basi; se fossi in questo personaggio che si fa chiamare “Francamente” la quale va secondo me ad intaccare le basi storiche su cui si fonda la storia italiana; passerei tutto il tempo A DOVERMI VERGOGNARE COME UNA LADRA nel parlare di inclusività qualora i patriotti della prima guerra mondiale abbiano combattuto proprio per tutti gli italiani: maschi, femmine, bambini ed anziani. In più non per voler aggiungere un ulteriore puntiglio al ben descritto articolo vorrei solo precisare qualcosa in merito al personaggio di Rossella O’Hara; che credo lo stimato Antonio Azzerlini sappia. Tutti quanti noi almeno una volta hanno sentito nominare i due romanzi inerenti il periodo della guerra civile americana (1861) “Via col vento” di Margaret Mitchel e “Rossella” il seguito di Alexandra Ripley. Io appassionata sia dell’argomento guerra civile americana che della storia contenuta negli stessi romanzi li ho letti e commentati almeno due volte. Sicuramente il qui presente scrittore Antonio, autore anche del romanzo: “La solitudine del poeta”, quando ha ripreso la famosa frase sia del film che del romanzo dal quale lo stesso è tratto e che è stato prodotto da David O. Selznick: “FRANCAMENTE ME NE INFISCHIO” frase che sembrerebbe concludere un ciclo di una storia; credo che abbia avuto, (così come persone con una visione affine alla sua hanno), una certa sensibilità nel cogliere un certo parallelismo tra come ci si debba sentire noi figli di quest’epoca che si sta lentamente spostando verso un forsennato transumanesimo di massa, profondamente urtati da un comportamento degenerato come questa cantante Francamente ed il comportamento sconsiderato e sfrontato della protagonista dell’omonimo romanzo il quale offende profondamente il protagonista maschile Rhett Butler. Rossella innanzitutto nasce da una famiglia il cui padre è di origini irlandesi mentre la madre Robillard appartiene alla più alta aristocrazia francese e già da qui si forma un carattere ambivalente fatto di vezzi e corpetti tipici del ” bel mondo dell’aristocrazia” e di modi di fare schietti e rustici della classe contadina irlandese. I quali difficilmente riuscirà a conciliare con i modi raffinati richiesti ad una signora della buona società e per “buona” si intende alta-borghesia se non aristocrazia; che, si scoprirà di non appartenerle affatto. Perciò la protagonista viene educata ad essere una nobildonna ma conserverà quel sentimento di amore verso la terra che la porterà successivamente a sopravvivere durante la guerra civile americana. Quali sono gli errori che Rossella commette durante questo percorso di crescita che la porterà ad abbandonare un’adolescenza fatta di balli e corteggiamenti fino a diventare una donna scaltra, priva di scrupoli e tanto abile negli affari? E quali sono gli errori che commette questa famigerata cantante? E come può attuarsi questo parallelismo tra una figura tanto fittizia come Rossella ad una purtroppo reale come Francamente? Obiettivamente se la prima esagera nell’enfatizzare una condotta piuttosto libertina ed autoritaria sia nel modo di condurre gli affari che negli interessi amorosi la seconda esagera nel fare mostra di un’ignoranza storica annosa che caratterizza il nostro paese. Quali differenze si possono riscontrare tra le due? Se è vero che entrambe presentano una condotta esagerata la prima nelle azioni e la seconda nelle parole: comunque non si può non negare quella scintilla di intelligenza ed intraprendenza che è stata attribuita al personaggio dalla sua autrice che Francamente non possiede. Obiettivamente quando ci si trova di fronte alla descrizione di un personaggio come Rossella non trattabile a livello caratteriale che sa però prevedere a livello affaristico qualsiasi mossa (anche se le manca la comprensione umana della vita); la stessa cosa non si può dire di Francamente dal momento che oltre a non comprendere come funzionino i meccanismi della realtà è convinta di idee ed affermazioni non a supporto della stessa, che poi potrebbero rivoltarlesi contro in un nuovo ed insperato rovesciamento dei valori. Al contrario Rossella O’Hara era fermamente convinta di come sarebbero soffiati i venti dopo il grande periodo ventennale che sarebbe seguito la guerra. Era consapevole di come avrebbe dovuto agire al fine di voler salvare le sue proprietà e la sua famiglia e aveva ben chiari i propri scopi. Benché guidata da personaggi come Will Benteen che si installerà poi a Tara dapprima accolto come soldato sudista sconfitto e successivamente come marito della sorella Susele e dall’affarista per eccellenza e viaggiatore Rhett Butler; riuscirà laddove tante donne dell’epoca non riuscirono; ovvero a cavarsela nell’intricato mondo degli affari e a carpirne ogni piccolo segreto. Al contrario nelle parole di Francamente non risulta invece la stessa consapevolezza o almeno una conoscenza studiata dell’argomento in questione: LA STORIA. Perciò se per “infischiarsene” di Rossella Rhett ci mise 4 ore di pellicola e più di 1.100 pagine di romanzo (e ciò implica quanto Rossella abbia lasciato un segno sia nella trama di ben due romanzi nei quali la sua figura “scaltra, coraggiosa, opportunista e battagliera” si sia ben inserita ed adattata che, nei lettori); voglio ben vedere in quanto tempo verrà invece dimenticata Francamente, personaggio ben più reale rispetto a quello inventato dalla penna di una famosa scrittrice.
Ai posteri l’ardua sentenza ma anche a chi purtroppo è costretto a vivere a contatto di questi scempi sia umani che sociali.
Un buon proseguimento a tutti Claudia Fiorucci
appunto. parlare di codeste persone è pura perdita di tempo. finiranno da dove sono venuti ( anche televisivamente, dopo aver avuto il warholiano attimo di notorietà. ) Nel nulla.
Non commento le idiozie genderiste della cantante torinese, ma voglio soffermarmi su alcune parti dell’articolo che reputo “francamente” molto più interessanti.
“Il tricolore sarebbe anacronistico?”, chiede retoricamente l’autore. Rispondo: no, ma è una bandiera che ci hanno imposto i francesi. Con tutto il rispetto per “coloro che nel passato hanno dato la vita per la nostra bandiera”, faccio notare che il tricolore italiano nasce nell’Italia attraversata (e occupata) dalle vittoriose armate napoleoniche e ricalca pedissequamente quello francese del 1790. Pare che noi italiani, pur avendo diffuso l’arte in tutto il mondo, non siamo stati capaci di disegnare una bandiera che fosse soltanto nostra, una bandiera esclusiva come la Union Jake inglese o la Stars and Stripes americana o il Disco Solare giapponese. Perfino il Libano, con quel cedro piazzato al centro, ha una bandiera più originale della nostra. Così lo scrittore triestino Carolus Cergoly poteva facilmente ironizzare: “Uno sbandierare di verde bianco rosso. Sono bandiere ungheresi? Sono bandiere italiane o messicane?”. Non stupiamoci quindi se gli italiani tirano fuori il tricolore solo quando la nazionale di calcio vince, riponendolo frettolosamente in un cassetto quando perde.
Passando dai simboli ai processi storici, Azzerlini scrive: “E non faccio questioni ideologiche su quale parte politica avesse ragione o meno. Mi riferisco soltanto a tutti quei giovani che, infervorati dalla causa nazionalista, hanno combattuto nelle guerre d’indipendenza”. Ora, l’unità politica è certamente un bene se si pone a protezione del retaggio culturale, etnico e territoriale della nazione, ma non lo è affatto se si pone contro la tradizione e i valori spirituali e civili che la nazione veicola e di cui la nazione vive. E la Rivoluzione italiana (pudicamente ribattezzata “Risorgimento”) rientra proprio in questo secondo caso: è stata fondamentalmente l’opera di un pugno di uomini abili e decisi, forgiati da quella cultura illuminista e razionalista che, detestando la tradizione, detestava anche la vera essenza del popolo. Per questo i risorgimentali ebbero sempre uno scarsissimo seguito popolare e incontrarono spesso l’ostilità delle popolazioni contadine del Sud. Aver voluto fare l’Italia riproducendo il modello centralistico e autoritario di casa Savoia, frustrando ogni aspettativa di riforma sociale e di autonomia amministrativa; averla voluta fare in senso massonico, rifiutando la tradizione cattolica; aver preteso di fare appello a un generico sentimento patriottico senza calarlo nel suo vero contesto storico e culturale, ha avuto esiti funesti. La repressione del cosiddetto “brigantaggio” (in realtà, una sacrosanta insorgenza delle popolazioni meridionali contro un regime sfruttatore e dispotico) è stata la Vandea della nazione italiana e ha segnato il divorzio definitivo di gran parte degli italiani dalla propria classe dirigente, percepita come violenta, corrotta e incapace di porsi realmente alla guida della nazione, interpretandone i sentimenti più veri e profondi.
Prosegue l’articolo: “Mi riferisco ai nostri giovani che durante la prima guerra mondiale versarono il loro sangue per difendere la patria dal nemico austriaco e che nel dopoguerra solo il fascismo seppe riconoscere i loro meriti”. Eh, no, non ci siamo proprio. L’Austria voleva cedere le “terre irredente” all’Italia in cambio almeno della sua neutralità nel conflitto, ma i circoli massonici internazionali volevano la distruzione totale della cattolicissima Austria e misero in campo tutto il loro peso per portare il nostro Paese, allora alleato degli Imperi Centrali, al “ribaltone”. I nostri giovani versarono il loro sangue in quella che papa Benedetto XV giustamente definì “l’inutile strage”, loro forse credettero di morire per la patria, ma in realtà morirono per i banchieri usurai e per i “pescecani industriali” (così erano chiamati i fornitori privati di materiale bellico). E il fascismo riconobbe così bene i meriti di quei giovani… che mandò i loro figli a morire nella seconda guerra mondiale al fianco di Hitler!
E infine: “Mi riferisco ai giovani che durante la seconda guerra mondiale decisero di rimanere fedeli a Mussolini dopo l’armistizio dell’8 settembre e che si batterono per l’onore d’Italia contro gli invasori alleati e contro i partigiani dietro i quali vi erano forze ostili alla nazione”. Non si può negare che, agli occhi degli stranieri, gli italiani appaiono come degli eterni voltagabbana. Ma proprio l’episodio della Repubblica Sociale Italiana fa eccezione: si tratta, a prescindere dai giudizi ideologici, di un tasso di fedeltà a una causa persa che non ha uguali nel mondo occidentale. E arruolarsi allora in quella causa persa è stato forse fonte di gloria, perché c’è una dignità anche nella sconfitta. Ma continuare ad arruolarvisi oggi, continuare a definirsi “fascisti” negli anni ’20 del terzo millennio, non vuol dire avere cuore, vuol dire solo essere stupidi.
Complimenti per le conoscenze storiche. Ma il mio articolo ha solo l’intento di mettere in luce l’importanza della concezione nazionalista rispetto ad una persona, membro di una cultura assolutamente antinazionale. Anche io sono a conoscenza dei fatti da lei menzionati. Tuttavia, ripeto, il mio intento era di scrivere un pezzo fortemente nazionalistico. Non concordo sulle sue affermazioni sulla RSI, e le dico che se essere fascisti nel terzo millennio, ossia difensori della patria e del nazionalismo, significa essere stupidi, allora sono ben contento di esserlo e di non essere un “intelligentone” come lei. Non ha proprio capito nulla del mio articolo e non sa neppure nulla dell’attuale neofascismo.
La ringrazio per l’attenzione che ha dedicato al mio commento. Posso assicurarle che mi era chiarissimo l’intento del suo articolo, ma mi sono volutamente concentrato sui riferimenti storici che conteneva perché questo mi consentiva di dire come la penso, sia pure in modo estremamente conciso, su alcuni aspetti della nostra storia recente. Se la chiusura (invero provocatoria) del mio commento l’ha offesa, le chiedo scusa. Non era mia intenzione offendere qualcuno, ma provocare un dibattito tra i lettori e i redattori di Fahrenheit 2022 su questi temi (la storia patria, le idee che l’hanno attraversata e quelle che possono costruire il futuro della nostra nazione). Spero di leggere presto altri suoi articoli, come questo che, a dispetto dell’apparenza, ho compreso e apprezzato, anche se su alcune cose non siamo d’accordo. Se, per esempio, vorrà scrivere un articolo per rendermi edotto sull’attuale neofascismo (che un po’ conosco…) gliene sarò sinceramente grato.
La saluto con stima.
Comprendo. Tuttavia, il suo commento è risultato offensivo poiché ha definito “stupido” chi si definisce fascista nel terzo millennio e si richiama ai valori della RSI. Per quanto riguarda le competenze storiche, sono informato su quanto da lei esposto. Conosco bene la storia, quella vera. Per esempio, immagino sia al corrente del fatto che il Risorgimento fu voluto dai Rothschild e dagli Hannover d’Inghilterra, i quali si misero d’accordo con Cavour e i Savoia per portare avanti la questione dell’unità d’italia, non certo voluta per creare una nazione forte, ma debole. Sul fatto che i cosiddetti risorgimentali non avessero seguito siamo d’accordo. Sull’inutile strage di papa Benedetto XV meglio stendere un velo pietoso poiché la Santa Sede aveva interesse piuttosto ad abbattere il potere degli Asburgo, così come quello degli Hohenzollern e Romanov, in quanto ostili al NWO. La nostra classe dirigente era ed è al suo servizio, tranne che durante il ventennio fascista. Per quanto riguarda i morti durante la seconda guerra mondiale al fianco di Hitler, l’alleanza con la Germania nazista fu voluta dopo il convegno di Monaco, dopo il quale Mussolini tornò completamente cambiato e desideroso di scimmiottare il nazismo. Mentre prima non era così. Ne sono esempi l’intervento del Duce per impedire l’annessione dell’Austria da parte di Hitler nel 1934 dopo l’assassinio di Dolfous, amico di Mussolini; oppure l’affidamento da parte di Mussolini al prof. Graziosi, antropologo dell’università di Firenze, del compito di confutare sul piano puramente scientifico le teorie naziste (certe teorie d’oltralpe, le defini’ Mussolini in un suo discorso); oppure i diari di Edda Ciano, in cui lei scrisse che suo padre considerava Hitler un pazzo pericoloso.
Sul fatto che l’Austria volesse cedere le terre irredenti, ok, ma resta il fatto però che in tali terre vi era piuttosto un forte sentimento filo-austriaco e che l’irredentismo era un prodotto del Risorgimento ed era pilotato dal NWO, che ha voluto le due guerre mondiali oltre che la caduta del fascismo e tante altre cose negative. Sì, perché il fascismo era ostile alla Massoneria, creatrice del liberalismo e del comunismo.
Come può vedere non si sta rivolgendo ad uno sprovveduto e cercherò appena possibile di scrivere altri articoli. il primo risale al 25-26 dicembre dell’anno scorso e da allora ne ho pubblicati 5.
Infine, il mio intento, ribadisco, era di scrivere un articolo incentrato sulla difesa del nazionalismo e dei suoi valori, ricordando chi ha dato la vita per esso credendoci davvero, al di là delle verità che stanno dietro ai fatti storici e che sarebbe stato troppo lungo elencare.
Le auguro una buona giornata.
Lei non è né stupido né sprovveduto, ma evidentemente ritiene che lo sia io, visto che sente la necessità di ribadire per la terza volta l’intento del suo articolo, che (è libero di non credermi) mi era chiaro anche prima che lei lo esplicitasse.
Quanto alla frase finale del mio primo commento, che a quanto pare ancor la offende, posso riformularla così: “… continuare a definirsi ‘fascisti’ negli anni ’20 del terzo millennio, non vuol dire avere cuore, vuol dire solo essere dei ritardati storici (non mentali) gravemente carenti di intelligenza politica (non di intelligenza tout court)”. Questo, le piaccia o no, è il mio pensiero, ed è riferito soprattutto ai militanti di Forza Nuova, partito di cui condivido molte battaglie (altrimenti non starei a scrivere su questo blog), ma che continua ad essere irrilevante nel panorama politico italiano, non solo perché ostracizzato dal sistema, ma perché ideologicamente legato a un’esperienza storica morta, sepolta e non più proponibile.
A questo punto, visto che è stato evocato, le dirò (sia pur in modo estremamente succinto) cosa penso del fascismo.
A favore del fascismo è da segnalare senz’altro la sua aspirazione (mai realizzata) al superamento del capitalismo liberale e del socialismo marxista in una prospettiva spirituale e comunitaria, ma soprattutto la sua opposizione alla corruzione intellettuale e morale con cui l’Ottocento liberale aveva infettato l’Italia, cioè all’ottusità materialistica, all’intolleranza anticattolica, al giovedì grasso permanente di massoni, demagoghi e banchieri senza patria. Questa reazione, riconducibile alla componente cattolica e tradizionale, trovò un felice coronamento nei Patti Lateranensi del ’29, con la restituzione, sia pur parziale, dei diritti della Chiesa… Peccato che il governo fascista se ne pentì quasi subito, sciolse l’Azione Cattolica e perseguitò i suoi iscritti (si veda a questo proposito l’enciclica di Pio XI “Non abbiamo bisogno” del ’31).
A sfavore del fascismo sono da segnalare: la natura dittatoriale e liberticida del regime; l’idolatria dello Stato, tipicamente hegeliana, che negava ogni anteriore e superiore diritto dei singoli, nonché delle famiglie e dei corpi sociali intermedi; l’imperialismo, con cui l’Italia ambiva a sostituirsi, puramente e semplicemente, alla Gran Bretagna nell’oppressione coloniale di altri popoli; e infine la mitologia rivoluzionaria di matrice risorgimentale, per il cui tramite procedette spedita quell’opera di inquinamento intellettuale e morale della nostra nazione che, in un primo momento, sembrava essersi arrestata.
E ora vengo a una sua osservazione che francamente mi lascia perplesso: che vuol dire che Mussolini tornò completamente cambiato dalla Conferenza di Monaco del ’38? Cos’è, un’attenuante per l’infamia delle leggi razziali? O vogliamo invocare una sua temporanea incapacità di intendere e volere per l’alleanza con Hitler, cioè con uno che riteneva un pazzo pericoloso? O magari vogliamo scusarlo, questo grande statista!, per aver buttato più di 400.000 italiani nella fornace della seconda guerra mondiale e aver lasciato un paese distrutto?
Lei forse vuole intendere che il razzismo non è un elemento costitutivo del fascismo italiano come invece lo è del nazionalsocialismo tedesco. Vero. Questo però non vuol dire che il fascismo è buono, ma solo che fa un po’ meno schifo.
Ma, in fondo, aveva ragione Luigi Pirandello (proprio lui che fu tra i primi intellettuali a chiedere la tessera del Pnf) quando, a proposito del fascismo, disse: “… questo regime è un tubo vuoto, che ognuno può riempire di ciò che più gli aggrada. I vecchi conservatori ci vedono il ripristino dello Stato, i nazionalisti il culto della patria, i liberali l’ordine, i socialisti la corporazione, gli intellettuali la feluca e lo spadino dell’accademico, o alla peggio il sussidio del Minculpop”. Per cui, non devo dolermi troppo nel vedere dei bravi giovani che cercano di riempire quel tubo vuoto con energie e ideali che meriterebbero ben altra veste.