di Antonio Azzerlini (foto Instagram)

Che il mondo italiano dello spettacolo sia un coacervo di personaggi venduti al sistema anticulturale che da troppo tempo ci opprime è cosa nota. Che molti di siffatti personaggi si siano resi ridicoli mediante affermazioni assurde e condite di ideologia sinistroide è cosa altrettanto risaputa. Ma adesso possiamo affermare con certezza che si è ampiamente oltrepassato il senso del ridicolo. Mi riferisco alla polemica che da alcuni giorni sta infuriando sui social sulle affermazioni (da TSO) della cantautrice torinese Francamente, al secolo Francesca Siano. In occasione della finale di volley femminile che si è tenuta a Milano il 9 febbraio scorso all’esimia artista è stato proposto di cantare l’inno nazionale prima dell’inizio del match. A questo punto, ha sganciato la bomba. La stella di X Factor ha asserito che si tratta di un inno non inclusivo e di aver pensato di cantarlo cambiandone le parole del testo. Essendogli stato fatto notare che un simile gesto è reato per vilipendio alla bandiera, ha deciso non di rifiutare di cantarlo, ma di farlo ugualmente da donna queer e vestendo con determinati colori, cogliendo quella che ha definito “una opportunità di prendersi uno spazio per lanciare un messaggio”. La cantante, noto membro della comunità LGBTQ+, ha dichiarato che in Italia esistono persone queer, transessuali, non binarie, neri, che hanno pari dovere e diritti di tutti gli altri italiani e che sono stanche del clima di omofobia e di razzismo dell’italia odierna. Ha rincarato la dose dicendo che il tricolore in cui si riconosce l’Italia è anacronistico, retaggio di un’epoca in cui fu scritto l’inno di Mameli per unificare tutti gli stati italiani sotto un’unica bandiera, che adesso andrebbe sostituita con un’altra di pace e di inclusività. Dal mondo della politica si è sentita la voce di Salvini, che ha definito ridicolo tutto ciò (e lui di ridicolo se ne intende). La Meloni ha risposto, senza citare la cantante, che “Fratelli d’Italia è un richiamo all’identità e alla fratellanza di una Nazione che guarda avanti con fierezza. Viva l’Italia, viva il nostro Inno. Sempre.

Facciamo il punto della situazione. Prima di tutto l’inno nazionale non si intitola “Fratelli d’Italia”, ma “Canto degli italiani”. Scritto nel 1847 dal poeta Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro, già dal titolo si evince che si rivolge a tutti gli italiani, senza fare alcun riferimento di genere, ma solo cercando di infuocare il patriottismo nostrano contro gli invasori stranieri. È semplicemente un canto imbevuto di spirito nazionalista e di amor di patria, due concezioni che dovrebbero essere comuni in chiunque ami il proprio paese; ma non è il caso di Francamente e di quelli come lei, che in una nazione seria sarebbero qualificati come traditori, con tutte le conseguenze del caso.

Non sarebbe un inno inclusivo secondo la cantautrice? Dipende da cosa si intende per inclusività. Se ci si vuole riferire a tutti gli esseri umani, no, non lo è. Ma, dal momento che è un canto degli italiani, composto appositamente per un determinato popolo, lo è eccome, perché si riferisce a tutti gli italiani: maschi e femmine, etero e gay, nessuno escluso. Non si tratta di un inno al patriarcato o all’omofobia, follie che all’epoca della sua stesura non erano neppure concepibili. Applicarle a quei tempi storici è illogico e anacronistico.

Le categorie citate da Francamente non sarebbero persone di serie B e hanno pari diritti e pari doveri? Non mi risulta che manchino di diritti sociali o politici, che non possano esprimere il loro voto nelle urne, che non possano muoversi liberamente attraverso il paese. Diciamo piuttosto che secondo la cosiddetta artista queste categorie dovrebbero avere il potere assoluto e schiacciare chi dissente. Lo scopo delle persone come lei e di coloro che le strumentalizzano è di sostituire la normalità con la anormalità, lo Woke con la cultura tradizionale.

Il tricolore sarebbe anacronistico? Mai sentito nulla di più stupido e offensivo nei confronti di coloro che nel passato hanno dato la vita per la nostra bandiera. E non faccio questioni ideologiche su quale parte politica avesse ragione o meno. Mi riferisco soltanto a tutti quei giovani che, infervorati dalla causa nazionalista, hanno combattuto nelle guerre d’indipendenza. Vedi il caso lampante delle battaglie di Curtatone e Montanara, in cui gli studenti dell’università di Pisa combatterono con coraggio e disciplina per fermare gli austriaci. Mi riferisco ai nostri giovani che durante la prima guerra mondiale versarono il loro sangue per difendere la patria dal nemico austriaco e che nel dopoguerra solo il fascismo seppe riconoscere i loro meriti. I campi di battaglia del Trentino, di Gorizia, del fiume Isonzo e i cimiteri di guerra sono le testimonianze dirette del loro eroismo. Mi riferisco ai giovani che durante la seconda guerra mondiale decisero di rimanere fedeli a Mussolini dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e che si batterono per l’onore d’Italia contro gli invasori alleati e contro i partigiani dietro i quali vi erano forze ostili alla nazione. Francamente con le sue dichiarazioni ha offeso tutti quanti hanno dimostrato l’amore per il proprio paese morendo per esso.

La verità è che dietro le parole della cantautrice vi è l’ennesimo e annoso tentativo di attacco alla cultura tradizionali e ai suoi valori per far posto ad una incultura malata voluta dai membri del Nuovo Ordine Mondiale, da sempre nemico dei popoli. E per quanto riguarda i politici nostrani, personaggi come Salvini e la Meloni farebbero meglio a stare zitti dal momento che hanno dimostrato fin troppe volte il loro “amor di patria”. A Francamente rispondo come Rhett Butler a Rossella O’Hara in Via col Vento: delle tue follie “francamente me ne infischio”.

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